Questa sera, quarto appuntamento nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, con il Festival di Musica da Camera, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” e dalla Bottega San Lazzaro
Di Antonio Sansone
Oggi, alle ore 20, quarto appuntamento della III edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia. Un evento, nato dalla sinergia del Conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, da un’idea di Anna Bellagamba con Chiara Natella e la sua Bottega San Lazzaro. Ancora una serata monografica con protagonista Antonin Dvoràk e il suo Quintetto in La maggiore op.81, affidato alla pianista Lucia Giuliano, con Carmela Persico e Floriana Knowles al violino, Giuseppe Giugliano alla viola e Antonio Ramous al cello. Scritto nell’arco di meno di due mesi, tra il 18 agosto e il 3 ottobre del 1887, il Quintetto op. 81 è di gran lunga il più noto dei due Quintetti con pianoforte composti da Dvořàk nella stessa tonalità di la maggiore; ma se il primo op. 5, datato 1872, si inscriveva ancora nell’orbita classicheggiante di Mozart, questo se ne allontana in direzione di una più pregnante integrazione tra elementi romantici, soprattutto brahmsiani, e folclorici. Come prima di lui Smetana, anche Dvořàk, a differenza dei russi, riteneva che lo spirito del canto popolare dovesse essere ricreato non copiando il popolo, bensì reinventando con la fantasia nuove melodie sul modello della musica popolare: non rifacimenti o ripensamenti basati sull’elaborazione del vero, dunque, ma stilizzazioni formali artisticamente originali. Chiarezza costruttiva e calore espressivo possono essere considerati gli aspetti peculiari di questa partitura aperta da un Allegro ma non tanto, dominato da violenti contrasti. Questi due atteggiamenti coesistono in modo quasi programmatico nella concezione formale delle sue opere maggiori, alle quali appartiene anche il Quintetto op. 81. L’ambizione strutturale alla grande forma si manifesta soprattutto nei movimenti estremi, dominati da un’elaborazione tematica salda e concentrata negli sviluppi; mentre in quelli centrali risaltano i due aspetti peculiari dell’idioma ispirato al folclore: effusione melodica e senso immaginativo negli Adagi, vivacità ritmica e rustica robustezza negli Scherzi. Nel primo movimento del nostro Quintetto, Allegro ma non tanto, la netta plasticità dei temi, dalla prima esposizione del violoncello alle successive entrate degli archi fino alla ripresa affermativa del pianoforte, mostra un’espressività appassionata, ora energica, ora lirica, oscillando tra indugi contemplativi e vigorose impennate. Quest’inventiva insieme spontanea e controllata, di immediata forza comunicativa, si ripropone con una serrata unitarietà di effetti potenziati nell’Allegro finale, raggiungendo una perfetta simbiosi di vitalità gagliarda e di gioiosa brillantezza. I due tempi centrali, come si è detto, danno ampio spazio al carattere popolare. La Dumka, canto popolare russo-slavo, sorta di méditation narrativa di carattere elegiaco, è il fulcro dell’Andante con moto, pagina sospesa tra pensosità e malinconia e contrassegnata dal contrasto tra la sezione lenta iniziale, poi ripresa alla fine, e l’irruzione centrale di un Vivace effervescente e aggressivo. Lo stesso procedimento, ma a parti invertite, si ripresenta nello Scherzo (Molto vivace), un baldanzoso Furiant in 3/4 festosamente danzante e a tratti sincopato, interrotto dalla pacata staticità del Trio (Poco tranquillo).