Il rifiorire dei Popolari parte da Salerno, dalla Campania. Più di tutto, parte da Alfonso Andria, anima nobile della politica salernitana che, dopo tante battaglie, continua ad avere sete di politica intesa come aggregante di idee, proposte, cittadini. Su queste basi si sta muovendo il comitato “Popolari uniti della Campania”: un progetto politico che si fa fatica a definire “nuovo” ma che ha a cuore le radici della politica partecipata italiana, in cui il cittadino è realmente al centro della visione e delle proposte politiche.
A cosa mira il progetto?
«Puntiamo a un coordinamento nazionale: tra fine febbraio e inizio marzo, verosimilmente a Roma, ci sarà un’assemblea nazionale, per fare cosa? Per mettere insieme entità affini tra loro, di ex popolari che hanno pieno titolo per occupare l’area di centro della politica, grazie a quella matrice di cattolicesimo democratico di cui i popolari sono espressione. La nostra sigla è Popolari uniti per la Campania, così come in Calabria è per la Calabria, in Piemonte e Toscana idem. Ci sono nove regioni finora coinvolte. Il nostro comitato, ci tengo a dirlo, è nato per primo: questa entità di primogenitura vorremmo tenerla, visto che ci siamo anche costituiti davanti ad un notaio».
La riunione è stata piccola ma partecipata.
«Ci sono stati 12 interventi, solo 3 dei quali erano programmati. In sala c’erano circa ottanta persone, poiché sapevamo di voler invitare poche persone. Ci è venuta però l’idea di essere in diretta sul web e ci siamo ritrovati oltre novemila persone a seguirci. Significa che c’è grande sensibilità in tanti che, riscoprendo la loro identità di popolari, ovunque fossero stati collocati in passato».
Il timore è che sia un ennesimo tentativo di “scongelare” quel che resta della Dc.
«Ovviamente non si vuole rinverdire la Democrazia Cristiana, ma più verosimilmente vogliamo occupare con questa aggregazione di vari comitati, sorti in varie regioni d’Italia, per occupare un’area di centro che nelle prossime occasioni politiche può essere spendibile».
E su Salerno che riscontro c’è stato?
«Visto che ho rapporti non quotidiani, ma quasi, con Aniello Salzano, l’ho invitato. Sapendo bene che lui è orientato un po’ diversamente, ma dentro di sè ha una radice post-democristiana. Aniello ha invitato a sua volta Barbara Figliolia, che ho avuto onore e piacere di vedere presente».
Quindi i due percorsi si uniranno.
«Popolari e moderati è un’altra storia, con una sua presenza salernitana e con alcune persone che animano questa cosa e che hanno avuto la possibilità di esprimere anche una presenza in consiglio comunale con la preside Figliolia».
Nel Pd come la prenderanno?
«Siccome ho lasciato il Pd devo impiccarmi? Sono nato nella politica e continuo ad essere in politica, anche senza il Pd. Il Pd aveva lasciato me da 10 anni a questa parte, ha deciso di fare a meno di chi ha i voti. Ma sono fuori dal Pd dal 18 agosto. Non devo chiedere il permesso al Pd né a nessuno per fare incontri con amici. Per me il valore della libertà e dell’autonomia è inequivocabile. Sono stato fuori dal coro anche quando ero nel Pd, ma ho servito il Pd e non me ne sono mai servito. Anzi, quando mi si imputa che l’ho fatto è stato solo perché a parlare sono stati i voti delle persone».
Quindi nessun progetto politico di lunga gittata per la città di Salerno.
«Per il momento a Salerno non è previsto proprio nulla. Ho invitato alcuni salernitani da città e provincia, ma non c’è altro. Ci stiamo muovendo in chiave regionale, per questo ci troviamo a Napoli. In questo momento non c’è nulla che riguardi le persone e gli impegni degli individui: c’è una cosa che nasce sul piano regionale, che è quella da me definita».
C’è chi auspicherebbe un nuovo Andria vs De Luca.
«Ma nemmeno per idea. Ci sono stato 17 anni fa contro De Luca, mica possiamo avere questo torcicollo? Nel frattempo ho fatto 10 campagne elettorali a favore di De Luca, e questo lo sanno tutti, anche se qualcuno finge di dimenticarlo. E quello che lo sa meglio di tutti è proprio De Luca, che lo ha sempre riconosciuto in pubblico in passato. Oggi forse è un po’ diverso».
Stando alle ultime elezioni Politiche, pare che l’ultimo embrione della Dc fosse tra le mani di Mastella. Non è più così?
«Io sono amico di Clemente Mastella perché l’ho conosciuto quando aveva 14 anni. Lui non è depositario di nulla, se non di una presenza politica autorevole che ha saputo esercitare, anche come portavoce di De Mita o da sindaco di Benevento o da ministro della difesa. Ha un bel cursus honorum ma non ha esclusiva alcuna. Anzi, noi vogliamo fare anche questo: non ho avuto ancora occasione di parlare con Mastella se non durante la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum. Nessuno, a danno di altri, rappresenta in modo esclusivo una tradizione, una cultura. Anzi, fortunatamente ce ne sono tanti. Il tentativo è di mettere insieme tutti coloro che abbiano questo denominatore comune. Noi siamo molto embrionali ma altrettanto identitari: la nostra identità è popolare, per questa radice cattolica interpretata da una tradizione di popolari in tutte le stagioni. Ci auguriamo che ci sia uno spazio da occupare, vogliamo farlo, ma senza velleità».