Che aziende sono quelle che operano nel settore della cannabis light in Italia? La domanda può sorgere spontanea quando si sente parlare dei grossi profitti nel campo e dei, quasi conseguenti, tentativi di regolarlo con misure stringenti come quelle del Decreto Sicurezza 2025.
Che aziende sono quelle che si occupano di cannabis light in Italia
Uno degli studi più completi in materia, quello realizzato da Il Mio Business Plan, stima che attualmente ci sono circa 3300 aziende italiane che operano nel mercato della cannabis light.
Di queste la maggior parte, millecinque, sono aziende che trasformano la marijuana legale in prodotti finiti come infiorescenze, olio CBD, cristalli di cannabidiolo, tisane e farine alla canapa, eccetera.
Almeno un altro migliaio di aziende si occupano di vendita dei prodotti derivati dalla canapa a basso tenore di THC (in Italia la soglia massima per poter considerare legale la cannabis e i suoi derivati è fissata allo 0.2%).
Una percentuale minore di aziende si occupa, invece, direttamente di produzione. Le aziende agricole che coltivano marijuana light si trovano principalmente nelle regioni del Centro e del Sud Italia (spiccano soprattutto Abruzzo, Calabria e Campania), dove le condizioni climatiche e ambientali sono particolarmente favorevoli alla coltivazione di varietà come la Sativa L. e in qualche caso si è recuperata un’antica tradizione di coltivazione della canapa. Questo tipo di coltura richiede il rispetto di requisiti rigidi e fissati a livello europeo – le uniche sementi coltivabili, per esempio, sono quelle iscritte in un apposito registro comunitario – che si fanno ancora più stringenti se si intende coltivare, com’è di tendenza al momento, cannabis light biologica.
Cannabis light: un giro d’affari da almeno due miliardi di euro
Nel complesso le aziende italiane di cannabis light generano valore per almeno due miliardi di euro annui: queste sono le stime riferite al 2023, ultimo anno per cui ci sono dati completi disponibili e in cui le performance complessive del settore sono state migliori delle previsioni.
A ogni fase della filiera, naturalmente, diversi sono i margini di profitto: che è come dire che i profitti di un’azienda agricola che coltiva canapa in Italia possono essere – anche molto – diversi da quelli di un e-commerce di marijuana light e prodotti CBD. Non è difficile intuire che le marginalità siano maggiori oggi proprio per chi vende cannabis light online.
Più canali di distribuzione, per un mercato in cui anche la domanda è differenziata
Va detto comunque, e lo studio in questione ne rende conto, che i canali di distribuzione della cannabis light in Italia sono oggi diversi e tutti altrettanto apprezzati dalle varie fette di pubblico. Chi fa uso occasionale di prodotti derivati dalla canapa tende ad acquistarli in punti vendita più generalisti come tabacchi, farmacie e negozi naturali. Chi consuma abitualmente CBD sembra preferire invece soprattutto canali specializzati come, appunto, quelli dei CBD shop online o dei negozi fisici specializzati. Non si può non citare almeno anche la vendita diretta da parte delle aziende che coltivano o trasformano la cannabis light o quella all’ingrosso dai distributori, ideali per risparmiare sui costi della cannabis light (in media dai 9 ai 12 euro al grammo per un prodotto dalla qualità standard). Come in altri settori, cioè, sono state tendenze e andamento della domanda a dare forma al mercato della cannabis light italiano.





