Avvocato cassazionista, sindaco di Capaccio-Paestum, ex capo segreteria di De Luca in Regione, presidente della Provincia. Franco Alfieri, 59 anni, considerato da sempre tra i notabili del Pd in Campania. Alfieri, in passato primo cittadino a Torchiara e Agropoli, sempre nel Salernitano, dal 2019 guida il Comune di Capaccio-Paestum, carica alla quale è stato rieletto nel giugno scorso con più dell’87 per cento dei consensi. Ma a farlo finire sotto i riflettori della politica nazionale fu, otto anni fa, una battuta del governatore Vincenzo De Luca, che provocò persino l’apertura di una inchiesta per istigazione al voto di scambio, poi archiviata. E’ il 15 novembre 2016, in piena campagna referendaria per la riforma costituzionale di Renzi. Il presidente della Regione si spende per il sì e incontra in un albergo alcune centinaia di amministratori locali per spingerli a darsi da fare. In prima fila c’è Alfieri, all’epoca primo cittadino di Agropoli: «Ecco, l’impegno di Alfieri sarà di portare a votare la metà dei suoi concittadini. Li voglio vedere in blocco, armati, con le bandiere andare alle urne a votare il sì. Franco, vedi tu come devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come vuoi tu». Una manina invisibile registra tutto, il discorso finisce sui giornali. Scalpore, polemiche, l’inchiesta. Il tutto fu così ricordato dal governatore: «Vidi seduto in prima fila il mio amico sindaco di Agropoli: tra amici ci sfottevamo, gli dissi “vecchio marpione clientelare portali al ristorante, offri una frittura”. Scatta l’indagine per voto di scambio, questo è un Paese in cui dobbiamo riaprire i manicomi». Ma la questione delle fritture non ha scalfito il peso politico di Alfieri, così come un altro episodio, quello delle ambulanze che percorrevano a sirene spiegate il centro di Paestum, a quanto pare per festeggiare la sua prima elezione a sindaco, nel 2019. Nell’inchiesta sugli appalti sono coinvolte altre cinque persone, tra cui la sorella di Alfieri, Elvira, finita ai domiciliari, e due esponenti dell’azienda Dervit, vincitrice degli appalti per l’illuminazione che la procura ritiene pilotati.
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