Max Magaldi, artista torinese e direttore artistico del festival di comunicazione memetica Memissima, si è visto negare, nel weekend scorso, la possibilità di esporre la sua installazione artistica, prevista nella Cappella del Crocifisso di Vallo della Lucania (Salerno), durante il festival d’arte Ecateion (dedicato alla dea greca Ecatè), dal vescovo della diocesi locale, monsignor Vincenzo Calvosa. Il divieto è stato comunicato durante l’omelia per l’intronizzazione di San Pantaleone e ha generato il disappunto del curatore Simone Sensi e degli altri artisti presenti. La cittadinanza di Vallo si è subito mobilitata e ha ospitato l’opera di Max Magaldi in un’abitazione privata. L’opera è stata riallestita in modo spontaneo e condiviso dai cittadini in un portone del centro storico, presso Palazzo Iannotti, trasformandosi in un evento corale e partecipato. Vainglory, strutturata come la prima tappa del progetto theVices, dedicato ai sette “vizi capitali digitali”, mette in scena l’ossessiva necessità di esibirci online e non è in alcun modo legata alla dea Ecatè, il cui murales è stato il pomo della discordia in questa vicenda. Nell’opera di Max Magaldi, infatti, ben 130 smartphones forniti da REapp, formano una vera e propria “scultura sonora e visiva”: un’orchestrazione fluttuante che oscilla tra caos e armonia, invitando lo spettatore a riflettere su come oggi la condivisione sia funzione e al tempo stesso rumore di fondo delle nostre esistenze. “Sono dispiaciuto per questo divieto che è arrivato inaspettato per un’opera che sensibilizza proprio le persone sulle vanità di cui ci circondiamo. allo stesso tempo sono felice della reazione delle persone”, commenta Magaldi. “Quasi per reazione, è nato un ‘collettivo artistico inconsapevole’ del territorio, incluso, in senso provocatorio e paradossale, lo stesso vescovo. Vainglory a Vallo è così diventata una delle versioni più significative dell’opera, nata dall’unione di forze diverse e dall’energia di una città viva e accogliente”.





