Centrale del latte, pronti allo sciopero - Le Cronache
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Centrale del latte, pronti allo sciopero

Centrale del latte, pronti allo sciopero

di Marta Naddei La Centrale del Latte non si tocca. Sono pronti a fare anche le barricate. Sono pronti a tutti i dipendenti della storica partecipata del Comune di Salerno, ormai a pochi passi dalla privatizzazione. Nonostante le rinunce dei tre colossi Parmalat, Granarolo e Yma, l’attenzione resta molto alta sotto tutti i fronti. Così, dopo aver annunciato un nuovo ricorso al Tar tramite i legali Agosto e Claps, ora, sotto la tutela dei sindacati, sono pronti a scioperare pur di fermare la procedura di vendita. Ad annunciare azioni concrete a tutela della Centrale del Latte sono proprio le organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Flai Cgil, Fai Cisl e UilaUil) che tramite un volantino unitario hanno firmato la “dichiarazione di guerra”. Troppe sono state le promesse non mantenute dal sindaco Vincenzo De Luca in merito al destino dell’azienda di via Monticelli e che si sono susseguite nel corso degli anni e dei mesi. A partire dalle campagne elettorali per finire poi alle rassicurazioni e garanzie fornite nel corso della riunione con i dipendenti dell’azienda l’8 aprile dello scorso anno – affermano con forza le parti sociali – «Il signor sindaco rassicurò tutti che in caso di rielezione la Centrale del Latte, gioiello di famiglia, mai sarebbe caduta in mani altrui». Insomma, l’esatto opposto della storia recente. Eppure, tutti i numeri sono dalla parte della Centrale del Latte: utili per 600mila euro, 2.500.000 euro finiti nelle casse dell’amministrazione comunale tra il 2012 ed il 2013 «utilizzati per finalità non note ed inficiando di fatto qualsiasi possibile sviluppo industriale dell’azienda» – specificano i sindacati nel loro volantino – trend di vendita di tutto rispetto, migliori rispetto a quelli degli stessi colossi che avrebbero voluto acquisire l’azienda salernitana (con un incremento di circa il 3% negli ultimi 2 mesi), espansione della distribuzione nei territori di Caserta e Avellino, un indotto che coinvolge mille famiglie. Alla luce di questi dati, si chiedono le organizzazioni sindacali, «perché vendere la Centrale? Il futuro del “gioiello di famiglia” non può essere gestito con leggerezza esclusivamente per la precisa esigenza di realizzare un introito da destinare alle casse comunali, per puntellare un claudicante bilancio».