Il grido contro la politica del disastro - Le Cronache Attualità
Attualità Campania

Il grido contro la politica del disastro

Il grido contro la politica del disastro

La Campania si trova al centro di un dibattito sempre più acceso e polarizzato sulla sua crisi strutturale, politica e sociale. Di fronte a territori che urlano il loro disagio – afflitti da disoccupazione galoppante, povertà diffusa, spopolamento delle aree interne e un disastro ambientale di proporzioni epocali – la classe politica attuale sembra offrire risposte non solo inadeguate, ma persino offensive. Un recente intervento dell’Avv. Prof. Michele A. Giliberti, docente universitario e promotore del movimento “Comunità in movimento”, ha acceso un faro su quella che viene definita la “pagina più buia” della politica locale e nazionale, lanciando un appello radicale e provocatorio: l’astensionismo di massa, non come disinteresse, ma come atto fondativo per una nuova rinascita. La critica mossa è diretta e implacabile. Secondo il Professor Giliberti, l’attuale campagna elettorale non è altro che uno “spettacolo indecoroso”, segnato da “becere promesse da mercanti e imbonitori di piazza”. In un momento storico in cui si richiederebbe visione strategica, onestà intellettuale e proposte concrete per risolvere problemi decennali, la politica si starebbe auto-riducendo a una mera contrattazione di consenso basata sull’illusione. Il quadro territoriale descritto è drammatico e ben noto. Si parla dell’Agro Nocerino Sarnese e della tristemente nota Terra dei Fuochi, che attendono da anni interventi di bonifica promessi e mai realizzati. Si fa riferimento alle falde acquifere inquinate del distretto conciario, un esempio lampante del conflitto irrisolto tra sviluppo economico e tutela ambientale. A tutto questo si aggiungono strutture e infrastrutture fatiscenti che strozzano l’economia locale e penalizzano le imprese, e un sistema sanitario descritto come “costoso ed inefficiente”, nonostante le ingenti risorse che vi confluiscono. Di fronte a questa innegabile crisi, la reazione della popolazione è di “scoramento, disillusione, la rabbia sacrosanta di chi non crede più”. È un sentimento di tradimento che sta portando alla radicalizzazione della sfiducia nei confronti di un’intera classe dirigente, che, secondo l’analisi, non è più in grado di risolvere i problemi perché è la stessa che li ha causati. La riflessione di Giliberti e di “Comunità in movimento” si spinge oltre la semplice accusa di inefficacia politica. Il problema, ormai, viene definito non più solo “politico”, ma “sociale, culturale, antropologico”. Questa è la chiave di lettura più profonda della crisi. Se la politica è il riflesso della società, il suo fallimento indica una degenerazione non solo nelle istituzioni, ma anche nel tessuto connettivo della comunità. La Campania, e in particolare il suo popolo, è descritto come un’entità che “ha sempre mostrato di essere più avanti della politica”. Questo implica che la società civile, con la sua resilienza, la sua capacità di auto-organizzazione e la sua ricchezza culturale e identitaria, detiene le risorse intellettuali e morali necessarie per la ripartenza, risorse che la politica non sa intercettare o, peggio, che ignora deliberatamente per perpetuare un sistema di potere. L’attuale impasse non è la sconfitta della comunità, ma il fallimento dello strumento politico tradizionale. È in questo contesto di disastro percepito e di sfiducia generalizzata che nasce la proposta di “Comunità in movimento”: l’astensionismo di massa. Questa non è una chiamata alla passività o all’indifferenza, ma, al contrario, un atto di militanza e di protesta attiva. “Astensionismo di massa per poi fermarsi e riflettere su come ricostruire questi martoriati territori”, si legge nell’appello. L’idea è quella di un tempo sospeso della democrazia, un momento di reset collettivo, in cui la comunità rifiuta di legittimare un sistema che ritiene corrotto e inefficace, per concentrare le proprie energie sulla ricostruzione “morale e civile”. È un invito a trasformare la rabbia e la disillusione in un’azione di rottura, un segnale inequivocabile che il popolo non è più disposto ad accettare il teatrino politico in corso. Il movimento intende sfruttare questa campagna elettorale, non per promuovere un candidato o un partito, ma per lanciare un appello ecologista, identitario e veramente riformista. L’accento è posto sul territorio, sulla cultura e sull’identità come pilastri fondamentali da cui ripartire. La vera riforma non può venire dall’alto o dai palazzi del potere, ma deve essere un moto di coscienza che nasce “sui territori”. La conclusione dell’appello è un mantra di lotta e attivismo: “Non votiamo, lottiamo!”. Questo riassume la filosofia del movimento: disinvestire dalla politica tradizionale per reinvestire in una comunità militante impegnata quotidianamente nella difesa, nella bonifica e nella rigenerazione dei propri luoghi. La proposta di “Comunità in movimento” si configura come un tentativo di superare la crisi della rappresentanza democratica attraverso un’azione diretta e simbolica. L’astensionismo, in questa chiave di lettura, non è fine a sé stesso, ma è il primo passo di un percorso di riappropriazione del potere decisionale da parte della società civile. Il futuro della Campania e dei suoi territori depressi sembra, quindi, non risiedere più nelle mani della politica professionale, ma nella capacità di auto-determinazione del suo popolo. La sfida è quella di trasformare la disperazione in energia costruttiva, elevando il dibattito dal livello delle “promesse da mercanti” a quello della progettualità sociale e culturale. L’impegno dichiarato è di lottare per una vera rinascita, che deve essere, prima di ogni altra cosa, una ricostruzione morale e civile. In un momento in cui la crisi è descritta come antropologica, solo un rinnovato senso di comunità, di etica pubblica e di attaccamento al proprio patrimonio identitario e ambientale può offrire una via d’uscita al disastro attuale. L’appello di Giliberti è, in sostanza, una chiamata alle armi per la società civile affinché prenda in mano il proprio destino, abbandonando l’illusione che la soluzione possa arrivare da chi ha già ampiamente dimostrato di non essere all’altezza.