di Gregorio Pietro D’Amato*
L’art. 4 della Costituzione dispone: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Però, per consentire che questo diritto-dovere previsto dalla Carta Costituzione sia reso possibile per una parte dei nostri concittadini, il legislatore è dovuto intervenire, anche a distanza di diversi anni, con una prima legge n. 482/1968, poi abrogata dalla più organica legge 12 marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” per consentire che le persone, come li definisce la legge: “disabili”, ma preferirei chiamarle persone diversamente abili o in maniera più sentita ed umana come persone che offrono, e ci offrono a noi tutti, una visione diversa del mondo e della vita, possano lavorare dignitosamente come lo prevede la Costituzione. Con la legge n. 68/1999 e relativo regolamento di esecuzione D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333, il legislatore ha voluto promuovere l’integrazione sociale delle persone diversamente abili ed il pieno sviluppo della loro persona, anche nell’ambito professionale, la legge si preoccupa di favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro, assicurando loro la conservazione del posto di lavoro già occupato ed in secondo luogo favorendo la creazione di ulteriori occasioni di lavoro, sia mediante incentivi e misure di sostegno al loro collocamento mirato, sia soprattutto “imponendo” l’assunzione di una certa quota di disabili da parte delle aziende di certe dimensioni. Seppure la legge n. 68/1999 ha superato alcune criticità alla previgente legge n. 482/1968, di alcuni punti deboli e, si ritiene di “sconfitta” per il resto delle persone non diversamente abili, è rappresento dal rigore su cui è dovuto intervenire il legislatore che in precedenza si erano prestati a facili elusioni comminando sanzioni, in caso del mancato avviamento al lavoro e rispetto delle procedure, e per le sospensioni ed esoneri nell’impiegare le persone diversamente abili. Tutti punti sui quali il legislatore è dovuto intervenire, in quanto, si è reso conto che le ragioni del profitto non solo nel privato ma anche nel pubblico, e questo è ancora più mortificante che parte dell’apparato dello Stato elude disposizioni per consentire l’accesso a persone diversamente abili o meglio di coloro che hanno una visione diversa della vita e del mondo, e certo non per scelta loro, nel mondo del lavoro. In base ai provvedimenti normativi la legge n. 68/1999 e il dpr n. 333/2000 i datori di lavoro pubblici e privati, soggetti alle disposizioni delle presenti disposizioni normative sono tenuti ad inviare in via telematica agli uffici competenti un prospetto informativo dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva, per persone diversamente abili, nella seguente misura: a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti. Nonché l’informativa dei posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori diversamente abili come individuati dall’art. 1 della legge 68/1999. Se, rispetto all’ultimo prospetto inviato, non avvengono cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l’obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva, il datore di lavoro non è tenuto ad inviare il prospetto. Al fine di assicurare l’unitarietà e l’omogeneità del sistema informativo lavoro, il modulo per l’invio del prospetto informativo, nonché la periodicità e le modalità di trasferimento dei dati sono definiti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e previa intesa con la Conferenza Unificata. I prospetti sono pubblici. Gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso ai predetti documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispongono la loro consultazione nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico. Purtroppo, quale deterrente e, quindi, per incentivare al rispetto della legge 68/1999, sono state incrementate le sanzioni (anche se l’importo non è elevatissimo) a decorre dal 1° gennaio 2022, sia per le imprese private, e pubbliche con due decreti dal ministero del lavoro Con il primo D.M. del 30 settembre 2021 n. 193 è stato aumento il contributo esonerativo dovuto per ciascuna unità non assunta. Contributo a valere per i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l’intera percentuale dei disabili, possono, a domanda, essere parzialmente esonerati dall’obbligo dell’assunzione, alla condizione che versino al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili previsto dall’articolo 14 della Legge 68/1999, un contributo esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di Euro 39,21 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.Con il secondo D.M del 30 settembre 2021 n. 194 sono state elevate le sanzioni per omissioni di comunicazione dei lavoratori impiegati, da parte delle imprese private e gli enti pubblici economici che non adempiono all’invio “in via telematica agli uffici competenti un prospetto informativo dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro 702,43 per ritardato invio del prospetto, maggiorata di euro 34,02 per ogni giorno di ulteriore ritardo. Le sanzioni amministrative previste dalla presente legge sono disposte dalle direzioni provinciali del lavoro e i relativi introiti sono destinati al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, da destinare al finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi. Inoltre, e tali sanzioni sono più indicate rispetto alle sanzioni pecuniarie, è previsto che ai responsabili, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, di inadempienze di pubbliche amministrazioni alle disposizioni della presente legge si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego. Assumere persone diversamente abili dovrebbe non essere un obbligo con sanzioni quale deterrente in caso di inottemperanza ma un dovere Costituzionale specifico per chi non è stato più fortunato rispetto ad altre persone. Ci si domanda perché il legislatore deve comminare sanzioni per garantire un diritto Costituzionale a persone che offrono, e ci offrono a noi tutti, una visione diversa del mondo e della vita, diceva Fëdor Dostoevskij “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”, così mi sento di dire che: Il grado di civiltà di una nazione, si misura quando garantisce, senza sanzioni, un diritto Costituzionale, quale il lavoro, alle persone diversamente abili. Del resto, anche il riconfermato Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’insediamento per il giuramento alla Camere riunite del 3 febbraio, in un passaggio del suo discorso ha ribadito che: “la dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare. Il progresso civile ed economico di un paese passa senz’altro, come ribadito anche dal Presidente delle Repubblica, nel modo in cui si prendere “cura” in ogni aspetto della vita delle persone più deboli, persone che offrono, e ci offrono a noi tutti, una visione diversa del mondo e della vita.
* Dottore commercialista