di Carmine LANDI
BATTIPAGLIA. La più grande piaga che affligge la città da un po’ di tempo a questa parte è sicuramente legata al lavoro. Se n’è reso conto il segretario cittadino del Pd, Davide Bruno, che è voluto entrare nel merito della spinosa quaestio.
«L’andamento delle vertenze che si stanno trascinando ormai da due anni per l’area industriale di Battipaglia – dichiara il leader dei dem – non è soddisfacente rispetto all’azione programmatoria a cui sono chiamate le istituzioni di ogni livello ai fini del rilancio del comparto industriale».
A parer di Bruno, infatti, occorre «attuare un intervento organico ed incisivo per rilanciare e riqualificare il sistema produttivo e manifatturiero di Battipaglia»: un atto che, a suo dire, rappresenta «una condizione fondamentale per riaprire una prospettiva per la forza lavoro coinvolta e per contribuire all’innovazione dell’apparato produttivo dell’intera Regione».
Area di crisi industriale? È quel che pensa il progressista: «La vicenda economica battipagliese risponde pienamente a quella tipologia di situazioni di “crisi industriale complessa” definite dal comma 1 dell’articolo 1 del Decreto del MISE del 24 marzo 2010; L’attivazione del procedimento, dunque, va portata all’attenzione della commissione straordinaria con una deliberazione dell’ente Comune per impegnarsi con ogni iniziativa presso il Ministero dello Sviluppo economico, così da favorire la riprogrammazione dei fondi strutturali comunitari e il riconoscimento dello stato di crisi complessa per l’area della Piana del Sele».
Il coinvolgimento dell’ente comunale, dunque, è condizione necessaria, ma non è sufficiente, perché il grosso passa da Napoli: «non basta coinvolgere il Comune e il governo nazionale; è determinante il governo della regione, visto che entro la fine del 2015 bisogna completare il fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr) e la Campania deve ancora spendere 2.025,7 milioni, ossia il 44,3% dell’intero programma: un immobilismo inaccettabile».
Battipaglia, ma non solo, perché il rilancio della città del Tusciano, a detta del democratico, passa attraverso altri due elementi: «bisogna estendere il novero delle aree di crisi campane, che al momento si limita ad Avellino, Acerra e Castellamare ed esclude le nostre parti, e dare il giusto valore all’Accordo di Programma, lo strumento operativo, concordato tra amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati, per la realizzazione delle azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo per la realizzazione di un ambiente economico capace di attrarre nuove iniziative imprenditoriali, nuovi investitori e il rilancio dell’occupazione nei territori interessati da gravi crisi occupazionali».