Peppe Rinaldi
Avrebbero gestito i fondi dell’Asl destinati ai centri convenzionati dalla Regione Campania e regolati dalla disciplina dei “tetti di spesa” a proprio piacimento, ricavandone vantaggi personali e arrecando, di conseguenza, danni alla pubblica amministrazione in parte già quantificati. In più avrebbero consentito ad alcuni tra i diversi centri di riabilitazione individuati di fare il bello e il cattivo tempo facendo risultare come avvenute prestazioni terapeutiche su pazienti disabili in realtà mai erogate. E, ancora, avrebbero spalancato le porte al mercato dei decreti ingiuntivi contro l’Asl (uno dei «mestieri più antichi» nelle aziende sanitarie) concordando con i titolari di presunti e/o fasulli crediti di non farvi opposizione in tribunale, aggirando così gli ostacoli della legittimazione ad agire ed incassare montagne di danaro che venivano poi in parte retrocesse a chi favoriva questo andazzo. E’ questo, in estrema sintesi, il quadro prospettato dal sostituto procuratore Silvio Marco Guarriello nell’ambito del procedimento penale 10628/15 nei confronti di 34 persone che a breve saranno raggiunte da un voluminoso avviso di conclusione di indagini. Indagini con i controfiocchi stavolta, almeno a prima vista, svolte dal nucleo di polizia tributaria, coordinate dal tenente colonnello Renato Serreli, il capitano Diana Campanella ed i sottufficiali Giovanni Caruso, Vincenzo Brucale, Giuseppe La Barbera e Gianluca Andaloro. Un lavoro certosino e capillare durato oltre due anni e che, a quanto è dato di capire da una prima visione degli atti, sembra aver individuato uno dei mali principali della gestione della sanità sul territorio: interessante sarà capire, alla luce di tutto ciò, che tipo di decisioni il governatore De Luca dovrà necessariamente prendere al riguardo visto il suo ruolo, politico e gestionale, dell’intero comparto. Vedremo.
Figure centrali dell’indagine sono risultate due figure dirigenziali di “peso” negli uffici di via Nizza: Maria Anna Fiocco, direttore del Servizio economico-finanziario e Antonia Scaramuzza, prima dirigente della Programmazione e controllo committenza ed oggi responsabile del settore Sistema Informativo dell’Asl: in pratica i due nuclei centrali attorno ai quali orbitano i soldi, tanti soldi, che la regione invia all’Asl di Salerno da distribuire poi alle singole strutture sulla base dei famosi “tetti di spesa” (cioè il limite massimo utilizzabile assegnato a chi eroga il servizio al posto del pubblico). Insieme a Scaramuzza e Fiocco risultano indagati anche i vertici dell’azienda sanitaria, attuali e precedenti, altri funzionari Asl più i titolari di diversi centri convenzionati che a vario titolo hanno –avrebbero- beneficiato del sistema (l’elenco completo lo pubblicheremo nei prossimi giorni): un sistema che consisteva prioritariamente nel taglio discrezionale del budget a strutture che ne avevano titolo accantonando così risorse sul cui utilizzo gli stessi indagati non sono stati in grado di fornire spiegazioni credibili.
Le ipotesi di reato sono oltre una decina, le principali sono truffa aggravata in danno dello stato, abuso d’ufficio in concorso e peculato. Non è escluso che alla fine scatti anche l’art.416, cioè l’associazione a delinquere. I fatti contestati vanno dal 2012 ad oggi. Cuore dell’indagine sono state inizialmente sei delibere adottate per un importo di circa 11 milioni e mezzo di euro (ma il volume sarebbe ancora molto più alto) gestiti “in allegria” dagli indagati e finiti chissà dove e come. Dagli atti di indagine è emerso, tra l’altro, l’acquisto di un immobile di proprietà della dottoressa Scaramuzza da parte di una titolare di una struttura accreditata per circa 600mila euro, somma anche individuata tramite accertamenti bancari: interrogata nelle scorse settimane la donna avrebbe ammesso la compravendita dichiarando che la casa le sarebbe costata più del valore reale, circostanza che allarmerebbe qualsiasi inquirente.