Arrestata in Israele, ansia per Federica - Le Cronache Attualità
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Arrestata in Israele, ansia per Federica

Arrestata in Israele, ansia per Federica

L’eco mediatica sollevata dall’abbordaggio in acque internazionali delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla da parte della Marina israeliana continua a tenere col fiato sospeso decine di famiglie in Italia. Tra gli attivisti a bordo dell’imbarcazione Aurora c’era anche la salernitana Federica Frasca. La redazione di Telecolore ha intervistato in esclusiva Massimiliano Frasca, fratello di Federica, per raccogliere le ultime informazioni e comprendere lo stato d’animo della famiglia in questi giorni di angosciosa attesa. L’intervista, rilasciata a cuore aperto, rivela le difficoltà nel reperire notizie certe e la determinazione dell’attivista, che ha scelto di non piegarsi a quello che viene definito un “ricatto” giudiziario. Massimiliano Frasca descrive un vuoto informativo diretto da giorni. “Notizie dirette da Federica non ne abbiamo dal momento dell’abbordaggio delle barche, nel senso che in quel momento dal momento in cui i militari israeliani sono saliti sulle barche, si è spento tutto e quindi non abbiamo più avuto contatti diretti con lei”. Le poche informazioni frammentarie sono arrivate esclusivamente attraverso canali indiretti. “Tutti i vari piccoli, pochi contatti avuti fin qui sono stati da parte dei gruppi di legali che volontariamente sul luogo stanno cercando di seguire la vicenda. Poche informazioni dall’unità di crisi della Farnesina e nessuna sostanzialmente da l’ambasciata italiana a Tel Aviv”. Nonostante la situazione di salute generale del contingente italiano appaia discreta, permangono delle zone d’ombra sulla specifica posizione di Federica. “Quindi quello che sappiamo ad oggi è che tutta quanta la componente di attivisti italiani dovrebbe essere in condizioni di salute discrete, però non ci hanno saputo dire fisicamente dove si trovi Federica in questo momento e in quali condizioni, se abbia se rientri tra le persone che hanno ricevuto un processo immediato senza attendere l’arrivo dei legali rappresentanti e quindi neanche se sia tra le persone che saranno rimpatriate nell’immediato oppure in un momento successivo”. La vicenda ha avuto una svolta con l’annuncio del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha reso noto il prossimo rimpatrio di un primo gruppo di 26 cittadini italiani a bordo della Flotilla, che avrebbero firmato un foglio di “rilascio volontario”. I restanti 15, non avendo firmato, dovranno attendere l’espulsione per via giudiziaria. Massimiliano Frasca ha chiarito la dinamica di questa distinzione e il motivo del rifiuto da parte di alcuni attivisti. L’attivista salernitana, secondo il fratello, rientrerebbe con ogni probabilità nel secondo gruppo, quello dei “resistenti”. L’attivista ha spiegato la procedura imposta ai partecipanti una volta condotti al porto di Ashdod, dopo un viaggio di cinque ore sui mezzi militari israeliani. “Diciamo che sostanzialmente la procedura è stata quella di fermare tutti nelle acque, insomma, in cui sono stati intercettati, fargli affrontare uno spostamento sui mezzi militari israeliani di di 5 ore fino al porto di Ashdod, sbaglierò la pronuncia probabilmente e da lì poi successivamente smistati e sì, sostanzialmente il passaggio è stato quello di proporre decisamente, mettiamola così, a ognuno di firmare questa sorta di autodenuncia in cui ci si autoaccusava di non meglio identificate violazioni del diritto internazionale che in realtà all’atto pratico non esistono, però diciamo che le persone che magari erano più provate, immaginiamo che comunque sono state più facilmente condizionabili hanno firmato e verosimilmente queste sono tra le 26 che vengono rimpatriate, a quanto ci dicono già nelle nelle prossime ore”. Quando è stato chiesto se Federica rientri nel primo o nel secondo gruppo, Massimiliano ha espresso la sua convinzione, dettata dalla conoscenza della sorella. “Io immagino di no, ripeto, non ho informazioni dirette per confermarlo, ma io immagino che si rientri tra le persone che non hanno voluto sottostare a questa sorta di di ricatto perché poi appunto come sappiamo, come anche gli organismi internazionali hanno chiarito più volte Quelle sono acque internazionali sulle quali la Marina australiana non ha nessun tipo di giurisdizione, è stato un abbordaggio a tutti gli effetti, è stato provato e verificato che non ci fossero minacce sulle banche, quindi conoscendo Federica, io credo che verosimilmente non abbia firmato e che quindi rientri, diciamo, nel gruppo in cui che verrà espulso in maniera coatta.” Nonostante l’enorme apprensione, la famiglia Frasca ha ribadito l’importanza di non perdere di vista l’obiettivo della missione di Federica e degli altri attivisti. La loro scelta, pur comportando rischi e sacrifici, è pienamente appoggiata dai parenti. “Chiaramente si sta un po’ in una lavatrice di suggestioni e di emozioni perché quando Federica ha deciso di partire, chiaramente, l’ha comunicato in famiglia e in linea di principio è una cosa che noi appoggiamo assolutamente, tutti noi componenti della famiglia, e quindi siamo stati assolutamente entusiasti di questo slancio”. Massimiliano ha voluto sottolineare il coraggio degli attivisti, consapevoli dei rischi del loro viaggio. “Noi ricordiamo che si parla di di persone, giovani, ma anche meno giovani che si sono imbarcati senza sapere se e quando sarebbero tornati, quindi diciamo che idealmente è una cosa che appoggiamo assolutamente, una cosa che condividiamo con con perché è condiviso con Federica, ne abbiamo parlato finché è stato possibile insomma interfacciarci quando era in viaggio è che vorremmo, volevamo e sicuramente lei vorrebbe che il focus poi rimanesse sulla vicenda di Gaza”. L’appello della famiglia, pur nell’ansia personale, è un forte monito a mantenere alta l’attenzione sulla crisi umanitaria nel territorio palestinese. “Quindi noi come famiglia chiaramente siamo in apprensione e cerchiamo di raccogliere più informazioni possibili che ci tranquillizzino sulle condizioni di Federica, però poi è importante ricordarsi che la questione in gioco e l’occupazione di casa e il fatto che questi ragazzi, queste ragazze, questi uomini e queste donne sono lì come strumento per accendere ancora di più i riflettori su quella condizione”. La vicenda della Global Sumud Flotilla ha senza dubbio riacceso l’attenzione internazionale sul conflitto e sulle condizioni della popolazione di Gaza, proprio come intendevano gli attivisti saliti a bordo. Ora, l’attesa si concentra sull’espulsione coatta dei 15 italiani che, come Federica Frasca, hanno rifiutato di firmare l’autodenuncia, scegliendo di non legittimare un’azione militare in acque internazionali. Intanto, dopo i quattro parlamentari rimpatriati, hanno lasciato Israele altri 26 italiani che erano a bordo della missione umanitaria diretta a Gaza, fermata mercoledì sera a poche decine di miglia dalla costa. Il volo charter, con 137 attivisti di varie nazionalità, è atterrato a Istanbul nel pomeriggio di ieri e da lì in tarda serata verso casa con voli diretti a Roma e Milano. Tra loro c’è anche Paolo Romano, il consigliere regionale lombardo del Pd. Restano quindi in carcere altri 15 connazionali. “Rimarranno ancora 2-3 giorni in Israele perché non hanno voluto firmare la liberatoria” e sono in attesa dell’espulsione coatta, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. La legge israeliana prevede, infatti, la detenzione di 72 ore per chi non firma. “Chi resta lo fa perché con i nostri passaporti privilegiati si può tutelare gli altri” ha sottolineato la portavoce del Global Movement to Gaza, Maria Elena Delia, prospettando la “disponibilità” del movimento a pagare i costi del viaggio. Spese che, nel caso dei connazionali rilasciati, sono stati coperti dalla compagnia aerea turca Turkish Airlines. Intanto, si è mosso anche il team legale italiano della Flotilla che ha depositato in Procura a Roma un esposto relativo sia al fermo degli equipaggi sia all’attacco con i droni che le imbarcazioni hanno subito in acque internazionali. Ad annunciarlo è stata la stessa Delia durante una conferenza stampa con i quattro parlamentari rilasciati da Israele. “E’ stato un sequestro – ha sottolineato – perché l’arresto presuppone un’ipotesi di reato, ma in questo caso non erano stati commessi reati”. Parole pronunciate accanto al deputato del Pd Arturo Scotto, all’eurodeputata dem Annalisa Corrado, al senatore M5S Marco Croatti e all’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi che hanno ripercorso le ore più difficili della missione. Ad ascoltarli in sala la leader del Pd Elly Schlein assieme a Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs. Quanto al loro rilascio Scotto ritiene “sia stato un atto unilaterale di Israele”. Il dem ha precisato di non aver avuto “alcuna chiamata da Meloni” ma “una interlocuzione con il ministro Crosetto anche nelle ore più complicate dell’abbordaggio”. Le parole più dure sono state per la premier. “Nessun presidente del Consiglio può sindacare su quello che fa un parlamentare della Repubblica” ha attaccato Scotto definendo la “menzogna più grande” quella di “dire che la Flotilla avrebbe potuto impedire il raggiungimento della pace”. Di diverso avviso il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: “Conte ha definito codardo il governo in Parlamento. Forse i codardi li ha nelle sue file e li abbiamo visti sbarcare ieri”. Nel frattempo la ‘Flotilla bis’ continua il suo viaggio verso la Striscia. Due barche partite da Otranto e 8 da Catania della ‘Freedom Flotilla coalition’ e della Thousand Madleens’ sono nelle acque davanti a Creta.