Uomo politico del Sud, da anni alla guida del Comune di Bari, Antonio Decaro è presidente dell’Anci ed ora tenta la scalata al Parlamento Europeo nella circoscrizione meridionale col Partito Democratico.
Partiamo dal principio: chiusa l’esperienza amministrativa a Bari, ne comincia un’altra. Quali i suoi obiettivi per Bruxelles?
“Si chiude una esperienza appassionante, che ha segnato la mia vita più che la mia carriera politica, e ho raccolto l’invito a gettarmi in un’altra avventura che sarà, ne sono sicuro, altrettanto coinvolgente e importante. Il senso della mia candidatura è racchiuso in quella frase che abbiamo pensato di mettere sui manifesti elettorali: “Primi cittadini d’Europa”, con una foto tra bambini di una scuola di Bari. Ecco: vogliamo raccontare quale sarà il mio impegno in Europa nel rappresentare le istanze e il lavoro dei sindaci, dei “primi cittadini” d’Italia che sono presidii dello Stato ma anche primo riferimento delle proprie comunità. Che sono protagonisti della stagione della spesa dei fondi del Pnrr, dopo che per la prima volta l’Europa ha scelto di investire direttamente sui Comuni e sulle loro competenze. Abbiamo dimostrato, con i fatti e non con le parole, di saper lavorare bene in condizioni difficili e di trovare soluzioni nell’interesse dei cittadini. io vorrei portare questa esperienza in Europa. Perché ormai ogni questione importante, anche quelle che riguardano il nostro cortile di casa, si discute e si decide a Bruxelles e a Strasburgo”.
Qual è il suo ideale di Europa? Che ruolo può giocare il sud a Bruxelles?
“In Europa siamo a un momento cruciale, a un bivio, e anche gli elettori dovranno decidere quale strada prendere. Esiste il rischio concreto di tornare ai tempi dell’austerità che, come amministratori e come cittadini del Sud, abbiamo sofferto più di ogni altro. Se andasse così sarebbe grave, vorrebbe dire abbandonare la strada del maggiore sostegno reciproco fra Paesi che è stata la vera svolta europea degli ultimi anni, che ha prodotto i grandi investimenti del PNRR e che soprattutto ha risvegliato gli ideali e i valori di solidarietà dell’Europa degli inizi, l’Europa nella quale io mi riconosco. Ebbene, di fronte al rischio di un ritorno all’austerità l’Italia deve avere nelle istituzioni europee la voce più forte possibile, deve essere capace di costruire alleanze e di partecipare alle decisioni da una posizione di forza. Purtroppo, se alle elezioni europee vincesse la destra italiana sarebbe fortissimo il rischio di finire isolati, senza potere e senza alleati che contino. Allora l’impegno che prendo davanti agli elettori è di portare dentro a questa battaglia i nostri problemi di gente del Sud, le nostre difficoltà ma anche le nostre idee, la nostra energia, la capacità di trovare risposte che, come amministratori e come cittadini meridionali, abbiamo dimostrato di avere, vincendo ogni pregiudizio”.
Tra lei e il governo c’è stato un duro scontro per quanto riguarda il comune. Scontro che lei ha affrontato indossando la fascia tricolore, il simbolo della Repubblica…
“Quello a cui vi riferite non è stato uno scontro che riguardava il Comune di Bari, è stato un atto di legittima difesa non di me stesso ma della mia città, una comunità di persone perbene che da anni hanno deciso di ribellarsi alla presenza delle famiglie criminali. Quando i politici del centrodestra di Bari sono andati a chiedere al governo di Roma di commissariare la nostra città a meno di due mesi dalle elezioni amministrative, io ho risposto loro che questo era un uso di parte delle istituzioni. E che, se volevano “riprendersi la città”, come dicevano di voler fare, dovevano farlo conquistando il consenso degli elettori, non con manovre di palazzo. Per me il rispetto dei ruoli e dei simboli delle istituzionali è una cosa sacra”.
Comincerà adesso un giro del Sud durante il quale incontrerà varie comunità diverse e variegate: cosa dirà loro, quali gli argomenti che verranno trattati?
“È una circoscrizione grande, importante, con una storia difficile ma soprattutto con straordinarie potenzialità. Questo è il Sud che sto attraversando in queste settimane. Ogni comunità ha la sua storia, la identità e le sue particolarità, ma ci sono poi i grandi temi comuni a tutti, come il lavoro, lo spopolamento delle aree interne, la carenza di infrastrutture, le crisi sistemiche di alcuni settori produttivi storici e strategici, a cominciare dall’agricoltura. Sarei orgoglioso di poter rappresentare in Europa la comunità democratica in questo territorio e tutti i suoi cittadini. Sono convinto che il Sud oggi non sia quello che si legge del racconto stereotipato di chi ci vorrebbe ancora a traino. Per questo, in ogni posto sto dicendo alla gente del Sud la stessa cosa: che siamo pronti per decidere del nostro destino, sappiamo quello che vogliamo e quello che non vogliamo, sapremo farci rispettare in Europa come ci siamo fatti rispettare in Italia”.
La sfida più importante è sicuramente quella di portare la gente alle urne, dopo anni di disaffezione alla politica. Il tutto passa anche per le nuove generazioni…
“C’è un grande timore che alle prossime elezioni europee possa esserci una scarsa partecipazione al voto, soprattutto fra i giovani elettori. Sarebbe grave, sarebbe un’altra responsabilità della politica che non è riuscita a trasmettere il senso dell’importanza e del valore della partecipazione. Come dicevo prima, ormai moltissime delle questioni che ci riguardano più da vicino si discutono e si decidono a livello comunitario: dobbiamo essere lì, per batterci nell’interesse delle nostre regioni, e i giovani devono avere un peso decisivo nello scegliere a chi affidare questo mandato. Questo è quello che sto dicendo loro, quando li incontro e ne incontro molti, interessati e appassionati: per questo voglio essere ottimista, anche sulla loro partecipazione”.
A proposito di giovani, il sud ha perso molti suoi figli: qual è il suo pensiero?
“Da molti anni l’ANCI ha elaborato una strategia che vale più di ogni mio pensiero. Si chiama Agenda del Controesodo e il tema è esattamente questo: fermare la fuga dei nostri giovani dalle aree del Meridione, ma anche di molte altre zone “appartate” d’Italia, che si stanno spopolando a causa della mancanza di occasioni di lavoro, dell’assenza di infrastrutture materiali e immateriali, della lontananza dei servizi, perfino quelli essenziali. Purtroppo, alcune province del Sud sono in testa a questa brutta classifica di Comuni che si spopolano. Nessuna istituzione da sola può fermare questa tendenza, tanto meno i sindaci che sono lasciati senza strumenti e senza risorse. Ci vuole l’impegno congiunto di poteri pubblici e di investimenti privati, anche nelle zone dove investire potrebbe sembrare non conveniente: queste spesso sono le zone dove batte il cuore pulsante dell’identità del nostro Paese. I ragazzi devono essere messi in grado di decidere, se restare o andar via: non di essere costretti, senza possibilità di scelta. E, di nuovo, l’Europa ha un ruolo da svolgere per salvaguardare le possibilità di sviluppo delle molte aree “periferiche” del continente”.
Da presidente di Anci: come stanno i Comuni in Italia?
“Stanno dando una grande prova di efficienza, come dimostrano tutti i dati sull’attuazione della parte del PNRR che è stata affidata a loro. Nel Rapporto UE 2023 sullo stato delle Regioni e delle Città europee, la vicenda dell’attuazione del Next Generation Ue da parte dei Comuni italiani è definita “una storia di successo”, ed è la prima volta che nei confronti dell’Italia viene usato un termine del genere. Questo vuol dire che, nel momento della prova più impegnativa per le pubbliche amministrazioni, di fronte a una eccezionale occasione di investire bene tante risorse nell’interesse dei cittadini, i Comuni italiani hanno dimostrato di saper adempiere al proprio dovere. Io penso che sia un insegnamento per tutti, anche per l’Europa stessa, perché uno dei temi decisivi di questa stagione della politica europea sarà proprio il confronto/scontro fra le tendenze ad accentrare sempre più potere decisionale ed esecutivo nelle mani dei governi nazionali, oppure rafforzare gli strumenti che danno potere alle comunità locali di decidere sul proprio futuro, e per esempio di investire le risorse comunitarie, frutto del lavoro di tutti, per obiettivi che corrispondono ai reali interessi dei territori”.
C’è differenza tra nord e sud? All’autonomia differenziat dice sì o no? E perché?
“Sono contrario all’autonomia differenziata così come ero assolutamente contrario alla modifica del Titolo V, fatta dalla mia parte politica. Se dovesse passare, le differenze che ci sono ancora tra Nord e Sud – nonostante tutto il nostro lavoro e i nostri sforzi – aumenteranno ulteriormente. L’Italia si dividerà, si spezzerà in due, sarà come tornare a una sorta di gerarchizzazione territoriale. Giorni fa la presidente Meloni ha detto che l’autonomia differenziata sarebbe un’opportunità soprattutto per il Sud perché, secondo lei, servirebbe a “responsabilizzare la classe dirigente”. Io penso di essere un sindaco responsabile, non penso di dover essere responsabilizzato da qualcun altro, e così tanti altri miei colleghi amministratori del Sud. Le nostre città sono cresciute, gli investimenti crescono come mai prima, Bari per esempio secondo l’Istat è la prima città del Sud per crescita del lavoro. Questi sono fatti, non parole, che dimostrano che non abbiamo bisogno di essere responsabilizzati, abbiamo bisogno di risorse e abbiamo bisogno di non essere trattati da italiani di serie B come avverrebbe inevitabilmente con la riforma Calderoli”.
Si parla molto di terzo mandato: quale è la Sua posizione?
“È stata una battaglia dell’ANCI per lungo tempo, purtroppo non sono riuscito a vincerla e la lascio in eredità ai miei colleghi sindaci, che ne sono tutti convinti: la limitazione a due mandati, che ormai riguarda solo le città sopra i 15mila abitanti, è anacronistica, ingiustificata e insostenibile, secondo noi, anche da un punto di vista costituzionale. È una autentica discriminazione, che limita soprattutto il diritto fondamentale dei cittadini a scegliere loro, in libertà e coscienza, se un sindaco merita la riconferma o deve essere mandato a casa. Sono sicuro che questa barriera cadrà, prima o poi. Non mi riguarda più personalmente, ma io sarò sempre dalla parte di chi vuole restituire la libertà di scelta agli elettori”.