Dalle asperità del nostro Cilento il velluto della voce del soprano è giunto sul palcoscenico del Teatro alla Scala. L’abbiamo raggiunta a Londra ove è Violetta nel cartellone della Royal Opera House
Di OLGA CHIEFFI
“La musica è Donna” amava dire uno dei compositori che ha lasciato la sua firma sul secolo breve, Duke Ellington, e per onorare questo giorno e l’arte dei suoni abbiamo deciso di affidarci ad una delle voci più fascinose e intense della lirica internazionale, quella del soprano made in Salerno Maria Agresta, talento cilentano di Vallo della Lucania, formatasi al Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, nella classe di Marilena Laurenza, la quale ha spiegato le ali nel 2006 dopo la vittoria della LX edizione del Concorso per giovani cantanti lirici della Comunità Europea, indetto dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto.
o.c. “Che ricordi ha del suo apprendistato salernitano e del nostro Conservatorio?”
m.a. “E’ stato uno splendido periodo. Ho vissuto dieci anni a Salerno e intrattengo affettuosi rapporti con la mia insegnante Marilena Laurenza e in particolare con i miei compagni di corso, che mi seguono il più delle volte molto da vicino, nelle mie performance”
o.c. “L’amore per la musica e per l’arte è una tradizione di famiglia?”
m.a. “No, nessuno nella mia famiglia è musicista, ma la mia è una terra che ha prodotto e continua a sfornare numerosi talenti musicali, che spesso rimangono anche nascosti. La mia famiglia non credeva alla mia scelta, ma non mi ha mai ostacolato, tenendomi, però, sempre con i piedi per terra. Poi, quando una persona competente ha annunciato ai miei genitori che avevo i numeri per poter guardare al futuro, d’incanto ogni ombra si è dileguata”.
o.c. “Come è iniziata la sua carriera e cosa significa oggi calcare le tavole dei massimi teatri del mondo?”
m.a “Mi sono diplomata nel 2002 al conservatorio di Salerno ma come mezzosoprano e in questo registro ho vinto diversi concorsi, cantando sino al 2005 anche nel coro del teatro Verdi di Salerno. La svolta è avvenuta nel 2006 con la vittoria Concorso per giovani cantanti lirici della Comunità Europea, indetto dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, che mi ha portato a debuttare nel ruolo di Rosina ne’ Il Barbiere di Siviglia, quindi sempre come mezzosoprano, a Spoleto con seguente tournèe in Giappone. Sono stata ammessa alla scuola della grande Raina Kabaivanska con la quale a Modena mi sono perfezionata e ho conseguito il diploma specialistico di secondo livello. E’ sotto la supervisione della Kabaivanska e di Renato Bruson che sono divenuta un soprano lirico, allargando, così, notevolmente il mio repertorio. Quindi ho potuto affrontare sempre a Spoleto il ruolo di Mimì in Bohème e Leonora in Trovatore e ancora Desdemona in Otello, Odabella in Attila. Oggi sono Violetta alla Royal Opera House di Londra, diretta da Nicola Luisotti, poi sarò Mimì al Metropolitan in aprile, e ancora Traviata a Parigi, ma porto sempre Salerno nel cuore e sono felice quando riesco a ritornare nel mio Verdi.
o.c. “Le sue muse ispiratrici?”
m.a “Bhè, sono tante. Ascolto molto e da tutte cerco di rubare il meglio, una scintilla. Devo dire, però, che non posso non guardare alla Callas e in particolare a Raina Kabaivanska. Confesso che il primo disco di musica lirica che ho acquistato fu la sua eccezionale Tosca e immagini l’emozione di ritrovarla prima maestra e ora una seconda madre”.
o.c. “Come vive il rapporto con il pubblico?”
m.a. Senza il pubblico non c'è spettacolo. L'affetto e la stima della gente sono molto importanti per me, e non faccio retorica.
o.c. “Come vede questo momento di crisi che attraversa il settore della musica lirica?”
m.a. “Come una profonda ingiustizia. Non si può trattare così un'arte che ci ha resi grandi agli occhi del mondo e che tutti ci invidiano. Io sono sicura che la musica può davvero renderci migliori”.
o.c. “Cosa ne pensa dei giovani artisti e delle difficoltà che devono superare per arrivare al successo?”
m.a. “ E’ in primo luogo facilissimo intraprendere una strada sbagliata, finire in mani cui non interessa la vera musica, ma ben altro. La strada è impervia e la si può percorrere solo attraverso sacrificio e studio. Viviamo per di più tempi duri per la cultura tutta: in tutti i teatri ormai si lesina sulle prove, i conti delle fondazioni sono in rosso, ma il futuro è nelle mani dei giovani, nelle nostre mani e non dobbiamo, non possiamo mollare.”