Antonio Manzo
Quella che doveva essere una conferenza stampa è stata trasformata in un’assemblea universitaria stracolma di docenti che ha festeggiato e celebrato il nuovo rettore Virgilio D’Antonio, 45 anni, il giovane docente universitario che non ha vissuto il ’68 (è nato nel 1980) ma è attento studioso della modernità dei saperi che trova, oggi, la radici anche nella stagione sessantottina. Virgilio d’Antonio comincia il suo sessennio con una promessa: “Dobbiamo abbattere i muri intorno dell’Università che la distanziano dalla realtà in cui vive”. Un programma fatto conoscere all’assemblea, moderata da Scotti. A far conservare la programmazione di una conferenza stampa resta la presenza del presidente dell’ordine dei giornalisti campani Ottavio Lucarelli. Un successo dell’ateneo Guardare attentatamene i volti e le età dei docenti sembra respirare un aria post-sessantottina dove molti avevano vissuto la morte dei padri ma non quella dei loro maestri. Il nuovo rettore rompe con ogni tradizione, facendo di tutte, un unico bersaglio: da quella della prima relazione illustrativa di definire le linee di orientamento gestionale al Senato Accademico, e al consiglio di amministrazione, alla indicazione di una chiara indicazione di marcia per l’ateneo di Salerno giustamente riconosciuto al sesto posto degli atenei italiani da una ricerca Censis.E’ un risultato del quale siamo orgogliosi – dice D’Antonio che ringrazia chi l’ha preceduto per aver creato le condizioni per ottenerlo. Se ci fosse stato lo storico Paolo Prodi , che descrisse in un libro di saggi “l’Università dentro e fuori”, non avrebbe esitato a dichiarare le sue riserve e critiche sull’ ANVUR cioè l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca elevata a Vangelo del sapere italiano con le deformazioni che stanno alla base delle nuove strutture tecnocratiche di misura della produttività della ricerca. E Prodi aggiunse, con la proverbiale chiarezza espositiva, che tutti i parametri calati dall’alto non fanno che svuotare la democrazia universitaria e dare ogni potere belle mani di consorzi invisibili a cui sono collegati anche specifici interessi accademici. E per farsi capire meglio, lo storico bolognese, parlò della stessa giustificata denuncia di tutti i mezzi di informazione dei numerosi casi di corruzione si è tradotta, e si sta traducendo ancora, in un grottesco balletto che tende a moltiplicare e razionalizzare i sistemi di scambi di favore a un livello molto più alto e sofisticato di potere; le vicende di mogli e amanti protette da “baroni” appaiono cose d’altri tempi. E per curare gli indubbi mali del mondo universitario italiano denunciati giustamente dalla cronaca quotidiana (disprezzo per le valutazioni di merito, nepotismi, familismi di tutti i tipi come ora sono permessi dalla famiglia allargata alle amanti e ai conviventi in sostituzione della concorrenza con il baratto) si è ucciso il paziente contrabbandando per pulizia una burocratizzazione occulta che accentra in poche mani il potere di scelta.E’ quanto è accaduto all’università di Salerno più volte documentato e denunziato da questo giornale ma subìto con omertoso silenzio dal corpo accademico. E’ lo stesso silenzio che ha osservato il neo rettore anche se i giornalisti presenti non hanno fatto alcune domanda sulla triste attualità preferendo invocare risposte sul futuro accademico spaziale essendo quasi tutti specializzati in giornalismo scientifico. L’amichettismo, un muro Ma a Salerno c’è una storia dell’ateneo “difficile complessa e controversa”, come definita dallo storico Aurelio Musi) che impedisce perfino di conoscere se nel governo dell’ateneo che verrà ci saranno inversioni di tendenza nell’abitudine di far passare cattedre da padri e figli, o a nipoti e mogli, amanti, per favorire propri allievi, simpatie, amicizie e logiche di scambio. Un tempo si chiamava clientela dei baroni, oggi, con un termine celebrato anche dalla Treccani, “amichettismo”. Ora se ne parla a novembre prossimo quando il rettore uscente Vincenzo Loia insedierà il neo rettore Virgilio D’Antonio. Si passerà così dall’assemblea post-sessantotina contrabbandata come conferenza stampa ad un’altra generazione di docenti nati 45 anni fa. Si passerà dal ’68 con i Beatles che segnarono le vite degli accademici presenti all’assemblea alle musiche di Clementino (cresciuto fra Cimitile e Nola) che i giovani avranno imparato a memoria. Maturi, profondi con Grande Anima che intercalano con i versi e la musica di Imagine di John Lennon. E chiuderanno, docenti e studenti, con una poesia in musica sulla fratellanza. Si conclude così la giornata storica all’ateneo d Fisciano, senza buffet d’ordinanza e rispettando il nuovo assemblearismo sobrio.





