Al teatro Pasolini per entrare nello spettacolo - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Al teatro Pasolini per entrare nello spettacolo

Al teatro Pasolini per entrare nello spettacolo

Un teatro che non si limita a “mostrare”, ma che invita a vivere la scena. È da questa idea che nasce la nuova rassegna Coniugare il Teatro – Scena Immersiva, alla sua prima edizione, ideata e promossa dal Teatro Pubblico Campano in esclusiva per il Teatro Pasolini di Salerno. Cinque appuntamenti in programma, dal 9 ottobre all’11 dicembre 2025, che disegneranno un percorso teatrale originale, capace di intrecciare la tradizione con modalità innovative di fruizione, invitando il pubblico a farsi parte integrante dello spettacolo. Ieri mattina ci siamo ritrovati seduti ad un tavolino da caffè stile Novecento in una sala Pasolini completamente libera dalle sedute, un parquet per danzare, muoversi, liberamente, senza quinte per immergersi nel teatro. Esiste un legame stretto tra il pensiero filosofico dell’esistenza e della ragione umane e il sapere del progettare-costruire, entrambe hanno un comune, e fondamentale riferimento, lo spazio. Noi uomini della fine ereditiamo il concetto di spazio come extensio, con esso Cartesio pensava lo spazio quale pienezza e continuità della materia e, quindi, quale medium del movimento, del tendere avanti a sé, quale sinonimo dell’amplificazione. Il teatro determina una cosa come cosa-per-l’uomo, che diventa condizione dell’esistenza, punto di riferimento dell’esperienza, l’esistenza razionale, e, quindi assumendo la caratteristica comunicativa o sociale di “luogo familiare”. Uno spazio che può considerarsi il segno, nel suo divenir parola, suono, immagine, che diventa di-segno, archè, principio in quanto da-dove della progettualità, essenziale punto di dipartimento di ogni pensiero che, per essere se stesso deve discernere, giudicare, orientarsi, criticare e che, da stasera, riprenderà a restituire qualcosa di una drammaturgia segreta, che porterà tutti a “fare parte della scena”, al fianco dei protagonisti e degli organizzatori. E’ giusto questo il Teatro Pasolini nato dalle ceneri del Cinema Diana per mano dell’Architetto Luigi Spirito e che nei prossimi giorni presenterà cinque spettacoli pensati per questo luogo. “Una città plurale è Salerno – ha affermato il Sindaco Vincenzo Napoli – capace di aprire spazi e dar voce ai diversi istinti artistici. L’arte è rischio e ci vorrà coraggio per portare a teatro le scuole di ogni ordine e grado a vedere Claudio De Palma dire della morte di Pier Paolo Pasolini, trasformando la sala nella spiaggia di Ostia”. Quindi, gli interventi dei diversi protagonisti degli spettacoli a cominciare da Claudio De Palma, che è al suo terzo spettacolo pensato per questo luogo con l’omaggio a Pasolini, con Solo Pasolini Solo, che va a chiudere la trilogia sulle icone del secolo breve, uomini che pur essendo entrati in conflitto con il “potere”, sono rimasti riferimenti importanti per le generazioni successive e sono diventati parte integrante del patrimonio culturale dell’umanità, Charlie Chaplin con Charlot il comunista e Muhammad Ali con Me, We, Alì. All’alba del 2 novembre 1975, lo spettacolo, infatti andrà in scena proprio dal 28 ottobre al 2 novembre, è dedicato a una delle figure più complesse e discusse del Novecento italiano in Solo Pasolini solo, di e con Claudio Di Palma, regia e visual di Luigi Marmo. veniva trovato, abbandonato nel vasto squallore dell’idroscalo di Ostia, un corpo esanime, “un sacco di stracci”, un uomo martoriato, con le ossa spezzate e il volto tumefatto quasi irriconoscibile. La testa fracassata dalle bastonate, il corpo straziato dalle ruote di un’automobile, un’espressione ferina di dolore a fulminare in un’ultima smorfia la sua faccia scarna. Così finiva di colpo la vita di Pier Paolo Pasolini, per mano di un ragazzetto di borgata minorenne, senza chiarimenti, senza definizioni, con quella stessa violenza barbara con cui, durante la vita, era stato attaccato sul piano giuridico, politico, ideologico e morale. Con quella testa fracassata in un’alba tra tante altre, veniva stroncata a 52 anni la vita di un uomo solo, in aperto conflitto con un’ Italia nata dal baratro del fascismo e viaggiante precipitosamente verso il baratro, ancora più grande dell’omologazione tecnocratica, del gangsterismo politico, delle morti annunciate. Tra queste morti annunciate, la morte improvvisa di Pasolini, casuale o meno che ne fosse l’occasione, suonava come l’epilogo oscuro e coerente del percorso conflittuale e contraddittorio della sua vita. Pasolini era reo di rappresentare, nell’Italia dell’ortodossia generalizzata, una categoria di persone messa al bando dallo strapotere dell’industria culturale: quella del “rifiuto”. Rifiuto della connivenza con una classe dirigente cortigiana e prepotentemente ottusa, rifiuto di scendere a patti con qualsiasi istituzione, tanto di “destra” quanto di “sinistra”, e rifiuto di abbassare la propria diversità culturale, morale e sessuale ad un’ennesima etichetta, al ghetto comodo della “scomodità” sociale in cui, una volta fagocitato dalla cultura borghese, si è cercato di relegarlo. Con questa prima edizione di Coniugare il Teatro – Scena Immersiva, il Teatro Pubblico Campano e il Teatro Pasolini lanciano una “sfida culturale” che guarda al futuro, senza dimenticare le radici della tradizione scenica. L’inaugurazione della rassegna, dal 9 al 12 ottobre, è affidata ad un’icona della musica italiana in L’ultima corsa di Fred – 3 febbraio millenovecentosessanta di Mario Gelardi e Giuseppe Miale di Mauro, con Massimo De Matteo, diretto da Peppe Miale. La scena si apre su una Ford Thunderbird che corre per le strade di Roma, all’alba di un giorno segnato dalla tragedia. L’incidente in cui perse la vita Fred Buscaglione diventa occasione per ripercorrere la sua vicenda artistica e umana: il successo travolgente, la vita notturna, la voce inconfondibile che raccontava l’Italia del dopoguerra. La narrazione, affidata a un fan-testimone, diventa un dialogo tra mito e spettatore, tra fascinazione e perdita. A novembre, dal 20 al 22, arriva la musica di Domenico Modugno protagonista di Nel blu – avere tra le braccia tanta felicità con Mario Perrotta. Le canzoni del cantautore pugliese sono la colonna sonora di un’Italia che, tra gli anni ’50 e ’60, sembrava pronta a volare verso un futuro radioso. Modugno diventa simbolo di speranza e libertà, e lo spettacolo ne esplora la dimensione più intima con la storia di un uomo che, partendo da una terra dimenticata, ha saputo trasformare il proprio sogno in un dono universale. Dal mito alla cronaca con Elena Cotugno in “Medea per strada”, dal 27 al 30 novembre, il Teatro dei Borgia rilegge il capolavoro di Euripide alla luce delle periferie italiane. Medea diventa il volto delle donne migranti, costrette alla prostituzione e a condizioni di marginalità estrema. Quello che verrà proposto al pubblico è una esperienza che va oltre il semplice assistere ad uno spettacolo teatrale. Gli spettatori, non più di sette, vengono invitati a salire su un furgoncino, un vecchio ferro del ’94 allestito da Filippo Sarcinelli che rievoca un teatrino, oppure un postribolo viaggiante. Il furgone parte e percorre la strada, non una ma tutte le strade della prostituzione. Ogni città ne ha una. L’attrice, Elena Cotugno, sale come una di quelle e ci racconta la storia di una giovane migrante, scappata dal proprio paese, arrivata in Italia e finita a prostituirsi per amore di un uomo da cui si crede ricambiata e da cui ha due figli. L’empatia che si crea nel furgone tra quelle otto persone determina la replica. All’interno del veicolo scorre un racconto interiore, intimo e mitico a un tempo. All’esterno scorre la strada, quella stessa che tutti i giorni ci risulta indifferente e che così prende un senso. Il mito antico risuona così nel presente con una forza inedita, mostrando come le ferite della tragedia classica possano ancora parlare delle ingiustizie del nostro tempo. La rassegna si concluderà, dal 3 all’11 dicembre, con un invito al sogno e all’infanzia. ospitando Con le ali di Peter di Giovanna Facciolo, a cura de I Teatrini. Ispirato al romanzo di J.M. Barrie, lo spettacolo porta in scena l’avventura senza tempo di Peter Pan, il bambino che ha scelto di non crescere mai. Il vero significato di Peter Pan ruota attorno al rifiuto di crescere e all’evasione dalla realtà per preservare la magia e l’innocenza dell’infanzia, un concetto che riflette le esperienze personali dello scrittore J.M. Barrie, segnate dalla tragedia della morte del fratello. L’Isola che non c’è simboleggia un mondo incantato e senza tempo, ma anche il fascino della morte e un divario incolmabile tra infanzia e vita adulta. Formula particolare quella che verrà proposta dal Teatro Pubblico Campano, che vedrà negli spettacoli musicali trasformare il teatro in salone con tanto di servizio di aperitivo ai tavoli, mentre gli spettacoli per le scuole avranno doppia programmazione.

Olga Chieffi