Yuri Temirkanov e la scuola nazionale russa - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Yuri Temirkanov e la scuola nazionale russa

Yuri Temirkanov e la scuola nazionale russa

Stasera alle ore 21, il Belvedere di Villa Rufolo, ospiterà il secondo concerto della prestigiosa bacchetta di Nalchik

Di OLGA CHIEFFI

 

Il gesto anticonvenzionale di Yuri Temirkanov, sempre morbido, a mani nude, pronto a far nascere e modulare dinamiche e agogiche dell’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, sarà ospite, questa sera, per la seconda serata sul Belvedere di Villa Rufolo. Il concerto principierà alle ore 21, con il celeberrimo Adagio, il pas de deux di Spartacus e Phrygia, dal balletto di Aram Il’yich Khachaturian, seguito dalla Danza di Gaditanae e dal finale con la vittoria dello schiavo ribelle. Singolare è il fatto che il compositore abbia scritto una musica abbastanza consumistica, degna del peggior gusto all’americana e del tutto lontana dall’eroismo e dal populismo. Ne esce una romanità molto spuria, anche se il balletto ha un’indubbia spettacolarità. L’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, ospiterà quindi il pianista Roustem Saitkoulov, il quale proporrà il famigerato “Rach2”, il secondo concerto per pianoforte composto da Sergej Rachmaninov. È ben noto come il mondo del cinema, della canzone e della televisione abbiano attinto a piene mani alle splendide melodie contenute nel Secondo Concerto, e se da un lato si può guardare a questo fenomeno con una certa diffidenza, d’altro canto questo è un indiscutibile parametro di valutazione del planetario e duraturo successo di questa composizione. Per questo, più che descrivere nei particolari questo brano così popolare e familiare alle nostre orecchie, limitiamoci a metterne in evidenza alcune caratteristiche. Innanzi tutto il ruolo del pianoforte, che è quasi onnipresente, fuso splendidamente a un’orchestra ricca di colori per essere protagonista o per accompagnare, con un virtuosismo di scrittura spesso ai limiti del concepibile (lo stesso Rachmaninoff nel 1923 ammetteva: «preferisco il Terzo perché il Secondo è così faticoso da suonare») ma sempre funzionale all’espressione; quindi uno straordinario senso melodico e una grande cura negli impasti fra gli strumenti. Se lo si ascolta con attenzione allora ci si accorge che il “vecchio” Secondo Concerto è una vera miniera di invenzioni suggestive e spesso indimenticabili. Valgano, per tutti, due soli esempi: l’inizio del primo movimento (Moderato), con i lugubri accordi del pianoforte, immobili e dinamici al tempo stesso nel loro essere sempre uguali nelle voci estreme ma sempre diversi nelle linee intermedie, che alternati al rintocco di un fa nel registro grave in otto battute passano dal pianissimo al fortissimo modulando da fa minore a do minore; questi accordi danno vita a un tempestoso tappeto di note (con passione) scandito da ritmici rintocchi al grave da cui emerge l’intenso primo tema che, esposto all’unisono dagli archi e dal clarinetto, crea immediatamente quell’atmosfera appassionata ma cupa che pervade tutto il brano; e l’inizio del secondo movimento (Adagio sostenuto) che si apre con un emozionante corale orchestrale di quattro battute insolitamente in do minore che modula enarmonicamente a mi maggiore introducendo un delicato accompagnamento del pianoforte in terzine su cui si leva dolcemente il canto del flauto ripreso subito dal clarinetto. Finale affidato agli incanti di Sherazade, la più amata Suite sinfonica di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, il suo sogno delle Mille e una Notte, datato1888 ispirato a quello speziato favoloso fatto di principi, principesse, crudeli sultani, navi, feste popolari, avventure. La Suite orchestrale inizia con la presentazione dei due temi (ovvero dei due personaggi) principali. Il tema del sultano Sahariar, largo e maestoso, è affidato agli strumenti gravi dell’orchestra, che suonano all’unisono. Preceduto da alcuni accordi lievi dei “legni”, il tema di Shéhérazade (lento) si presenta invece sinuoso e sensuale: è una decorazione intarsiata del violino solo sostenuto dall’arpa. È Rimskij-Korsakov stesso ad accompagnarci nella magia della fiaba: «Componendo Shéhérazade non intendevo orientare l’ascoltatore dalla parte dove si era diretta la mia fantasia. Volevo semplicemente che avesse, se la mia musica sinfonica gli piaceva, la sensazione di un racconto orientale, non soltanto di quattro pezzi suonati l’uno dopo l’altro su temi comuni. Per tutti noi, infatti, il nome “Mille e una notte” evoca l’Oriente […] .