Il rito, il sacro e la fotografia - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Il rito, il sacro e la fotografia

Il rito, il sacro e la fotografia

Olga Chieffi

I riti sacri sono fonti di senso, ossia generano i significati originari su cui si fondano le visioni del mondo e le condivisioni tra i membri di una società. Le religioni sono forme istituzionalizzate di questi processi rituali, ma non possono dominarli, perché dipendono da essi. Le religioni hanno bisogno dei riti perché nascono dai riti. I riti, invece, non hanno bisogno delle religioni, dato che esistono prima di loro e possono riprodursi indipendentemente da loro. Ogni religione deve quindi mantenere costantemente il contatto con la natura profonda del comportamento rituale, rispettandolo nelle sue qualità fondamentali. Il corpo è il luogo originario dell’esperienza della vita e solo il corpo, preso nel suo complesso, può risultare efficace nell’elaborare un senso della vita che si confronti efficacemente con la morte. Il «rito sacro» è un corpo («rito») che dà senso («sacro») alla vita. L’interruzione, l’esagerazione e la ripetizione costituiscono alcune dinamiche che qualificano il rito sacro come un corpo che dà senso. L’interruzione, per esempio, stabilisce un «rapporto differenziale» tra la vita quotidiana e l’altro livello della vita a cui si è accennato sopra. Nei riti di tante religioni si ricorre alle stesse azioni, gesti, immagini, parole che si trovano nella vita comune di tutti i giorni: i riti religiosi sono fatti di cose sensibili simili a quelle della vita quotidiana. Si mantiene così il contatto con le esperienze elementari e fondamentali dell’esistenza umana. Il modo di gestire quelle cose sensibili, però, è diverso rispetto al modo con cui sono gestite nella vita quotidiana: il pasto sacro è «sensibile» come qualsiasi pasto ma è anche «altro» rispetto al pasto quotidiano. Questo scarto differenziale, questa interruzione dell’ordinario, è il simbolo di una vita trascendente. L’aspetto fondamentale è che la vita che tende a superare i limiti della morte, la vita trascendente, non è descritta in modo meta-fisico ma in modo intra-fisico, ossia attraverso la diversa gestione di ciò che è fisico e sensibile. La vita che trascende la morte è una vita che non abbandona la dimensione estetica (ossia la dimensione della sensibilità). E’ questa la sintesi della mostra fotografica i Sentieri del sacro che la grande fotografia contemporanea dedica al tema del cammino spirituale, con i suoi gesti e i suoi rituali di fede. L’evento, organizzato in partenariato con il Meeting di Rimini e la Fondazione Teatro Garibaldi di Modica, dall’Associazione culturale Tempi Moderni, in collaborazione con la Fondazione della Comunità Salernitana Ets e Salerno Opera, si terrà in Salerno, dal 13 settembre al 12 ottobre 2025. La mostra, curata da Micol Forti, Direttrice della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani e Alessandra Mauro, Direttrice Editoriale di Contrasto, dopo il successo dello scorso agosto al Meeting di Rimini arriva al Tempio di Pomona, accolta dalla Curia Arcivescovile di Salerno – Campagna – Acerno, nella persona di S.E. Arcivescovo Andrea Bellandi. L’esposizione presentata ieri mattina, nella severità del Salone degli Stemmi, si inserisce nell’ambito degli eventi in onore di San Matteo Apostolo, Patrono della città di Salerno, la mostra fotografica, con oltre cinquanta fotografie e un’opera video. “Il focus tematico della Mostra – ha dichiarato Monsignor Bellandi – è dato dalla realtà del pellegrinaggio e dei gesti sacri ad esso connessi, secondo forme rituali spesso altamente drammatiche e che esprimono – come bene ha scritto il cardinale Tolentino de Mendoça: “un’esperienza spirituale senza la quale la vita resta superficiale, imprecisa, incompleta”. L’umano camminare nei sentieri della vita chiede così di intersecarsi e acquisire significatività percorrendo ulteriori cammini che conducano alla grande mèta dell’incontro con il divino. Mi auguro vivamente che i visitatori della Mostra possano rimanere toccati nel profondo dei loro cuori dalle immagini potenti ivi rappresentate, così da desiderare anch’essi di poter vivere esperienze analoghe di pellegrinaggio e di sacralità che aprano gli orizzonti della vita quotidiana a quelle autentiche dimensioni spirituali, che sole sono capaci di ridestare la speranza. Questo è ciò che anche l’anno giubilare che stiamo vivendo – all’interno del quale si colloca significativamente la presente iniziativa – si propone di favorire in ogni persona”. “Quando c’è stata proposta – ha continuato Antonia Autori Presidente della Fondazione della Comunità Salernitana Ets – questa mostra è stato impossibile dire di no, perché è bellissima e sono esposti lavori di importantissimi fotografi. Anche il tema è fondamentale, perché da queste immagini, che raccontano momenti di fede, trapela qualcosa che è va oltre lo scatto e proietta il visitatore in una dimensione spirituale. Una dimensione che in questo momento storico, è fondamentale. L’impegno della Fondazione di Comunità a partecipare alla realizzazione di questa mostra è un dono che viene fatto alla città”. Marco Russo, Presidente di Tempi Moderni, ha Illustrato la mostra fotografo per fotografo. “Nell’anno del Giubileo della Speranza 2025 una mostra che raccoglie il lavoro di alcuni grandi fotografi: da Gianni Berengo Gardin ad Antonio Biasiucci, da Giorgia Fiorio a Mimmo Jodice, Mario Giacomelli, Ferdinando Scianna e alcuni internazionali come Sebastião Salgado, Markéta Luskačová e Harun Farocki. Affrontare un pellegrinaggio vuol dire lasciare la propria casa e iniziare un cammino verso un’altra terra che rappresenta una meta, una conquista e un approdo. Un luogo non di un singolo, ma di tutti, fatto non solo di solide pareti, ma di fede e speranza, di valori e concretezza, di fiducia e senso di appartenenza. Narrare l’esperienza del sacro è una delle sfide più alte che i grandi fotografi non hanno mai rinunciato ad affrontare. Gesti e sguardi, oggetti e riti, danze e preghiere, processioni e incontri, racchiudono e custodiscono il senso quotidiano della spiritualità, la misteriosa concretezza della fede, colti nell’immagine fotografica in equilibrio tra presenza e assenza, tra ciò è stato visto e ciò che non si vede. Significativa la mano che carezza il crocifisso di legno in processione, che diviene umano, colta dal compianto Gianni Berengo Gardin, da poco scomparso, la ricerca di Mimmo Jodice per la Madonna dell’arco di Maiori, il pane umanizzato. Unitamente all’esposizione, la rassegna Altri Tempi, apre un nuovo spazio di riflessione e scoperta, un gesto collettivo. Una chiamata alla partecipazione. Un laboratorio di senso. Un atto di resistenza culturale. Tra gli ospiti, S.E. Mons. Andrea Bellandi, Clementina Cantillo, Rosella De Martino, Giovanni Fiorentino, Alfonso Amendola, Gennaro Carillo.