Di Brunella Caputo
La Signorina Giulia, di August Strindberg. Lessi questo testo un po’ di tempo fa. E’ una tragedia in un unico atto , scritta nel 1888, in cui il drammaturgo svedese si avvicinò al naturalismo teatrale. Racconta la storia di una ragazza, Julie, figlia di un conte, che decide di andare alla festa della servitù la sera di San Giovanni. Tra Julie e il domestico Jean si stabilisce uno strano rapporto basato su una strana intesa sessuale, condita da provocazione, rancore, sopraffazione e che termina nell’orrore. Il testo mette in risalto la tematica dell’integrazione tra uomo e donna e tra due diverse classi sociali. Lo stesso Strindberg, nella prefazione al testo, scrisse: “ Le mie anime sono mescolanze di stadi culturali passati e presenti, brani di libri e di giornali, pezzetti di uomini, lembi di abiti da festa ridotti a stracci, così come le anime stesse sono rattoppate”. Il testo mi lasciò perplessa. Lo apprezzai, ma non me ne innamorai. A distanza di tempo da quella lettura, in un surreale pomeriggio dello scorso giugno, ho avuto la fortuna di assistere, complici amici carissimi, all’anteprima di La signorina Giulia messo in scena dal Teatro Stabile di Napoli al teatro San Ferdinando. Cristián Plana, straordinario regista cileno, ne ha firmato l’adattamento e la regia. Che meravigliosa sorpresa, che originale adattamento, che particolare e surreale scenografia: una scatola di ferro che intrappola ogni emozione. Lo spettacolo, in cartellone al Mercadante di Napoli fino al 31 gennaio, è stato affascinante e sorprendente, l’impatto della prima scena travolgente. Una regia diversa, piena di calma visionaria. Gli attori, Giovanna Di Rauso (Giulia) – Massimiliano Gallo (Giovanni) – Autilia Ranieri (Cristina), erano immersi totalmente nella calma apparente. Le parole erano precise e dette con assoluto rispetto della verità. In palcoscenico arrivavano i silenzi e i rumori forti, la frenesia e l’immobilità dei corpi con un ritmo preciso, lento e veloce allo stesso tempo. E la parola, lei restava sempre fine a se stessa: calma, netta, incisiva, senza enfasi, semplicemente detta, semplicemente vera. Lo spazio scenico, definito e unico, conteneva i corpi, le voci, le passioni, le perversioni e la lucida follia, seguendo la linea perfettamente disegnata dall’ ”audace” regia. Il 7/8/9 gennaio 2016, questo straordinario spettacolo è stato rappresentato in Cile, al Festival Santiago a Mil, e leggo che è stato accolto con enorme successo. Tre repliche, con tutto esaurito. Il Sud America…affascina, sorprende, come lo spettacolo. L’impatto del primo panorama che ti capita di vedere, se vai in quella terra, ti buca gli occhi come la prima scena di questo spettacolo. Non ci poteva essere luogo migliore per rappresentarlo. Cristián Plana ha portato il calore e l’atmosfera surreale del Sud America in un testo solo apparentemente freddo e determinato. “La signorina Giulia sono io” disse August Strindberg. La signorina Giulia sono loro, aggiungerei io, davvero loro.