Di Olga Chieffi
Il solenne ponteficale ieri mattina in Duomo ha avuto principio con la lettura da parte del Vescovo Andrea Bellandi della benedizione di Papa Leone XIII, che ha donato alla comunità salernitana l’indulgenza plenaria a quanti si fossero presentati contriti dei propri peccati alle sacre funzioni di questa giornata o chi, impedito vi avesse assistito da casa. Tre le importanti letture dal Deteuronomio, il ricordo che io Sono Signore Dio Tuo, in ogni luogo della casa tra gli occhi quasi come talismano per la vita, della lettera di San Paolo agli Efesini, ricorda loro ciò che tiene insieme la comunità e lo fa ancora con il linguaggio dell’amore: “Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” e la chiamata dal Vangelo di Matteo, quel Seguimi che ha ispirato l’ intera omelia del Cardinale De Donatis. Seguimi quale motus, quale gesto dinamico dagli infiniti significati, proprio nel giorno dedicato alla Pace. “Il peccatore è seduto, tutto concentrato, troppo attento al proprio io, totalmente occupato da se stesso, troppo curvo nel contare i soldi, troppo affannato da un accumulare senza carità, troppo concentrato per non accorgersi dell’altro, affettivamente congelato perché l’altro diventa solo un oggetto da ingannare e da sfruttare. L’uomo, il cui cuore è in movimento, è libero, l’uomo seduto è schiavo e non riesce proprio a sentire la leggerezza della figliolanza, non riesce proprio a sentire la forza di quello che Paolo, nella seconda lettura, dice di se stesso: io prigioniero a motivo del Signore”. “La Parola seguimi non ha alcuna introduzione, nessuna premessa, nessuna spiegazione, non offre chiarimenti su condizioni e regole, diremmo noi oggi, d’ingaggio. E’ una parola lapidaria e se ci, facciamo caso, quando il Signore, dice a qualcuno “seguimi” sta chiedendo tutto, davvero tutto. Si mette in moto l’amore”. “Nessuno tra noi è più degli altri, ma ci facciamo insieme mendicanti di un amore già abbondante che abbiamo ricevuto, ma che chiediamo ancora, insieme, perché ne abbiamo sempre bisogno. Sentiamo vicine quelle popolazioni sofferenti private della loro dignità e chiediamo intercessione come ha detto il Papa per una Pace disarmata e disarmante”. Presenti, nelle prime file, tutte le autorità civili e militari. I consiglieri comunali del Psi Tonia Willburger, Antonio Di Popolo e Rino Avella, in occasione della solenne celebrazione di San Matteo, hanno partecipato con cartelli recanti la frase “Beati gli operatori di pace, anche a Gaza”. A presiedere la cerimonia religiosa Sua Eminenza il Signor Cardinale Angelo De Donatis, con accanto l’Arcivescovo Monsignor Andrea Bellandi e il Vescovo ausiliare Monsignor Alfonso Raimo, animata dal Coro della Diocesi diretto dal M° Remo Grimaldi e dalle corali delle parrocchie della città.Tra le autorità presenti: il sindaco Vincenzo Napoli, il vice sindaco Paky Memoli, il Prefetto Francesco Esposito, il Questore Giancarlo Conticchio, l’assessore alle politiche sociali Paola De Roberto, il deputato Piero De Luca, i consiglieri comunali Tonia Willburger, Antonio Di Popolo, Rino Avella, Roberto Celano, Dante Santoro, il sindaco di Pellezzano e consigliere provinciale Francesco Morra, i sindaci di San Cipriano Picentino (Sonia Alfano), Siano (Giorgio Marchese), Mercato San Severino (Antonio Somma), Salvitelle (Antonietta Scelza); il consigliere regionale Franco Picarone, l’ex assessore provinciale Lello Ciccone, diversi rappresentanti dell’amministrazione comunale, dei Comuni del territorio provinciale e i vertici provinciali delle forze dell’ordine. Ora le riflessioni toccano ad ognuno di noi. Abbiamo festeggiato Frate Francesco, il suo immortale cantico, il poverello che non si arrende, se non all’amore di Cristo, inseparabile dal suo dolore. È in questo insieme che trova un cammino nuovo. Non ci spaventi o paralizzi nessuna situazione di blocco nel dialogo nel cammino comune. Lo Spirito del Signore ci invita a guardare le cose e le persone, le situazioni e le nostre realtà da un punto di vista più alto. Osiamo! Il Vangelo ci fa ascoltare la vocazione di Matteo, chiamato “un uomo”, perché il suo mestiere di esattore, pur spregevole, non gli ha tolto la dignità più profonda. Il racconto è veloce, si concentra tutto in uno sguardo, quello di Cristo verso di lui. Matteo si è «convertito» a Cristo, perché ha visto Cristo «convertirsi» a lui, fermarsi e girarsi dalla sua parte. Un incrocio di sguardi, occhi negli occhi, o solo quella luce salvifica che raggiunse San Matteo dentro un magazeno, o ver salone ad uso di gabella con diverse robbe che convengono a tale officio con un banco come usano i gabellieri con i libri, et danari, in atto d’aver riscosso qualche somma, dal qual banco San Matteo, vestito secondo che parerà convenirsi a quell’arte, si levi con desiderio per venire a Nostro Signore che, passando lungo la strada con i suoi discepoli, lo chiama all’apostolato; e nell’atto di San Matteo si ha da dimostrare l’artificio del pittore”. Queste le minuziose istruzioni del memorandum preparato dal cardinale Contarelli per Caravaggio Matteo come uno di quei «pubblicani» (agenti delle tasse) che Gesù menziona con disprezzo nel discorso della Montagna, e condensano la scena in pochissime parole: “passando per strada, Gesù vide un pubblicano chiamato Matteo seduto al banco delle imposte e gli disse “Seguimi!”. Ed egli si alzò e lo seguì”.





