Alfonso Gatto: il poeta che amava la Salernitana «Comincerei col toglierle questo nome da femmina» - Le Cronache
Salerno

Alfonso Gatto: il poeta che amava la Salernitana «Comincerei col toglierle questo nome da femmina»

Alfonso Gatto: il poeta che amava la Salernitana  «Comincerei col toglierle questo nome da femmina»

di Orlando Santoro
Se poi fra palazzi e cenci
Parole e frasi troverai,
con i tuoi occhi ed il cuor sorriderai.
Senza ombre, ma pitture e poesie,
Il buio diventa luce, nei vicoli e nelle vie.
Il vento del mare, il rumore dei drappi,
fra strade strette ed antichi palazzi.
Meravigliosa aurora ed incantevole Tramonto,
Resti Tu Salerno, il mio Mondo.
Con questo mio personale sonetto, voglio ricordare con piacere immenso il poeta Gatto, che attraverso le sue rime ermetiche ha portato alto il valore, la cultura e l’emozione, della poesia.
Alfonso Gatto era un tifoso, amava il calcio, il ciclismo e la sua penna ci racconta anche della squadra della città, dove lui nacque: La Salernitana.
Scolpita nel tempo, come un’incisione che non si cancella sull’ideale pietra della tradizione. E’ la storia di un nome che racconta passione, imprese, sconfitte, e generazioni di persone che vi si sono identificate. La chiamarono Salernitana, e neppure l’autorevole proposta di uno dei più nobili esponenti cui questa città diede i natali bastò per segnare una rottura con il passato. Quell’uomo era Alfonso Gatto, “il Poeta”, ed a rileggerlo oggi regala una lezione di storia contemporanea del calcio salernitano che col passar degli anni di distanza dalle date dei suoi scritti, ritrova un’attinenza con l’attualità da far stropicciare gli occhi. A spasso nel tempo, sino al 25 luglio 1975. Quel giorno Gatto scriveva: “Voglio restare in casa mia per dirvi che la Salernitana, antica gloria minorile del Sud, stretta tra un Napoli da scudetto e un Avellino ancora più verde di promesse, cerca un presidente fra i molti che si dicono pronti a rilevarla e a rimetterla nell’orbita delle grandi. Nel circolo dei pochi amici che ho, un club di riservata ironia, quale è «Il Catalogo»‚ di Lelio Schiavone, figlio di quel Matteo che ebbe sulle ginocchia la Salernitana bambina, io mi trovai a dire l’altra sera: «Comincerei col toglierle questo nome da femmina…». Ci fu un grande silenzio. Solo allora pensai che la Juventus è femmina, vestita da signora, che la Fiorentina lo è pure, violetta gentile. Finì nel ridere di tutti il mio tentativo di battesimo”.
E’ uno stralcio d’un articolo intitolato “Aria del Sud”, un inno alla salernitanità per il Poeta che della prosa sportiva fece una passione non secondaria, anche se in gran parte oscurata dai posteri, prima dell’eccezionale lavoro di recupero del nipote, Filippo Trotta, che anni fa raccolse quei capolavori giornalistici nel libro “Palla al balzo”. Già, perché Gatto di sport ne ha raccontato eccome per la stampa quotidiana cui prestò la sua penna da fuoriclasse: tanto ciclismo, tra Giro e Tour, però anche calcio. E quindi pure quella squadra che decantò con impareggiabile stile in un articolo dal titolo che parlava da sé: “Voglio bene alla serie C”. “Io in serie C sono nato, cresciuto e pasciuto, come si dice – scriveva il Poeta ancora in quel 1975, il 24 settembre – e non ho mai dubitato che, a parlare di noi laggiù, e della nostra squadra femmina e popolana, era l’Italia tutta che dalla provincia e dalle piccole città ancora ignote traeva, al meglio dei suoi frutti, il buon seme della speranza e dell’orgoglio. La Salernitana, che poi arrivò persino al salotto dei «Grandi», ebbe in una piazza d’armi, arata sempre nella sua polvere dai soldati in marcia, il primo campo, in attesa che il vecchio cimitero spedisse altrove i suoi morti (…) Per diritto di nascita io voglio bene alla mia serie C, agli eroi di casa.
Gli «eroi» della mia vecchia Salernitana di un tempo hanno anch’essi il proprio libro d’oro stretto tra le mani dell’Evangelista che sta a guardia della città, quel gabelliere Matteo che non lasciava mai passar il contrabbando e la frode, né mai gabbava per oro fino le chincagliere dell’orgoglio, come accadeva nelle grandi città, ormai drogate dal «potere»”.
Sembra cronaca di ieri l’altro. E’ storia di poco meno che mezzo secondo fa. Storia di un amore, di Alfonso Gatto per la propria squadra, ch’era la lente d’ingrandimento dell’attaccamento alla città: “Sono venuto a Salerno – di nuovo il Poeta in “Aria del Sud” – a risciacquare i miei panni nell’Irno. No, non ho sbagliato: l’Irno è l’Irno e l’Arno è l’Arno, e su queste rive ho appreso la mia bella lingua che non ha nulla per antica nobiltà da invidiare al toscano”. Anche “a quel fiumicello natio che sbocca in mare ai confini della vecchia città”, Gatto aveva pensato prima di quel “tentativo di battesimo”. “I vecchi fondatori della Salernitana, da Matteo Schiavone a Onesti, mai pensarono di dare alla propria squadra che andava nascendo il bel nome dell’Irno”. Così che poi anche lui si arrese all’idea che quella storia, chiamata Salernitana e già scolpita nel tempo, non potesse essere cambiata…
L’ironia di Gatto, colui che amò Salerno e la Salernitana.