Il diciottenne strumentista pupillo di Giovanni De Falco si è diplomato al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli
Spietatezza tecnica, crudele perfezione apollinea, suono dall’estremo dinamismo, ma che sa essere seducente e fragile, quanto cerebrale, sono questi gli elementi che già caratterizzano il clarinetto di Andrea Caputo. Non desideriamo spulciare dal curriculum che lo ha visto affermarsi in diversi concorsi internazionali, da solista e in formazione, ma ci fidiamo unicamente di quanto abbiamo ascoltato nell’agone performativo di qualche suo concerto qui in città. L’appena diciottenne Andrea Caputo, iscritto anche alla facoltà di Chimica e Tecnologia Farmaceutiche dell’Ateneo salernitano, ha conseguito il diploma in clarinetto con lode, coronando un percorso che lo ha visto protagonista assieme al suo maestro Giovanni De Falco, prima nel conservatorio “G.Martucci” di Salerno, quindi nello storico San Pietro a Majella di Napoli. In duo con la pianista Sabina Mauro, Andrea Caputo ha eseguito il concerto obbligato per clarinetto di Carl Maria Von Weber in Mi bemolle minore n°2 op.74, cui ha donato una lettura di spigliata eleganza cantabile, nobiltà di accenti in perfetto dialogo con il pianoforte e spirito frizzante e cavalieresco nella polacca finale. Passaggio al clarinetto in la per un brano di raro ascolto, il concerto op.57 di Carl August Nielsen che riflette molte delle influenze ricevute dalla tradizione musicale russa e dalla musica atonale tedesca della seconda scuola di Vienna di Arnold Schoenberg. Il suo stile molto particolare si riflette nel ruolo del clarinetto in una pagina le cui quattro sezioni sono legate in un unico movimento sviluppato attraverso un nuovo uso della tonalità nel delicato momento storico in cui veniva abbandonata per lasciare spazio alla completa atonalità. Andrea Caputo ha approfondito questo aspetto evidenziandolo con un suono adatto al segno di Nielsen esuberante e mutevole. Marasco e Stark i due studi tecnici eseguiti magistralmente e con tecnica “spinta” verso un virtuosismo mai vuoto, secondo i dettami della scuola di fiati della nostra tradizione, brano da preparare in tre ore Geza Frid Rhapsody on Dutch Folks Songs op. 42, la prova di concertazione in 24 ore che ha salutato la riflessione sul Mozart massone ospite dell’illuminato barone Nikolaus Joseph von Jacquin e la predilezione per i timbri ambrati del clarinetto, e del suo più fascinoso cugino, corno bassetto, con il divertimento n°4 dell’op.439b per due clarinetti in Si Bemolle e clarinetto basso, il trasporto e qualche domanda sulla storia, il repertorio e la costruzione del clarinetto. Una giornata che ha racchiuso sette anni di studio feracemente spesi, prima piccola tappa di un lunghissimo percorso, iniziato con il plauso della commissione presieduta dal vicedirettore maestro Guido Varchetta, del commissario esterno maestro Antonio Orabona, insieme ai docenti di clarinetto: Giovanni De Falco, Agostino Noviello e Gaetano Russo, e del pubblico, tra cui i clarinettisti Raffaele Evangelista e Salvatore Angrisani unitamente a tanti altri docenti di altre discipline musicali. (o.c.).