Il pianista si esibirà questa sera alle ore 20, nella Chiesa di Santa Maria de’ Lama, inaugurando il cartellone allestito da Sergio Caggiano
Di Olga Chieffi
Al via domenica sera nell’incantevole cornice di Santa Maria de’ Lama il Festival Musicale Luci d’Artista. Dieci gli appuntamenti che ci accompagneranno sino al 26 gennaio, animati da strumentisti di radice campana, che toccheranno diversi generi dal classico, che farà la parte del leone, al jazz, con qualche creativa sorpresa. Concerto inaugurale affidato al pianoforte di Costantino Catena, testimonial della Yamaha, che dedicherà al pubblico salernitano pagine di Robert Schumann, Franz Liszt e Johannes Brahms. Apertura con il Robert Schumann di Papillons, ispirati all’ultimo capitolo di Flegeljahre di Jean Paul Richter, intitolato “La danza delle maschere”. Una comune sostanza romantica innerva le due opere che celebrano, con l’estrinsecazione costante di umori bizzarri e di divagazioni oniriche, la piena vittoria della fantasia, dell’immaginazione disimbrigliata e fecondissima.
Queste dominano il processo creativo instaurando la più completa libertà romantica.
Proprio in quegli anni Schumann traduceva il fondamentale dualismo jeanpauliano nel dualismo di Eusebio e Florestano: due modi di concepire e vivere la vita, tipicamente romantici, dove l’uno rappresenta l’impulsività e la volontà di lotta, l’altro la propensione onorifica che realizza nel sogno un’ideale esistenza.
Dualismo proprio della inesausta Sehnsucht (anelito) romantica, di un animo votato all’incessante ricerca. In termini pratici si traduce nella insofferenza per qualsiasi dogma, nel rigetto di ogni esperienza precedente che non sia modificabile mediante l’esperienza individuale. L’ansia di liberazione implica, pertanto, il rinnovamento completo delle forme e delle stesse funzioni delle componenti del discorso sonoro come appunto si configura nella produzione di Schumann. Si continuerà con il Franz Liszt di Venezia e Napoli, Gondoliera e Tarantella, che Costantino Catena ha inciso due anni fa per la Camerata di Tokyo. E’ questo il supplemento al secondo volume degli Anni di Pellegrinaggio che riunisce due visioni veneziane la parafrasi della canzone “La biondina in gondoleta” e “Nessun maggior dolore” dall’Otello di Rossini e il sogno partenopeo in una tarantella spettacolare e tumultuosa, quasi una scorribanda tra i vicoli di Napoli, e non senza la serenata accompagnata dai mandolini su di un tema di Cottrau. L’oasi lirica datata 1892, è schizzata nella raccolta di Klavierstücke op. 119, che riprende il bipolarismo tra disperazione drammatica e contemplazione religiosa delle raccolte precedenti. Di tanto in tanto si avverte ancora qualche retaggio dell’eccitazione giovanile nella Rapsodia, ma a dominare è il clima intimo e umbratile con le riflessioni a tu per tu con il pianoforte, nelle quali si avverte tutto il decadentismo fascinoso di un’epoca che sapeva di essere sopravvissuta a se stessa. Fumi di zolfo per il gran finale con il Franz Liszt delle Reminiscenze del Don Giovanni, del quale sceglie tre temi, l’apparizione del Commendatore, il duetto Là ci darem La mano e “Fin ch’an del vino” con minacciose citazione del tema “Don Giovanni a cenar teco”. Il disegno drammaturgico è chiaro: la giustizia divina, l’amore, il libertinaggio. Questa pagina è una tra le perle lisztiane più tecniche e virtuosistiche di questo repertorio, un vero e proprio tourbillon di musica reso vivido dai cromatismi e dalle volate incessanti. Davvero il profilo così fortemente romantico del Don Giovanni con quel suo tratto mefistofelico così pronunciato, ha trovato nel pianismo lisztiano una perfetta aderenza musicale.