di Erika Noschese
Si è conclusa l’esperienza di Giuseppe Borrelli alla guida della Procura della Repubblica di Salerno. Il Procuratore Capo, ormai prossimo a intraprendere la sua nuova avventura professionale a Reggio Calabria, ha voluto incontrare i giornalisti per tracciare un bilancio dei suoi cinque anni di attività, sottolineando i principi che hanno guidato il suo operato e le sfide ancora aperte per il sistema giudiziario italiano. Un addio carico di riflessioni sull’importanza della trasparenza, della tutela dei diritti e dell’efficienza processuale. Borrelli ha esordito ponendo l’accento sulla solidità del rapporto sviluppato con la stampa salernitana, un legame improntato alla tranquillità e al reciproco rispetto. “I nostri rapporti si siano sviluppati in maniera assolutamente tranquilla, perché poi io in realtà anche nelle mie precedenti esperienze semi direttive, a Napoli chiaramente avevo un rapporto con i vostri colleghi che era un rapporto di amicizia, insomma, perché poi chiaramente siamo cresciuti insieme a tutti quanti”, ha spiegato, ricordando come già a Catanzaro gli fosse stato riconosciuto il merito di aver mantenuto un atteggiamento che escludeva favoritismi e canali preferenziali di comunicazione. Una prassi, quest’ultima, che Borrelli ha sempre cercato di osservare con rigore, consapevole della delicatezza del ruolo della magistratura in un momento storico che la vede affrontare non poche difficoltà. Il Procuratore ha voluto focalizzare l’attenzione sulla tutela dei diritti delle persone, un principio cardine della sua visione della giustizia. “Io credo che la magistratura, in questo momento, vive una fase di difficoltà e deve chiaramente fare attenzione. Allora bisogna fare attenzione a quelli che sono i diritti delle persone”, ha affermato con fermezza. Ha poi aggiunto, riferendosi al suo attuale programma organizzativo: “l’essere sottoposto a procedimento penale è una cosa di per sé traumatica, soprattutto è traumatica se uno è innocente e non ha fatto niente”. Un concetto fondamentale, spesso sottovalutato, che rimarca come il procedimento penale sia uno strumento per accertare un’eventuale responsabilità, e non un punto di partenza da una colpevolezza già definita. “Si parte da un’ipotesi”, ha ribadito Borrelli, sottolineando l’importanza che “la dignità e il buon nome delle persone venga tutelato anche durante la fase delle indagini”. Questo impegno si è tradotto in una costante attenzione della Procura a “evitare che ci fossero fughe di notizie, illazioni, supposizioni, nomi che uscivano”, concentrando invece la comunicazione su “fatti documentati, circostanze oggettive”. Un ruolo cruciale in questo è stato svolto dalla stessa stampa, che, secondo Borrelli, ha saputo evitare di “rimestare nel torbido”. La garanzia della distribuzione dei provvedimenti giudiziari è stata un altro punto fermo, poiché “attraverso il provvedimento giudiziario il cronista legge, apprende e può farsi un giudizio autonomo, che non può essere il giudizio della Procura della Repubblica o mediato dalla Procura della Repubblica”. Nel tracciare un bilancio dell’operato dell’ufficio, Borrelli ha evidenziato di aver trovato una Procura “ben organizzata”, seppur con “difficoltà logistiche”, dovute alla distribuzione in tre edifici diversi. Ha riconosciuto il merito delle precedenti gestioni nell’aver proceduto a una “importante gestione dell’arretrato” e nell’aver eliminato “una serie di pendenze inutili”. Il suo contributo, ha spiegato, è stato quello di apportare “un qualcosa di nuovo e un qualcosa di più rispetto a quello che c’era prima, non necessariamente di meglio, ma di diverso”. Con una citazione di Churchill (“non sempre il cambiamento comporta un miglioramento, però non c’è miglioramento senza cambiamento”), ha sottolineato l’ineluttabilità del cambiamento e l’importanza di accogliere nuove sensibilità per un ulteriore miglioramento dell’ufficio, a condizione che vengano mantenute le “cose utili, buone che sono state fatte in questi anni”. I cinque anni di gestione sono stati caratterizzati da una profonda ricerca di efficienza nell’attività giudiziaria. “Credo che abbiamo fatto abbastanza bene”, ha affermato Borrelli, riconoscendo che i frutti di molte attività investigative, per loro natura lunghe e lente, saranno raccolti in futuro, così come lui stesso ha raccolto quelli di chi lo ha preceduto. Un punto cruciale della sua riflessione ha riguardato la necessità per la magistratura di recuperare la propria “legittimazione nella pubblica opinione”. Questa perdita, a suo avviso, è stata determinata dal fatto che “per molti anni, in particolare le Procure della Repubblica hanno guardato molto all’attività investigativa anche dal punto di vista della ricostruzione”, ponendo poca attenzione all’esito giudiziario. “Della ricostruzione dei fatti, forse si interesseranno gli storici, ma poi alla fine interessa poco, diciamo, quello che è importante è quello che viene percepito e quello che è l’esito giudiziario dei procedimenti”, ha argomentato. La sfida principale è la riduzione dei tempi processuali, dato che “l’esito giudiziario dei procedimenti, in questo Paese, è un esito che arriva a distanza troppo lunga da quando i fatti sono stati accertati”. Per affrontare questa problematica, la Procura di Salerno si è “autoresponsabilizzata”, cercando di “offrire al tribunale la possibilità di ridurre la dimensione del proprio lavoro”. Il risultato più significativo in questo senso, al di là delle ordinanze cautelari, è stato la drastica riduzione del numero dei dibattimenti pendenti, passati “da circa 20.000 a circa 8.000”. Questo, ha spiegato Borrelli, “significa ridurre di due terzi la durata dei procedimenti”, con un “effetto moralizzatore nei confronti del sistema”, capace di “offrire la concreta possibilità a ciascuno di pervenire rapidamente a svolgere il proprio compito” ed evitare alibi. Per quanto riguarda le indagini in corso, Borrelli ha ammesso di lasciarne “molte”, con la consapevolezza che alcune “credo che vedrà anche la luce nei prossimi giorni o nelle prossime settimane”. Ha sottolineato il buon lavoro svolto nella “ricostruzione di quelli che sono gli assetti criminali, soprattutto dell’agro sarnese”, con “novità rispetto a quelle che erano le consapevolezze e le conoscenze iniziali”. Ha ribadito l’importanza di “migliorare la qualità dell’investigazione allo scopo di autolimitarsi soprattutto nell’esercizio dell’azione penale, cioè di essere in grado di anticipare quelle che erano le previsioni sulla possibilità di condanna dell’imputato”, sia nel rispetto dell’imputato che per l’efficienza del dibattimento. Un esempio emblematico della complessità di questi temi è emerso con il riferimento al caso Vassallo, su cui Borrelli ha insistito particolarmente sulla necessità di rispettare la presunzione di non colpevolezza degli imputati. Ha descritto il caso come “un processo indiziario che è stato definito a distanza anche di 15 anni da quando si verificarono i fatti”. Il Procuratore ha chiarito che, sebbene la Procura abbia offerto la propria ipotesi di risoluzione, e la decisione del tribunale del riesame sia stata conforme alle richieste di scarcerazione, è fondamentale che il giudice del dibattimento possa affrontare la ricostruzione di un caso così complesso “nel modo più sereno possibile”, sempre “nel rispetto di tutti e anche dei diritti degli imputati”, specialmente considerando la natura indiziaria e il tempo trascorso dai fatti. L’addio a Salerno è carico di emozione per Borrelli, che ha goduto di una situazione personale ideale in “un posto spettacolare, che mi ferisce il cuore, diciamo, pensare di lasciare”. La sua prossima destinazione, la Procura di Reggio Calabria, rappresenta una scelta consapevole. Esclusa la possibilità di un ritorno a Napoli, dove aveva svolto l’intera carriera, Reggio Calabria significa “tornare in un luogo dove comunque avevo svolto una parte significativa della mia carriera e poi, significava anche tornare in uffici di frontiera”. Un richiamo alla “prima linea” che lo affascina, sebbene riconosca che per alcuni possa essere “incomprensibile”. La Calabria, nonostante la diversità tra Catanzaro e Reggio Calabria, è una terra che ha amato e dove ha vissuto “una delle esperienze più belle dal punto di vista professionale”. La scelta tra Reggio Calabria e Bologna, data la distanza da casa, è stata facile, a dimostrazione del suo forte legame con il sud e con le realtà “di frontiera”. Intanto, il nuovo procuratore della Repubblica di Salerno dovrebbe arrivare entro fine anno o, al massimo, entro il mese di marzo e due sono i nomi in rosa: Raffaele Cantone, Procuratore della Repubblica a Perugia e Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino. La Procura sarà guidata dal facente funzioni Rocco Alfano.





