di Marco De Martino
SALERNO. Se ci fosse, sul vocabolario, la voce “attaccamento alla maglia” nella spiegazione ci sarebbe scritto il suo nome. E’ il gladiatore della Salernitana dei record. L’uomo che ha eretto un muro invalicabile davanti alla porta di Gori. Maurizio Lanzaro è stato uno dei protagonisti indiscussi della cavalcata granata verso la serie B. Una cavalcata fatta di gioie e dolori, insomma di emozioni intense, che il centrale ha raccontato in esclusiva a Cronache.
Com’è stato tornare nello spogliatoio quattro giorni dopo aver conquistato la promozione?
«Stupendo. C’era allegria, c’era euforia per questa vittoria meritata nonostante nel nostro girone ci fossero fior di squadroni. A mio avviso a fare la differenza tra noi ed il Benevento è stata la continuità di risultati. Le vittorie nello scontro diretto, a Lecce ed a Catanzaro hanno dato il via alla nostra fuga».
Hai citato Catanzaro. Un momento difficile, forse il più difficile, non solo della tua carriera ma anche della tua vita privata. A mente fredda cosa ti ha colpito di più di quegli attimi tremendi:
«Ricordo che tutti, ma proprio tutti, mi sono stati molto vicini. In particolare però lo sono stati il direttore Fabiani ed il team manager Avallone. Sono stati con me in ospedale, insieme alla mia famiglia ed alla mia compagna. Mio padre è morto la sera prima della partita, intorno alle 23,30, e subito dopo per sua volontà sono partito per raggiungere la squadra a Catanzaro. La mattina dopo non avevo detto niente a nessuno, ma poi il direttore ha voluto sapere la verità a tutti i costi. Mi sono sentito di dirgliela e così lui ha voluto che la riferissi anche al gruppo, per far capire a tutti quanto tenessi alla causa. Tutti, dai miei compagni di squadra, al mister, sono stati fantastici con me. Non era un momento facile ma mi hanno fatto sentire tutto il loro affetto. A fine partita sono venuti da me per abbracciarmi dopo la vittoria. Questo ha significato tanto per me. Questo gruppo, oltre che di calciatori fortissimi, è composto di grandi uomini».
Mettiamo da parte i ricordi tristi e concentriamoci su quelli più esaltanti della tua carriera. Valencia-Real Saragozza ti ricorda niente?
«Certo che sì. Era il 30 ottobre del 2010. Finì 1-1. I marcatori? Li ho fatti entrambi io… Per una volta che avevo fatto un gol (mezza rovesciata dopo un palleggio acrobatico nda) riuscii a farlo anche nella mia porta (colpo di testa in anticipo sul proprio portiere nda). E’ stato un episodio bello, ma anche sfortunato. Segnare in un tempio come il Mestalla è stata una sensazione bellissima, che ho riassaporato l’anno dopo contro il Getafe. In Liga ho vissuto un’esperienza fantastica, una delle più belle della mia carriera calcistica».
Cosa ha significato giocare a quei livelli per te?
«Affrontare Messi, Ronaldo, Benzema, Ozil, Fabregas non è da tutti i giorni. Ho avuto l’opportunità di farlo, di giocare al Bernabeu, al Camp Nou. Sono state esperienze bellissime che porterò dentro di me per tutta la vita. Mi ricorderò sempre quando giocai a Barcellona del loro modo di far possesso palla. Tiravano delle sassate ma avevano sempre il pallone attaccato al piede, quella è la cosa che più mi ha colpito. La tecnica con la quale facevano il cosiddetto tiki taka era davvero impressionante».
Procediamo ancora a ritroso, per l’esattezza torniamo a dieci anni fa. Stagione 2004/2005, serie B con la maglia della Salernitana c’era un giovanissimo Lanzaro:
«Nella mia prima tappa qui a Salerno ho avuto l’opportunità di conoscere un grandissimo allenatore come Angelo Gregucci, il quale mi ha fatto maturare tantissimo. Da lì poi ho avuto un altro grande maestro, che mi ha insegnato tanto sia come uomo che come calciatore, che è stato Walter Mazzarri alla Reggina. Un trampolino di lancio fondamentale grazie al quale ho raggiunto la Liga».
Oltre ai grandi attaccanti che hai citato prima, hai avuto modo di confrontarti con due grandissimi difensori come Puyol e Cannavaro. A chi di loro ti senti più vicino?
«Sono stati due grandissimi difensori che ho conosciuto ed apprezzato. Al loro confronto sono molto più piccolo, ma se dovessi paragonarmi ad uno dei due sceglierei Cannavaro perché dal punto di vista tecnico sono un difensore che fa dell’esplosività la propria caratteristica principale proprio come Fabio».
Dieci anni dopo la prima volta in granata, rieccoti qua a festeggiare il ritorno in serie B. Chi ha avuto l’idea di saltare sull’autobus?
«Siccome la promozione è arrivata improvvisa e la società non aveva previsto la possibilità di sfilare con un autobus scoperto, non sapevamo come fare il giro della città ed allora non ricordo chi tra Franco e Pestrin abbia avuto l’idea di montare sul tetto. Siamo saliti dallo specchietto dell’autobus ed abbiamo sfilato tra due ali di folla. Magnifico. Per fortuna che con la Casertana ne avremo uno scoperto».
Una marea granata in visibilio vi ha scortati per tutta la città. Cosa ti ha colpito di più?
«C’era tanta gente per strada. I tifosi li sentivamo poco perché la confusione era tanta, ma quello che ricordo è che ci hanno chiesto di non mollare e di vincere il derby con la Casertana. Abbiamo il dovere di onorare questo campionato fino alla fine, e poi abbiamo un altro obiettivo…».
Cioè?
«Ad 81 punti c’è il record della serie C che vogliamo assolutamente conquistare. Siamo vicini a questo traguardo e sarebbe bello arrivarci per lasciare una nostra traccia importante ancora per tanti anni».
Quando in estate hai accettato di tornare, ti aspettavi di compiere un cammino del genere?
«Non pensavo di dominare così, ma sicuramente avevo la consapevolezza che saremmo approdati in serie B. Scorrendo i nomi dei calciatori che avevamo in rosa ne ero convinto. Poi questa consapevolezza è cresciuta giorno per giorno, partita dopo partita. Ci abbiamo creduto sempre più perché ogni giocatore sapeva che poteva contare sul compagno. Questa è stata la nostra forza»
Qual è stato il momento determinante, l’attimo in cui avete pensato “Andiamo in B”?
«Potrei dirti la vittoria nello scontro diretto con il Benevento, ma per me il crocevia è stato il successo di Lecce. I salentini fino a quel momento avevano avuto in casa un cammino incredibile, mentre noi venivamo da una gara, quella con il Benevento, che ci aveva tolto tante energie mentali e fisiche. Nonostante ciò, dopo solo tre giorni, siamo riusciti a vincere al Via del Mare. Potevamo chiudere il discorso promozione anche prima se non avessimo perso con il Matera».
Quello con i lucani è stato uno dei pochi passaggi a vuoto della stagione, sia per la Salernitana sia per te: «Avevamo speso tanto. Abbiamo pagato le tre partite in una settimana, vincerle tutte era difficile. La gara era indirizzata verso il pareggio, poi ho avuto una incertezza quando la palla è arrivata in area, Diop mi ha preso il tempo ed ha fatto gol». Quando avete capito, durante la gara con il Barletta, che il Messina aveva pareggiato al Vigorito?
«In campo avevamo percepito che stava succedendo qualcosa perché abbiamo udito un primo boato, ma ci hanno subito avvertito che era falso. Poi ne abbiamo sentito un altro e Bianchi, che era a bordo campo, ci ha confermato che il Messina aveva pareggiato a Benevento. A quel punto non era facile mantenere la concentrazione sulla nostra partita perché eravamo sul 2-1. Poi è arrivato il terzo gol ed abbiamo capito che era fatta».
Com’è nata la canzone dedicata a Nigro?
«L’abbiamo inventata sull’autobus, durante la sfilata. E’ piaciuta talmente che uno dei miei compagni, che conosce Nigro, l’ha telefonato. A quel punto gliel’abbiamo cantata in diretta. Ci ha fatto un grande favore ed è stato il nostro modo per ringraziarlo».
Il calcio brucia le vittorie in poco tempo, tra qualche settimana si comincerà già a parlare di futuro. Quello di Maurizio Lanzaro come sarà?
«Mi sto godendo questo momento ma è chiaro che bisogna anche guardare avanti. Ho due anni di contratto e la mia intenzione è quella di rispettarli. Anche perché per me Salerno è diventata come una seconda casa. Qui è nato il mio terzo figlio che ora ha sette mesi e la mia famiglia si trova benissimo. Spero che la Salernitana decida di confermarmi, anche perché il mio obiettivo è di chiudere la carriera con questa casacca, magari regalando un’altra gioia, ancora più grande, a questa gente meravigliosa».