Erika Noschese
Ancora un caso di femminicidio, in Campania. A fare da scenario all’ennesima tragedia di una morte annunciata è, stavolta, Terzigno, in provincia di Napoli. La vittima si chiamava Immacolata Villani, 31enne originaria di Boscoreale. La donna è stata freddata con un colpo di pistola davanti ad una scuola elementare di Terzigno, nel napoletano, nel quartiere di Boccia al Mauro, dopo aver accompagnato i figli a scuola, alle 8.20 del mattino. Ad averla uccisa, con molta probabilità, il suo ex marito, Pasquale Vitiello, già denunciato per maltrattamenti in famiglia Immacolata, dopo aver accompagnato i bambini a scuola, era nell’atrio dell’istituto per parlare con il marito. Forse una lite, per futili motivi come spesso accade in questi casi, e in lui si è scatenata la furia omicida. La donna era a bordo della sua auto, forse con un’amica. Il consorte l’ha raggiunta, intimandole di scendere. Pioveva, ieri mattina ma è per strada che si è consumata la tragedia: un colpo di pistola sparato all’improvviso e poi via, a bordo dello scooter per sfuggire alle forze dell’ordine. L’uomo, infatti, risulta ancora ricercato. Quando si sono sentiti gli spari i bambini erano già nelle loro classi, in attesa dell’inizio della lezione e, pochi minuti dopo, sono stati fatti allontanare da un’uscita secondaria per non far vedere loro il cadaver dlla donna, riverso in strada in una pozza di sangue. Tra i primi ad accorrere sul posto il padre della 31enne, accompagnato da alcuni parenti. Sul volto, il dolore di un padre che ha di fronte a sé la più tragica delle scene, quella che forse non dimenticherà mai: il corpo senza vita di sua figlia, sul marciapiedi della scuola frequentata dalla nipotina di 9 anni, coperta da un lenzuolo bianco. A parlare con la piccola per dirle che la sua mamma non potrà più accompagnarla a scuola perchè morta per mano di suo padre – e proprio nel giorno della festa del papà – è toccato ai servizi sociali del comune napoletano. A lanciare l’allarme ai carabinieri il sindaco di Terzigno, Francesco Ranieri, avvertito da alcune persone presenti, insieme ai tanti genitori che ieri mattina, come sempre, accompagnavano i figli a scuola. La salma della giovane è stata portata via tra gli applausi dei presenti, ancora increduli rispetto all’accaduto che, ancora una volta, a sconvolto la provincia di Napoli. Sul posto, oltre alle forze dell’ordine, anche i parenti e qualche curioso. Stando a quanto riferito dal primo cittadino del comune di Terzigno, Pasquale Vitiello – prima del folle gesto – avrebbe lasciato una lettera in cui annunciava le sue intenzioni omicide. Immacolata, stando a quanto riferito, avrebbe lasciato il marito lo scorso 4 marzo ed erano in fase di separazione. Alla base della decisione, la violenta discussione avuta quella sera dinanzi la loro bambino. Una lite poi sfociata in calci, pugni, spintoni ed insulti. A quella triste scena aveva preso parte, stando a quanto emerge dalla denuncia presentata dalla 31enne ai carabinieri della locale stazione, anche la madre dell’uomo. al quale – secondo la denuncia presentata ai carabinieri – avrebbe preso parte attivamente anche la suocera di Immacolata. La donna raccontò tutto nella querela presentata ai carabinieri cui fece seguito una controquerela presentata dalla suocera pochi giorni dopo. Nell’abitazione della coppia, dove l’uomo viveva da solo ormai da due settimane, è stata trovata una lettera nella quale Vitiello prometteva di “farsi giustizia da sè”.
Gareffa, Sicignano, Maiorano, Pena: quando è la gelosia ad uccidere le donne
Pierangela Gareffa,Assunta Sicignano, Nunzia Maiorano, Elda Penta, Maria d’Antonio. Sono solo alcuni dei tanti nomi di donne che, nel salernitano, hanno perso la vita uccise dai loro stessi mariti. Dalle persone con cui hanno scelto di condividere la vita e di cui si fidavano. Ma qualcosa, nella mente di questi uomini, ha stravolte le cose portandoli a compiere gesti assurdi. Tanto assurdi quanto incredibilmente veri. La mente si annebbia al punto tale che l’irrazionale diventa razionale; lo “straordinario” diventa quasi ordinario e, ogni giorno, ci ritroviamo a scrivere intere pagine di cronaca nera, raccontando di una giovane mamma uccisa dal padre di sua figlia. L’ultimo caso è quello che si è verificato a Cava de’ Tirreni lo scorso 22 gennaio. Una lite violenta: la donna avrebbe preso un coltello per conficcarlo nella spalla dell’uomo; quest’ultimo, per difendersi l’avrebbe uccisa, davanti al figlio di 5 anni. «Ero esasperato da mia moglie. Non ce la facevo più. Voleva che lasciassi la casa. Ma io ho pagato il mutuo per quella casa e non me ne volevo andare», aveva raccontato l’uomo agli inquirenti nel tentativo di spiegare il folle gesto. Fu il bambino a raccontare ai parenti di Nunzia che la sua mamma non c’era più: «Zio, mamma è morta, l’ha uccisa papà». Le storie sono quasi tutte uguali. Tutte tristemente e terribilmente uguali: marito e moglie non vanno più d’accordo, lei decide di lasciarlo, lui non accetta la fine della loro separazione e sceglie la strada più tragica, quella della morte. A Salerno, pochi giorni fa, il Laav officina teatrale, ha messo in scena lo spettacolo di teatro-danza “Euthalia-fiore che sboccia”, una sorta di spunto di riflessione, per cercare soluzioni per le esigenze sociali. Questa è solo una delle tante iniziative messe in campo nel salernitano per fronteggiare un fenomeno così tristemente sviluppato nel nostro Paese ma non basta. Non bastano le associazioni, non servono le sole iniziative messe in campo dalle associazioni. Ciò che deve cambiare è la visione degli uomini: le donne non sono un oggetto. Sono persone. E vanno amate. (er.no.)
«Smettiamola di parlare di femminicidio Una vita vale l’altra. Nessun fenomeno»
«Non sono certo esista il fenomeno del femminicidio». A parlare così è lo psicologo salernitano Federico Paolino, in merito alla vicenda dei tanti casi di femminicidio che si stanno verificando in Italia. Per Paolino, infatti, non si tratta di femminicidio ma più correttamente di «omicidio di genere». Secondo alcune statistiche nazionali, in Italia sarebbero diminuiti gli omicidi e i femminicidi ma «non sono del tutto sicuro che esista davvero un fenomeno che si possa chiamare femminicidio. Negli ultimi due giorni, è stata uccisa una donna di 20 gettata nel pozzo e questo è ciò che forse si potrebbe definire omicidio di genere – spiega ancora lo psicologo – e che forse potrebbe rientrare in queste statistiche». Secondo Paolino, occorrerebbe distinguere tra una donna uccisa ma anche dalla motivazione per cui verrebbe fatto riportando la vicenda di un’anziana donna sparata mentre passava per caso per quella strada e, in quel caso specifico, non si può parlare di femminicidio ma di omicidio così come nel caso di una coppia appartenente alla malavita, sparati entrambi per mano della camorra. Per lo psicologo salernitano, la prima cosa da fare per comprendere se questo fenomeno esiste è sospendere i giudizi morali, etici ma non vi sarebbero analisi del fenomeno: «Tutti gli omicidi sono terribili, non solo quelli delle donne. Solo analizzare la vicenda può portarci a capire se il fenomeno esiste e quali sono le sue caratteristiche e perchè avviene una cosa di questo tipo», ha spiegato Federico Paolino, secondo cui uomini e donne si sono sempre uccisi a vicenda e se parliamo di femminicidio non si può non parlare di “ominicidio”. «Una vita vale l’altra. Non parliamo di femminicidio ma solo di omicidio», dice anche, riconoscendo però l’esistenza di un fenomeno che porta l’uomo a sentirsi in forte disagio rispetto a determinate novità culturali. «Non sono certo esista il fenomeno del femminicidio». A parlare così è lo psicologo salernitano Federico Paolino, in merito alla vicenda dei tanti casi di femminicidio che si stanno verificando in Italia. Per Paolino, infatti, non si tratta di femminicidio ma più correttamente di «omicidio di genere». Secondo alcune statistiche nazionali, in Italia sarebbero diminuiti gli omicidi e i femminicidi ma «non sono del tutto sicuro che esista davvero un fenomeno che si possa chiamare femminicidio. Negli ultimi due giorni, è stata uccisa una donna di 20 gettata nel pozzo e questo è ciò che forse si potrebbe definire omicidio di genere – spiega ancora lo psicologo – e che forse potrebbe rientrare in queste statistiche». Secondo Paolino, occorrerebbe distinguere tra una donna uccisa ma anche dalla motivazione per cui verrebbe fatto riportando la vicenda di un’anziana donna sparata mentre passava per caso per quella strada e, in quel caso specifico, non si può parlare di femminicidio ma di omicidio così come nel caso di una coppia appartenente alla malavita, sparati entrambi per mano della camorra. Per lo psicologo salernitano, la prima cosa da fare per comprendere se questo fenomeno esiste è sospendere i giudizi morali, etici ma non vi sarebbero analisi del fenomeno: «Tutti gli omicidi sono terribili, non solo quelli delle donne. Solo analizzare la vicenda può portarci a capire se il fenomeno esiste e quali sono le sue caratteristiche e perchè avviene una cosa di questo tipo», ha spiegato Federico Paolino, secondo cui uomini e donne si sono sempre uccisi a vicenda e se parliamo di femminicidio non si può non parlare di “ominicidio”. «Una vita vale l’altra. Non parliamo di femminicidio ma solo di omicidio», dice anche, riconoscendo però l’esistenza di un fenomeno che porta l’uomo a sentirsi in forte disagio rispetto a determinate novità culturali. Dunque, una visione delle cose differente, un unico termine che racchiuda questi terribili reati: omicidio.
Il dossier/ Vittime dei loro mariti. Cosa spinge le donne al silenzio?
Nel 2018 ancora tanti, troppi, sono i casi di donne uccise per mano dei loro stessi mariti, compagni, fidanzati. “Un tratto comune a tutte le forme di violenza è la mancata denuncia nonostante l’impatto che taluni episodi di cronaca hanno sull’opinione pubblica. La violenza contro le donne più che assumere la dimensione sensazionale ed occasionale sembra, invece, caratterizzata da una spiccata normalità”. Nel 2018 ancora tanti, troppi, sono i casi di donne uccise per mano dei loro stessi mariti, compagni, fidanzati. “Un tratto comune a tutte le forme di violenza è la mancata denuncia nonostante l’impatto che taluni episodi di cronaca hanno sull’opinione pubblica. La violenza contro le donne più che assumere la dimensione sensazionale ed occasionale sembra, invece, caratterizzata da una spiccata normalità”. E’ un estratto del dossier scritto da Anna Scalise, counselor dell’Aspic, la Scuola Superiore Europea Di Counseling Professionale.“Laddove la vittima decida di uscire dal silenzio rivolgendosi ai soggetti, istituzionali e non, preposti ad una prima fase di accoglienza, il percorso che si trova ad affrontare non è univoco, ma a totale discrezione della vittima. La donna vittima di violenza può, dunque, rivolgersi per una prima richiesta d’aiuto indistintamente presso un centro antiviolenza o un’associazione di tutela e assistenza alla donna, un Pronto Soccorso ospedaliero o un ginecologo di fiducia, i Servizi Sociali del Comune ovvero le forze dell’ordine”. Dunque, le donne che hanno sporto denuncia per la violenza subìta dal partner, lamentano il fatto di non sentirsi protette poiché nella maggior parte dei casi l’autore della violenza non viene né allontanato, né perseguito, né tanto meno arrestato. E’ fondamentale, quindi, che la donna venga creduta, sostenuta e aiutata nei centri e nelle istituzioni di competenza e che percepisca di esserlo.Ma cosa spinge le vittime stesse a non denunciare l’autore di violenza o a farlo dopo un tempo più o meno lungo rispetto all’inizio dei soprusi? Le cause sono molteplici e spesso concomitanti. Possiamo distinguere tra le cause endogene, che scaturiscono da sentimenti, sensazioni o paure personali vissute dalla vittima, dalle cause esogene, che conseguono a circostanze esterne che condizionano la vittima nelle scelte da intraprendere. Tra le cause di natura endogena rileviamo i sentimenti di amore nei confronti del proprio partner e la speranza in suo cambiamento; la volontà di far crescere i propri figli anche in relazione con la figura paterna; la paura di reazioni ancora più aggressive da parte del violento e, infine, la vergogna e il timore di essere giudicate mogli e madri inadeguate o addirittura colpevoli.Anni fa è stata realizzata in Italia un’importante ricerca sul fenomeno dal titolo Il silenzio e le parole.[Il “silenzio” era quello delle vittime, chiuse nella loro condizione di sofferenza, inascoltate e invisibili anche per coloro i quali avrebbero dovuto accoglierle e proteggerle dal disagio. Le “parole” erano la loro voce ritrovata, il bisogno di far sapere al mondo l’esistenza del proprio problema e la possibilità di chiedere aiuto e di essere ascoltate. In Italia sono operativi centri di eccellenza per la gestione di questo tipo di bisogno, così come sono attive esperienze locali e singoli professionisti, a testimonianza della possibilità e necessità di una risposta appropriata. È proprio in questo ambito che si riconosce nel Counseling, uno strumento di massima efficacia il cui scopo è quello di fornire aiuto e sostegno a chi vive in un particolare momento di disagio emotivo.
I dati nazionali/ Reati contro le donne, maglia nera per la Campania
Pierangela Gareffa,Assunta Sicignano, Nunzia Maiorano, Elda Penta, Maria d’Antonio. Sono solo alcuni dei tanti nomi di donne che, nel salernitano, hanno perso la vita uccise dai loro stessi mariti. Dalle persone con cui hanno scelto di condividere la vita e di cui si fidavano. Ma qualcosa, nella mente di questi uomini, ha stravolte le cose portandoli a compiere gesti assurdi. Tanto assurdi quanto incredibilmente veri. La mente si annebbia al punto tale che l’irrazionale diventa razionale; lo “straordinario” diventa quasi ordinario e, ogni giorno, ci ritroviamo a scrivere intere pagine di cronaca nera, raccontando di una giovane mamma uccisa dal padre di sua figlia. L’ultimo caso è quello che si è verificato a Cava de’ Tirreni lo scorso 22 gennaio. Una lite violenta: la donna avrebbe preso un coltello per conficcarlo nella spalla dell’uomo; quest’ultimo, per difendersi l’avrebbe uccisa, davanti al figlio di 5 anni. «Ero esasperato da mia moglie. Non ce la facevo più. Voleva che lasciassi la casa. Ma io ho pagato il mutuo per quella casa e non me ne volevo andare», aveva raccontato l’uomo agli inquirenti nel tentativo di spiegare il folle gesto. Fu il bambino a raccontare ai parenti di Nunzia che la sua mamma non c’era più: «Zio, mamma è morta, l’ha uccisa papà». Le storie sono quasi tutte uguali. Tutte tristemente e terribilmente uguali: marito e moglie non vanno più d’accordo, lei decide di lasciarlo, lui non accetta la fine della loro separazione e sceglie la strada più tragica, quella della morte. A Salerno, pochi giorni fa, il Laav officina teatrale, ha messo in scena lo spettacolo di teatro-danza “Euthalia-fiore che sboccia”, una sorta di spunto di riflessione, per cercare soluzioni per le esigenze sociali. Questa è solo una delle tante iniziative messe in campo nel salernitano per fronteggiare un fenomeno così tristemente sviluppato nel nostro Paese ma non basta. Non bastano le associazioni, non servono le sole iniziative messe in campo dalle associazioni. Ciò che deve cambiare è la visione degli uomini: le donne non sono un oggetto. Sono persone. E vanno amate.
I dati locali/ Nel salernitano, aumenta il numero di donne vittime di violenza domestica
Spazio donna a Salerno, Donne in rete contro la violenza C.I.F. (Centro Italiano Femminile) di Cava de’ Tirreni, Linea Rossa, centro ascolto donna. Sono alcune delle realtà territoriali che ormai da anni di battono per aiutare le donne vittima di violenza. I dati più allarmanti vengono proprio da Cava de’ Tirreni. Secondo la responsabile del centro Donne in rete, infatti, il numero di donne che si rivolgono a loro chiedendo aiuto sono in largo aumento. Dal mese di gennaio 2018, ad oggi, infatti, sono decine le donne che si sono rivolte a lavoro per chiedere aiuto e denunciare i maltrattamenti che subiscono dal proprio marito o compagno, il più delle volte dinanzi ai loro figli. Ma in cosa consiste l’aiuto che questi centri offrono alle vittime? «Si tratta, nello specifico di aiuto psicologico affinchè le donne si rendano conto di dover denunciare quanto sta accadendo. Pur trattandosi del marito». Ma perchè le donne decidono di scegliere il silenzio piuttosto che le vie legali? «Molte volte, ci siamo ritrovati ad aiutare donne che si rifiutava di denunciare il proprio marito o il compagno per una paura puramente economica. Non lavorando, infatti, non erano indipendenti e denunciare poteva significare perdere quei soldi che magari potevano servire per arrivare a fine mese, pagare le bollette, crescere i figli, acquistare beni di prima necessità». Ma sono più le donne che decidono di denunciare o di subire in silenzio le vessazioni dei loro mariti? «Negli ultimi giorni abbiamo accolto presso i nostri centri donne che si sono rivolte a noi, dopo aver sporto denuncia presso i carabinieri. Successivamente, si rivolgono a noi tramite il numero verde per avere supporto psicologico e legale. Ora, stiamo seguendo circa 10 casi “nuovi” e altri casi risalenti al 2017 ma che sono ancora con noi perchè non hanno terminato il percorso con lo psicologo». Un numero in aumento, dunque, che genera un allarmismo generale perchè non si può subire violenza da chi, invece, ha scelto di essere al nostro fianco per proteggerci e amarci incondizionatamente.