Capaccio: mafia, Comune verso lo scioglimento - Le Cronache Ultimora
Capaccio Paestum Ultimora

Capaccio: mafia, Comune verso lo scioglimento

Capaccio: mafia, Comune verso lo scioglimento

di Peppe Rinaldi

Pare che sia questione di poco tempo, qualche settimana ancora e il Comune di Capaccio-Paestum sarà sciolto per infiltrazione mafiosa.

È una certezza? No, non può esserlo, almeno non ancora, fintantoché la Commissione d’accesso inviata dal Viminale non rassegnerà le proprie conclusioni ufficialmente. Il «dato» è filtrato d’improvviso nella giornata di ieri. La legge che regola questa complicata materia nasce dall’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali (il mitico TUEL), introdotto dal Decreto Legislativo 267/2000, modificato successivamente dalla legge 94/2009.

La commissione che ci riguarda è composta dalla dottoressa Savina Macchiarella, viceprefetto, dal maggiore dei carabinieri Vincenzo Izzo e dalla dottoressa Franca Maietta, funzionario del Ministero dell’Interno, attualmente collocata a riposo.

L’accesso è della durata di tre mesi, prorogabili una sola volta per ulteriori tre mesi. Insediatasi in estate, a occhio e croce i commissari potrebbero consegnare la relazione finale a ridosso delle elezioni regionali, che si terranno il 23 novembre: il che fa già presagire un coro di indignata accusa alla giustizia «a orologeria».

Legittimo, comprensibile, sebbene il problema non si esaurisca con una definizione. Perché Paestum si ritrovi in tale situazione è noto, tutto va ricondotto alle inchieste giudiziarie piovute tra il capo e il collo di Franco Alfieri, ex sindaco, eccetera.

È stato arrestato per mafia? No, anzi sì, per meglio dire: è stato arrestato, dopo una prima ordinanza cautelare per corruzione ed altro, anche per concorso esterno in associazione camorristica (per la qual cosa, a differenza che per la prima inchiesta, è tuttora sottoposto agli arresti domiciliari) in relazione alla scombiccherata, per quanto insidiosa, faccenda dei rapporti con Roberto Squecco, imprenditore giudicato, con sentenza definitiva, organico allo storico clan camorristico della famiglia Marrandino.

La macchina dello Stato, in casi simili, da molto «amica» si trasforma con un battito di ciglia nel cingolato schiacciasassi che conosciamo. Si aprono le cateratte e l’acqua si rovescia violentemente.

Un pezzo di questa storia l’abbiamo raccontato, in qualche misura prefigurando lo scenario attuale, nel corso degli anni. Arriva la Commissione d’accesso, quindi, e si passano ai Raggi X tutte «le carte» del Comune, volendo riassumere grossolanamente il concetto.

Si tratta di capire in che modo – e se – la macchina comunale sia stata asservita, magari in modo sistematico, ai desiderata di soggetti, imprese e attori vari di matrice mafiosa: in linea di principio, non basta che un sindaco venga arrestato per reati legati al mondo della criminalità organizzata, è necessario invece che si dimostri che l’apparato della struttura municipale, quindi anche il personale gerarchicamente individuato, sia stato infiltrato. Un appalto, un affidamento, un’assunzione, insomma tutto ciò che concerne la vita amministrativa di un ente pubblico locale.

Può essere successo a Capaccio Paestum? Sicuramente, come può essere successo ovunque: ecco perché hanno inventato questo meccanismo, certo complicato, sicuramente infernale e da ripensare in diversi snodi squilibrati, ma l’unico che c’è.

Non sono pochi gli abusi interpretativi, le lungaggini burocratiche, le indolenze togate o le vere e proprie cantonate, mai risarcite dopo anni di strazi processuali, registrati sul territorio nazionale: ma ce ne sono altrettanti altri di casi fondati e accertati, a volte arrivati perfino troppo tardi. Si tratta di capire dove si collocherà Capaccio tra queste due macroaree. A quanto è dato di sapere, sembra che la partita sia chiusa, la decisione sarebbe stata adottata, è solo questione di procedure e valutazioni ulteriori.

Scendendo per un attimo di livello, il gossip locale registra la contrarietà, a che il Comune venga sciolto per infiltrazione mafiosa, da parte di rappresentanti politici «insospettabili», cioè di fazione avversa all’attuale e al pregresso gruppo di comando, circostanza che sta creando non pochi dissapori sul piano degli equilibri che, necessariamente, una città importante come Capaccio Paestum dovrà trovare una volta passata la buriana. Le feste, tutte, prima o poi finiscono e gli amici se ne vanno, una vecchia storia.

A corollario di tutto ciò, va evidenziata un’altra cosa emersa nell’ambito dell’opera di scavo effettuata da questo giornale: sembrerebbe che sul piano politico-istituzionale stia andando consolidandosi la volontà di formalizzare una richiesta di estensione dell’attività della Commissione d’accesso (di un’altra) al Comune di Agropoli e all’Unione dei Comuni Alto-Cilento. E che la cosa sia stata già valutata e presa in seria considerazione. Vedremo.

Parliamo di altre due realtà che del «caso Alfieri», complessivamente inteso, sono addirittura elementi costitutivi, due realtà che i nostri cinque lettori conoscono bene. Agropoli per anni è stata oggetto di tentativo di espugnazione giudiziaria per vicende legate a politica e camorra o roba simile (ad esempio, il caso dei funerali di un membro del clan degli zingari cui parteciparono Alfieri e il suo ex delfino, peraltro sindaco successore per investitura diretta, e alcuni pregressi rapporti opachi, la storia delle case popolari e dei i posti di lavoro nelle società pubbliche; l’assedio al territorio della costellazione dei Fabbrocino; etc.), poi evaporata tra archiviazioni e sfinimenti, nel bene e nel male.

Una certa promiscuità politico-istituzionale, probabilmente, non ha reso facile mettere un punto: ma anche questo clima passato di corteggiamenti e lusinghe, di favori e riscatti, di commensalità e adulazioni incrociate, il vero cuore di tutta la storia, è da qualche tempo oggetto di approfondimento: ma qui si entra in un mondo che è come la Russia secondo Churchill, cioè un “rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”. L’Unione dei Comuni?

Chi fosse interessato può cercare nel sito web di questo giornale, vi troverà ampio materiale di consultazione.

Si dica, qui, solo che è si tratta di un ginepraio che, almeno in linea teorica, potrebbe presentare analoghe patologie di quelle di un Comune a sè stante. Ci sono tali e tanti incroci e impasti di burocrazia, imprenditoria, politica, posti di lavoro, appalti, spostamenti di soldi, confusioni e sovrapposizioni di ruoli e funzioni, insomma una Babele che scoraggerebbe qualunque osservatore.

Partita finita? No, perché anche un provvedimento di scioglimento per infiltrazione mafiosa può essere impugnato seguendo un iter opportunamente disciplinato.

I diritti sono sempre diritti e hanno un loro iter confermativo e rigenerativo nella realtà, non sempre funziona così ma questa è la regola. Ed è ciò che conta. Sul piano politico, poi, è tutta un’altra storia. Una brutta storia.