di Pina Ferro
Ingiusta detenzione, lo Stato ha sborsato 800 milioni di euro per risarcire c ittadini privati ingiustamente della libertà personale. Un dato allarmante venuto fuori ieri mattina, nel corso dell’incontro convocato dal garante dei detenuti Samuele Ciambriello. L’occasione era quella di presentare, per la prima volta in assoluto, la relazione annuale sulle condizioni delle case circondariali campane. Ovviamente, i dati sono riferiti al 2018. Sicuramente, quello che viene fuori dal dossier è un quadro tuttaltro che rassicurante. In particolare per la provincia di Salerno dove a vivere le condizioni peggiori è sicuramente il penitenziario di “Caputo” di Salerno. I dati sono stati presentati e commentati alla presenza del direttore del carcere di Salerno Rita Romano, del responsabile del Tribunale di Sorveglianza, del magistrato Rocco Alfano e del presidente del Tribunale per i minori. Dal 1990 a oggi, in tutt’Italia, 16.000 italiani hanno ricevuto più di 800 milioni di euro per aver subito ingiusta detenzione. Nel carcere di Fuorni però, come nel resto delle carceri della Campania, il problema principale resta il sovraffollamento. A Salerno sono ristrette 120 persone oltre il numero regolamentare. E poi ci sono i suicidi. Nelle carceri campane si è assistito al suicidio di 11 detenuti: tutti uomini tranne un unica donna di 44 anni che si è tolta la vita nel carcere di Salerno. «L’azienda carcere è fallita perchè l’80% vive la recidiva. Ho chiesto la chiusura del padiglione tossicodipendenti a Salerno in quanto è inivibile, così come ho chiesto la chiusura della szione femminile. Il padiglione che ospita i tossicodipendenti è in condizioni disumane». Il problema principale nel carcere di Salerno è rappresentato dal sovraffollamento: 488 detenuti presenti a fronte dei 370 posti regolamentari. Sottostimata invece la presenza delle divise: su 243 agenti previsti ne sono presenti solo 218. Nel corso della presentazione della relazione è stato toccato anche il tema dell’inserimento nelle attività lavorative dei detenuti. Bene solamente un terzo dei detenuti presenti a Fuorni è inserito nelle attività di lavoro. Ovviamente, così come sottolineato non tutti i detenuti hanno la volontà di una rottura con la vita delinquenziale, non vogliono essere rieducati. «Il lavoro e l’autonomia reddituale rappresenta il motivo concreto della censura con la vita illegale; il lavoro decostruisce i rapporti di potere tra i detenuti, mi riferisco non per forza a rapporti di tipo patologico – associativo ma a quelle dinamiche di potere che in tutte le comunità umane si sviluppano: l’autonomia reddituale indebolisce le posizioni di potere». Pochi anche gli educatori, solo 7. Così come i medici presenti.