di Carmine LANDI
BATTIPAGLIA. Dal primo di aprile si passa a Sesa: il verdetto dell’incontro che s’è tenuto ieri mattina al Ministero dello Sviluppo Economico tra i lavoratori Alcatel-Lucent, i vertici della multinazionale e dell’azienda capitolina “Sesa-Nv Group”, le sigle sindacali, i rappresentanti delle istituzioni regionali e il funzionario del MiSE, Giampietro Castano– lo stesso che si occupa della vertenza Btp Tecno – , è acremente perentorio.
In accordo con lo Shift Plan, il piano triennale di A-Lu che che, tra il 2013 e il 2015, prevede la fuoriuscita di 586 dipendenti in tutta Italia e la chiusura di tutti gli stabilimenti periferici – in Italia resteranno soltanto gli uffici tecnici di Roma e Vimercate e la fabbrica di Trieste –, porterà 29 uomini alla Sesa: 18 sono i lavoratori dell’impianto di via Bosco I, 2 quelli del capannone di Vimercate e 9 gli operai del sito di Roma.
A Battipaglia, come a Vimercate e a Roma, Sesa fitterà dei locali, all’interno dei quali, in seguito alla cessione del ramo d’azienda, gli ex-Alcatel prenderanno a lavorare con la casacca della ditta capitolina: un trasferimento che fa paura, considerando che nel 2013, a fronte dei primi licenziamenti, 38 persone – tra cui 3 battipagliesi – passarono a lavorare per la Sesa per poi ritrovarsi, dopo neppure 12 mesi, a dover avviare le procedure di cassa integrazione.
Non son di molto più rosee le prospettive dei prossimi 29, dal momento che, a fronte dell’unico anno di attività garantite che A-LU cedette a Sesa nel 2013, stavolta le commesse assicurate son sì di tre anni, ma sono comunque in decalage, ossia con percentuali di lavoro che decresceranno di anno in anno. Ma stavolta Sesa eviterà di avviare procedure per gli ammortizzatori sociali? «Da qui a tre anni – avrebbero dichiarato i capitolini – non possiamo garantirvelo».
Il sogno di Nicola Rosamilia (Fim Cisl) e di Francesco De Rosa (Fiom Cgil) era di addivenire a un patto territoriale quinquennale, come quello che coinvolse i 256 dipendenti A-LU del Nord-Italia che, grazie alle istituzioni regionali – in particolare la Lombardia – passarono alla “Siae Microelettronica” forti di 5 anni di garanzia e di una potente partnership che si venne così a creare tra la SM e Alcatel: i vertici della multinazionale, tuttavia, hanno opposto ai lavoratori battipagliesi un netto diniego.
Si passa, inoltre, da un contratto di tipo metalmeccanico a uno di tipo commerciale, con quest’ultima tipologia che è considerata meno favorevole rispetto alla prima per quel che riguarda ferie, malattie et similia.
Ora, tra i lavoratori, aleggia un comprensibile pessimismo: «speravamo – ha dichiarato Rosamilia ai nostri taccuini – di avere un po’ di tempo in più prima della perentoria cessione e di riuscire a strappare qualche altro anno di garanzia».
Venerdì 20, sempre al MiSE, ci sarà un altro incontro, che servirà ad illustrare i caratteri più tecnici della cessione, mentre una settimana dopo, il 27, ci sarà l’incontro finale in cui si dovrebbe addivenire a un concordato: saranno i lavoratori, naturalmente, a decidere se firmare o meno. Tuttavia, non apporre la propria sigla al concordato non eviterà di certo la cessione: sottoscrivere l’accordo, d’altronde, consente di avere una tutela ministeriale e delle verifiche semestrali.
E la Regione Campania ha partecipato all’incontro? Certo. Con un funzionario.