Pagani. Si chiude con due prosciolti e 9 rinvii a giudizio la fase preliminare sull’inchiesta della Dda di Salerno per appalti pubblici e condizionamenti del clan Fezza/De Vivo a Pagani. Per l’ex assessore Pietro Sessa e Giuseppe De Vivo è stato disposto il non luogo a procedere con motivazione contestuale in quanto il gup del Tribunale di Salerno Rossi ha ritenuto di non “aver elementi per una ragionevole previsione di condanna”. Tre posizioni stralciate (abbreviati e patteggiamento) con udienza il 10 febbraio) e 9 rinvii a giudizio. In precedenza lo stesso giudice aveva stabilito il non luogo a procedere per il sindaco Lello De Prisco e un altro indagato. All’ex assessore al Commercio di Palazzo San Carlo era stato contestato il falso ideologico. Secondo la tesi dell Dda salernitana (che ha retto solo per 9 indagati,) e il pm Elena Guarino le condotte degli imputati sarebbero servite ad agevolare la realizzazione del programma criminale del clan Fezza – De Vivo. L’operatività imprenditoriale ed economica del clan paganese che attraverso l’imprenditore Alfonso Marrazzo nonché consigliere comunale di Pagani per circa venti anni ed assessore all’ambiente fino all’anno 2016, mediante la cooperativa Pedema di cui era presidente, società che sarebbe stata utilizzata dai Fezza-De Vivo, per infiltrarsi nel tessuto economico ed amministrativo della amministrazione di Palazzo San Carlo. In particolare, Marrazzo, attraverso la Pedema, riusciva infatti ad ottenere (dietro assunzione di figlio e nuora), in maniera illegittima anche mediante un continuativo scambio di favori e prestazioni, appalti pubblici comunali quali la gestione del locale cimitero, oltre al servizio di spazzamento delle strade comunali, ed altri servizi pubblici asseritamente di somma urgenza, compreso quelli connessi alle emergenze causata dalla pandemia Covid 19, soprattutto per quanto riguardava la sanificazione, quest’ultima eseguita in frode al capitolato d’appalto. il Comune si è costituito parte civile nel processo a carico degli imputati che sono finiti a giudizio. Sulla decisione del giudice di scagionare Pietro Sessa dalle accuse, sono intervenuto i due difensori Silverio Sica e Giuseppe Pepe. “Esprimiamo piena soddisfazione – dichiarano gli avvocati. – La sentenza riconosce la totale estraneità di Pietro Sessa ai fatti contestati, mettendo fine a una vicenda giudiziaria che ha avuto pesanti ripercussioni sulla sua vita personale e politica”.. La decisione del gup si basa sull’inconsistenza del quadro probatorio, fondato su un’unica intercettazione telefonica ritenuta non probante. Il Giudice ha inoltre sottolineato come già in fase di indagini fosse stata rigettata una richiesta di misura cautelare per assenza di gravi indizi di colpevolezza. “La pronuncia – concludono i legali – non è un proscioglimento per un mero dubbio, ma la constatazione che non vi erano elementi per giustificare un processo”.





