La Campania e’ la regione italiana con la piu’ alta percentuale di trattamenti dell’infezione da HCV (epatite C, ndr)per numero di abitanti: 0,35% (dati elaborati grazie al supporto e alla collaborazione del dottor Ugo Trama, responsabile in Regione Campania della UOD ‘Politica del farmaco e dispositivi’, e del dottor Crescenzo Ilardi, referente statistico in sanita’ della Direzione generale Regione Campania) seconda la Puglia (allo 0,32%) terza la Lombardia (con lo 0,29%). Piu’ trattamenti si traduce in meno casi di cirrosi epatica, meno epatocarcinoma e in ultima analisi un numero significativo di decessi evitabili. Alla base del primato l’organizzazione nata dalla collaborazione tra clinici ed istituzioni. È questo uno degli argomenti che verra’ trattato durante la settima edizione di ‘L’epatologia nel terzo millennio’, corso di aggiornamento organizzato dall’Ospedale Evangelico Betania con responsabile del corso il dottor Ernesto Claar, in programma oggi e domani al centro congressi della Universita’ Federico II di Napoli (via Partenope) chvedra’ confrontarsi alcuni massimi esperti in materia tra cui il presidente nazionale EpatiteC Ivan Gardini e l’anatomopatologo Luigi Terracciano che verra’ da Basilea (Svizzera). A introdurre tra gli altri Mario Forlenza direttore Asl Napoli1. Dal dicembre 2014 sono disponibili in Italia gli antivirali diretti di seconda generazione per la cura dell’infezione da HCV con cui sono stati trattati finora circa 155.000 pazienti; i risultati sono estremamente soddisfacenti. “Il problema, in ambito epatite C, con farmaci tanto efficaci e’ oggi, quello di raggiungere le persone non consapevoli dell’infezione per avviarle alla cura” dice Ernesto Claar, coordinatore nazionale della commissione Epatologia Aigo (associazione italiana gastroenterologi ospedalieri) e responsabile del corso. ( Restando alla Campania, il numero di soggetti affetti da HCV avviati alle cure fino allo scorso 11 ottobre e’ 20.194, con la percentuale di successo fissata al 98.2%. “Il dato e’ ancor piu’ entusiasmante – prosegue Claar – se consideriamo che si riferisce ai pazienti con malattia di fegato avanzata e ad anziani (70-79 anni) che, fino a ieri, hanno avuto la priorita’. I soggetti con eta’ inferiore a 40 anni trattati in Campania sono meno di mille ed e’ su questi che deve concentrarsi l’impegno dei prossimi mesi al fine di intercettare il sommerso e prevenire la diffusione dell’infezione. Continuare a garantire un adeguato accesso alle cure si traduce in una riduzione della migrazione sanitaria verso altre regioni. Anche per l’epatite B siamo in grado di controllare l’infezione e la progressione della malattia in percentuali vicine al 100%, ma rimane il problema dell’immigrazione da paesi in cui conclude il medico – il vaccino per i nuovi nati non e’ obbligatorio, come invece e’ per l’Italia dal 1991”.
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