Il sesto appuntamento della IV edizione dei Concerti in Luci d’Artista, che si terrà stasera, alle ore 20, nella Sala San Tommaso del Duomo di Salerno, è stato affidato al giovane pianista Alessandro Amendola
Di OLGA CHIEFFI
Giro di boa per i “Concerti in Luci d’Artista”, la rassegna musicale ideata da Antonia Willburger e che da quattro anni trasforma alcuni dei luoghi simbolo della città in piccoli auditorium della musica. L’evento organizzato dal Cta di Salerno con il contributo del Comune di Salerno, si trasferirà per due giorni nella Sala San Tommaso del Duomo di Salerno. Il VI appuntamento in cartellone, previsto per stasera alle ore 20 è stato affidato al pianista Alessandro Amendola, allievo del M° Giuseppe Squitieri, il quale proporrà un concerto monografico, dedicato interamente a Sergej Rachmaninov. La prima parte della serata vedrà l’esecuzione dei dieci preludi op.23 composti da Sergej Rachmaninov trentenne nel segno di Chopin, ma senza l’intenzione di seguirne l’esempio, quanto semmai di rivelarne l’influenza. E che Rachmaninov avesse studiato con passione i lavori del musicista polacco ce lo dicono anche le Variazioni op. 22 sul ventesimo preludio di Chopin (a cui aveva sacrificato anche Busoni, ma vent’anni avanti). Ma, diversamente da quanto aveva fatto Skrjabin con i suoi Preludi op. 11, a Rachmaninov, in quel momento, interessava la formula del preludio come qualcosa che si condensa in folgorazioni e notturni, roventi cascate di note e di arpeggi, che restituiscono tutti i colori del sentimento e le accensioni di un pianismo trascendentale, estroverso e teatrale. Nel n. 1 (Largo in fa diesis minore) il tema frammentato affidato alla mano destra si intreccia con la melodia della sinistra offuscata dall’accompagnamento per quartine; Nel secondo (Maestoso in si bemolle maggiore) continui arpeggi della mano sinistra coprono quasi metà della tastiera e, in mezzo a cascate di note dall’acuto al grave, emergono i temi principali, nel n. 3 (Tempo di minuetto in re minore) la scrittura per grandi accordi rimanda alle sonorità dei cori russi; l’armonia è piuttosto originale e l’assenza di “arabeschi” strumentali permette di assaporarne tutte le sfumature. Nel n. 4 (Andante cantabile in re maggiore) sembra di sentire l’eco di Chopin grazie all’idea, tutta classica, di affidare il canto alla mano destra e l’accompagnamento alla sinistra, il n. 5 (Alla marcia in sol minore) è forse il più famoso dei dieci, non solo per il tipo di scrittura pianistica molto robusta (con accordi fitti e ribattuti e forti accenti sul tempo debole della battuta), ma soprattutto per il modo in cui è costruito, tipico di Rachmaninov. La composizione segue, infatti una curva espressiva nella quale l’elemento iniziale (eroico e baldanzoso) viene ripetuto ossessivamente in un crescendo dinamico pieno di energia, interrotto da una parte centrale più cantabile. Nel n. 6 (Andante in mi bemolle maggiore) si intrecciano due linee melodiche, una con note veloci alla mano sinistra, l’altra con note lente affidate alla destra. Si annulla così il principio del “canto e accompagnamento” grazie al sottile gioco di rifrazioni tra regione grave ed acuta della tastiera. Il n. 7 (Allegro in do minore) è tra i più difficili tecnicamente e richiede una grande scioltezza e leggerezza delle mani: l’indicazione metronomica prescrive l’esecuzione di più di otto note al secondo, una richiesta plausibile se si trattasse di note vicine, ma in questo caso le note sono spesso lontane e apparentemente impossibili da raggiungere. Il n° 8, in la bemolle maggiore, ricorda il 19 preludio dell’opera 28 chopiniana, una pagina di figurazioni spezzate, di estrema difficoltà tecnica ma in un climax di rilassato lirismo. Il IX in Mi bemolle minore, è cromatico, propulsivo e straordinariamente difficile, probabilmente il meno prezioso, musicalmente, mentre il Prélude finale, in Sol Bemolle maggiore è il più breve e semplice, una raffinata elegia, meravigliosamente melodica. La seconda parte del programma sarà inaugurata dal quinto degli Etudes Tableaux op.39, in Mi bemolle Minore il più grande studio che sembra assomigliare in realtà a una forma di Sonata in miniatura, presenta una trama molto densa con lunghe linee melodiche. Finale con la sonata n°2 in Si Bemolle minore op.36, concepita nel 1913 e rivista nel 1931. Articolata in tre movimenti che si succedono senza soluzione di continuità, la Sonata inizia con un appassionato Allegro agitato in cui attraverso una scrittura altamente virtuosistica e servendosi del contrasto fra le atmosfere espressive dei due temi principali Rachmaninov dà vita a una pagina intensa ed emozionante. Sette battute di Non allegro introducono direttamente all’incantevole Lento centrale, la cui malinconica melodia in 12/8 – che poi si va via via, animando e gonfiando nel corso di una serie di variazioni dai toni, distesi e misurati, Il ritorno delle sette battute di transizione (L’istesso tempo) prelude all’esplosione dell’Allegro molto finale, in cui la Sonata ritrova lo slancio impetuoso del movimento d’apertura ma in un contesto espressivo sempre più brioso e positivo, fino alle trionfali pagine conclusive in tonalità maggiore.