Erika Noschese
«Gli uomini possono cambiare». Esordisce così lo psicologo Fabio Martino, presidente dell’associazione A Voce Alta, unica onlus a livello locale e regionale che si occupa prettamente di uomini maltrattanti e uomini maltrattati. Una donna su tre è vittima di violenza da parte del suo compagno ma i dati sembrano essere anche più allarmanti perchè sono sempre troppo poche le donne che decidono di denunciare le violenze che subiscono dai loro mariti, fidanzati o compagni. L’associazione A Voce Alta nasce nel 2012 perchè, guardando al problema della violenza di genere, tutti guardassero alla donna e nessuno a chi commette la violenza. Da qui, nasce l’associazione che ha come obiettivo specifico l’uomo maltrattante, autore di violenza nei confronti della sua compagna, moglie o fidanzata. Due le strade che segue la onlus: prevenzione e sensibilizzazione attraverso congressi e incontri nelle scuole per intercettare i primi segnali di violenza come potrebbe essere il bullismo e lo sportello Time Out, presso l’Asl di Pontecagnano, dove ci sono assistenti sociali, psichiatri ed altre figure specifiche che si occ u p a n o dapprima della presa in carico, con conseguente valutazione, e poi si lavora sul paziente. Il tutto è stato reso possibile grazie ad una rete di associazioni che ha portato, nel 2016, ad un protocollo d’intesa e, successivamente, all’apertura dello sportello operativo che si occupa dell’uomo che maltratta non attraverso una psicoterapia vera e propria ma si basa su un protocollo d’intervento, già in funzione da circa 40 anni in Europa, che porterebbe l’uomo a prendere coscienza del suo errato comportamento e, di conseguenza, cambiare. Il primo obiettivo di Time Out è interrompere la violenza.
Ma chi lancia l’sos?
«Il protocollo prevede che l’uomo arrivi spontaneamente ma da un punto di vista pratico non succede spesso. Il più delle volte, allo sportello Time Out arrivano segnalazioni da parte degli assistenti sociali o, caso più comune, sono le donne che chiedono aiuto per il comportamento dei loro mariti. Dopo alcuni colloqui iniziali, si decide se il maltrattante può essere inserito nel “programma di recupero”. La violenza sulle donne è un tema ancora troppo attuale. Tanti, troppi sono i casi che si registrano ancora oggi eppure sempre più spesso sono proprio le donne a non ribellarsi e continuano a vivere una relazione distruttiva soprattutto a livello psicologico».
Quanti sono gli uomini di cui l’associazione si sta attualmente occupando?
«In questo momento, le prese in carico sono otto dunque non tutti trattamenti avviati ma in fase di valutazione mentre tre sono i maltrattanti che hanno già intrapreso il percorso di trattamento. Circa 17, in totale: alcuni conclusi con successi mentre altri hanno lasciato il percorso a metà strada».
Ma sono più i casi di uomini che concludono il percorso o che abbandonano prima?
«Il “successo” della terapia è dato dal fatto che l’uomo non solo interrompa la violenza ma che comprenda anche le motivazioni e in ultimo lo sviluppo della capacità empatica che porterebbe l’uomo a comprendere il dolore che ha procurato nella sua compagna. In un caso specifico, inoltre, il maltrattante non solo ha compreso i suoi errori ma è riuscito anche ad accettare serenamente la separazione».
Le donne tendono a perdonare gli uomini violenti?
«Il ciclo della violenza è tipico: si ripete costantemente. La donna perdona perchè culturalmente le viene insegnato il perdono, la rinuncia a sé, l’amore come sacrificio e scambia la violenza come amore».