Si rinnova la sinergia tra Istituzione Sinfonica Abruzzese, Fondazione Bartolucci, Sacrum Festival giunto alla sua IX edizione, per l’apertura della Cinquantesima Stagione Concertistica, dell’ISA, e le celebrazioni pucciniane, con tre appuntamenti dal 25 al 27 ottobre, passando per Avezzano, L’Aquila e chiudendo a Roma. Orchestra e coro diretti dal Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, con solisti per le due partiture, Maria Tomassi, Vincenzo Costanzo e Armando Likaj
Di Dick Dastardly
È fissata per domani, alle ore 18.00 presso la Chiesa di San Silvestro all’Aquila l’inaugurazione della Cinquantesima Stagione dei Concerti dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese: una produzione che rientra nelle celebrazioni dell’ anno pucciniano nel centenario della scomparsa di uno dei più grandi geni operistici di tutti i tempi. La data aquilana sarà anticipata da un’anteprima, oggi alle 18.30 ad Avezzano nella Chiesa di San Bartolomeo e un appuntamento che chiuderà questo piccolo grande tour, previsto per domenica, sempre alle 18.30, nella superba cornice della Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, alla presenza diFranco Biciocchi, Presidente della Fondazione Card. Domenico Bartolucci, Bruno Carioti, Presidente dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, Luca Ciccimarra, Direttore Generale del Sacrum Festival, Michele Fina, Senatore della Repubblica, Segretario Pd Abruzzo, Nazario Pagano, Onorevole, Presidente 1° Comm. Affari Costituzionali, Roberto Santangelo, Assessore ai Beni e Attività Culturali Regione Abruzzo, Daniela Traldi, Presidente Confederazione Lirica Italiana e di Sua Em.za Rev.ma il Signor Cardinale Dominique Mamberti, Presidente Onorario Fondazione Card. Domenico Bartolucci, concerti, questi, organizzati in collaborazione con Sacrum Festival e il sostegno della Fondazione Cardinale Domenico Bartolucci. Sul podio il direttore musicale dell’ISA, il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli che dirigerà l’Orchestra dell’ISA, con alcuni giovani allievi del Conservatorio Statale di Musica “A. Casella” dell’Aquila, e i coristi dell’International Opera Choir diretti da Giovanni Mirabile. Apre il programma di musica sacra composto per l’occasione la Messa del Cardinale Domenico Bartolucci, in onore di Santa Cecilia, che vede impegnata nella parte solistica il soprano Maria Tomassi. La seconda parte del programma sarà dedicata alla Messa di Gloria per soli, coro e orchestra, composta dal giovane Giacomo Puccini nel 1880 al termine del suo periodo di studi a Lucca, e riscoperta soltanto negli anni Cinquanta dello scorso secolo. Le parti solistiche sono affidate al tenore Vincenzo Costanzo e al baritono Armando Likaj. “C’è molta emozione alla vigilia di questo appuntamento – ha dichiarato il Presidente dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, Maestro Bruno Carioti – che inaugura la Cinquantesima Stagione dei Concerti dell’ISA. È un traguardo che ci inorgoglisce e che viviamo con grande senso di responsabilità verso i Fondatori visionari di questo Ente e verso il nostro pubblico, sempre più numeroso. Questo concerto simboleggia il nostro abbraccio, intenso e sentito, di forte gratitudine verso coloro – pubblico, artisti, amministratori – che negli anni hanno condiviso il proprio percorso con noi e con la nostra musica, senza mai far mancare fiducia nel progetto dell’ISA”. “Onore ed onere per me – ha affermato il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli – continuare ad attraversare l’intera produzione pucciniana in questo suo centenario infinito, andando a proporre anche l’aspetto sacro del compositore. Giacomo Puccini e la musica sacra sono i miei due più grandi amori e gioisco nel proporre in questa occasione due messe dal diverso sentire, in cui l’agnostico e l’uomo di chiesa sono uniti dal segno musicale e da un linguaggio di grandissima raffinatezza, Un concerto questo, che mi permetterà ancora una volta di far musica con grandi interpreti, unitamente all’orchestra dell’ISA e all’International Opera Choir, preparato da Giovanni Mirabile, formazioni a me molto care, a coronamento di un anno di preparazione per il grande Giubileo del 2025 e del decennale del Sacrum Festival al quale giungerò con una sempre maggior consapevolezza e maturità musicale ed artistica.” “La Fondazione Cardinale Bartolucci – ha concluso il portavoce della Fondazione Bartolucci, il Segretario generale, Alessandro Biciocchi – è lieta di proseguire la collaborazione con Sacrum che anche quest’anno dedica parte del programma ad una composizione del Maestro Cardinale. Bartolucci ha diretto per oltre 40 anni il Coro della Cappella Sistina ed ha lasciato un patrimonio di opere che meritano di essere conosciute sempre di più dal pubblico internazionale anche a testimonianza del contributo artistico della Chiesa cattolica nella quale ha vissuto ed ha trovato la sua ispirazione più profonda”. Questo triplo appuntamento della IX edizione del Sacrum Festival con il quale l’Istituzione Sinfonica Abruzzese inaugura la Cinquantesima stagione, pone in dialogo due messe con l’opera in onore di Santa Cecilia composta dal Cardinale Domenico Bartolucci per coro, soprano e orchestra e la Messa a quattro voci con tenore e baritono solisti e orchestra, in La bemolle maggiore (Messa di Gloria) composta da Giacomo Puccini. Ad una prima visione della pagina, firmata dal Cardinale, nella sua austera semplicità del linguaggio, ad impressionare è la disposizione delle voci a canone e l’uso che il compositore fa dei frammenti sia melodici che ritmici, che vengono impiegati anche quali spunti orchestrali, nelle varie entrate tra le voci, imitate in un contrappunto di raffinatissima fattura. La materia musicale emoziona per il suo denso lirismo, quasi costantemente puro e spirituale, il cui ideale potrebbe guardare al capostipite di una scuola romana, italiana, che consegna le chiavi del nostro segno all’Europa e alla modernità, che è il Carissimi. L’inizio del Kyrie colpisce già dalle prime due battute, infatti pur essendo in tonalità di la bemolle maggiore, offre una sensazione di indeterminatezza, in quanto il colore dell’accordo “svuotato” della tonica, offre un senso di sospensione eterea. Un aspetto questo, che tra le righe, nasconde, più avanti, per quanti andranno a leggere ed ascoltare, l’impressione di trovarsi dinanzi ad una cadenza plagale, che è la cadenza cosiddetta dell’Amen, e, procedendo nei vari numeri, ci si troverà dinanzi ad episodi fugati e corali variati, in uno strano e suggestivo eclettismo che porta il cardinale a modulare a toni lontani anche attraverso una sola nota, tecnica usata nella composizione della musica applicata, che porta velocemente alla trasformazione del climax. Un’opera organica ciclica, questa, che sfrutta sino all’ultimo numero l’Agnus Dei, tutti gli elementi caratterizzanti, presentati all’inizio della partitura, come l’uso di questo mi bemolle, latore di pace, nota con la quale si congeda anche il soprano, che attraversa l’intera opera, specchio dei grandissimi compositori, capaci da una sola cellula di portare a compimento l’intero lavoro, senza alimentare di continuo il calderone di idee e spunti sempre diversi. Un segno musicale, quello del Cardinale, che riesce ad armonizzare compiutamente quella sintesi poetico-mistica di schietta ispirazione cattolica, riuscendo a conseguire un fascino genuino, fatto di ingenuo misticismo, espresso con affettuose pennellate sonore. Merito del Cardinale Bartolucci è, certo, quello di aver scelto il linguaggio del suo tempo, diffidando da utopistici concetti neopalestriniani, depurando ogni suo passaggio da falsi residui romantici, presenti, ad esempio, nella produzione sacra tedesca o da ambiziose filiazioni neobarocche, irrimediabilmente vuote di contenuto, per questa messa che vive di autentica ispirazione, perfettamente equilibrata rispetto all’esigenza liturgica e condotta in modo sapiente, nel sobrio dialogo tra le voci e l’orchestra. La messa del giovane Puccini, principia con un Kyrie che inizia con una luminosa introduzione. La musica si fa più energica a metà del Christe Eleison, prima di tornare al clima pacifico dell’inizio. Il Gloria, che occupa quasi la metà dell’intera messa, potrebbe essere facilmente eseguito come un’opera completa a sé stante: abbonda di energia ritmica, melodie svettanti e gesti drammatici sorprendenti. Qui l’istinto operistico di Puccini è pienamente espresso. Diverse le sezioni, a partire da un gioioso tema iniziale che definisce il movimento. Un drammatico assolo del tenore al Gratias agimus è seguito da una ripresa del tema del Gloria in excelsis, quindi, nel Qui tollis una melodia che guarda a Verdi, è introdotta dai bassi del coro. Il Cum sancto spiritu, come da tradizione, è impostato su un’esuberante fuga, la cui sezione finale combina il soggetto con il tema iniziale del Gloria, raggiungendo un climax avvincente. Anche il Credo ha diverse sezioni. Inizia con forti declamati corali all’unisono a cui rispondono interpolazioni strumentali crescenti. Una bella sezione per tenore solo e coro non accompagnato segue l’ Et incarnatus est. Dopo un lungo assolo di basso nel Crucifixus, la musica esplode di vita per l’energico Et resurrexit. I toni solenni di Et expecto resurrectionem mortuorum introducono la sezione conclusiva del Credo: un et vitam venturi sorprendentemente leggero e danzante. Il Sanctus è breve e semplice, mentre la maestosa apertura è seguita da un vivace Pleni sunt coeli e da un Hosanna. Il Benedictus è affidato al baritono solista, mentre il coro ritorna con un breve Hosanna. Anche l’Agnus Dei è lineare: qui tenore e baritono potrebbero tranquillamente essere Rodolfo e Marcello, usciti dalla soffitta de La Bohème per due minuti di penitenza, dolcemente ripresi dal coro.La scrittura vocale si ispira allo stile imitativo della polifonia classica di Palestrina, che a quel tempo era un modello di studio nei Conservatori italiani. L’Et in terra pax e il Laudamus te mostrano chiare impronte della musica religiosa del suo tempo, a partire dai grandi oratori di Mendelssohn. Più autenticamente pucciniano è il Gratias agimus tibi, per voce di tenore solista, dove emerge il calore espressivo e l’accento profondamente umano del futuro compositore delle arie di De Grieux, Rodolfo e Cavaradossi. La Messa si conclude così con un ritmo di valzer, accompagnato dai fiati e dal pizzicato degli archi, quasi a evocare un’uscita spensierata da una chiesa lucchese, verso giovanili svaghi serali “milanesi”.