Fa molto discutere in città l’ammissione del sindaco di Agropoli Roberto Antonio Mutalipassi per quanto riguarda l’antiquarium. Dopo il totale silenzio di chi amministra rispetto alle interrogazioni del consigliere Raffaele Pesce, il primo cittadino si è espresso sulla situazione del museo. Incalzato, Mutalipassi ha ammesso che dalla struttura sono stati sottratti ben dodici reperti tra cui un’anfora etrusca ma lui stesso ha detto di non ricordare “analiticamente” quali fossero gli altri oggetti spariti.
Altra grave ammissione è quella secondo la quale il museo fosse sprovvisto di telecamere, servizio di allarme e antincendio, deduzione quest’ultima che si può fare perché da Mutalipassi si appura che il palazzo che ospita l’antiquarium è attualmente chiuso, motivo per cui non si concede l’accesso al consigliere di “Liberi e Forti”, e sarà oggetto di interventi tra cui la messa in opera di tali servizi. Qualora fossero già presenti, non ci sarebbe bisogno di installarli e quindi si concretizzano due opzioni: o tali sistemi di sicurezza erano già assenti oppure si sono danneggiati e dunque non funzionanti.
Questa seconda ipotesi fa pensare ad una grave mancanza di manutenzione. Facendo un piccolo passo indietro, però, si può fare una ricostruzione: a marzo , causa pandemia, il museo venne chiuso. Da allora ad oggi non si sa chi avesse le chiavi, chi avesse avuto accesso alla struttura, quando e come siano avvenuti i furti. Per circa due anni, il sindaco è stato Adamo Coppola ed è lui che potrebbe sapere qualcosa anche se ormai è un anno che Mutalipassi è alla guida di Agropoli e i risultati, giusto dirlo, si vedono tutti.
Quanto accaduto al museo è la perfetta concretizzazione della gestione politica che nel Cilento vige da anni e che ad Agropoli trova la sua massima espressione tra superficialità ed improvvisazione, da un sindaco che dice di non aver parlato della vicenda perché “noi non facciamo proclami” all’assessore, famoso in città per la bravura nell’organizzare feste di compleanno e per la sua passeggiata in compagnia di un ex calciatore in città dopo l’alluvione dello scorso novembre, parla di archeoturismo per poi dimenticare il museo archeologico.
Gli agropolesi, però, stanno prendendo coscienza dello stato delle cose, grazie anche all’impegno di Pesce e della stampa, o almeno di una parte di essa. Molti cittadini stanno protestando sui social e il coro unanime di richiesta di verità è sempre più forte perché è ormai palese come la storia di Agropoli sia stata violentata fin nelle sue radici sia con i fatti che, soprattutto, con le parole. «Siamo fiduciosi – ha dichiarato il sindaco – di ritrovare al più presto i reperti trafugati». Ma perché continuano i silenzi? Chi aveva le chiavi? Come è stato possibile che i furti si siano consumati? Chi doveva controllare e non lo ha fatto? Perché si parla di attirare in città turisti se poi si permette tutto ciò? A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina…