Queste poche righe le scrivevamo circa ventuno anni or sono, una riflessione che pone le sue radici ancor prima sul finire degli anni ‘90, quando furono commissionati i lavori, di riattamento dell’edificio. Eravamo allievi e ricordiamo
Olga Chieffi
“Oh! quante volte, oh quante ti chiedo…” canta la Giulietta belliniana. Rubiamo l’incipit della celebre cavatina per risalire ai problemi logistici del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, ai ritardi ingloriosi dell’Auditorium, al grave errore del comune nello stabilire nell’adiacente Monastero di San Lorenzo, l’Archivio Generale Sezione Storica della nostra città, invece di pensare a sistemare per sempre la questione aule, che ai tempi di questo articolo e della frequentazione dell’istituto in qualità di allieva del corso di flauto, si lavorava e produceva in condizioni di assoluto degrado, invece di assegnare, crediamo di diritto, l’intero complesso, prima di tutto per la comunicanza, in secondo luogo poiché il Conservatorio, sul finire degli anni ’80 era già stato ospite, con alcune classi di quell’edificio. Un evento questo dell’affido ieri mattina dell’auditorium al conservatorio dal quale prendiamo spunto per un viaggio a ritroso nelle “viscere” dell’ Orfanotrofio Umberto I. Era il 4 novembre 1992, anno dei fatidici concorsi, quando i quotidiani salernitani titolavano “Il Conservatorio suona la marcia funebre: non apre” Anni bui per il Conservatorio Statale di Musica di Salerno “G.Martucci”. A distanza di ben 14 anni dall’inizio di riattamento dell’edificio, lavori affidati prima alla Ditta Zecchina di Napoli, in seguito alla TecnoCostruzioni, con la quale nel 2000, il Comune di Salerno rescisse il contratto per patenti inadempienze, chiedendo oltre 3 milioni di euro per risarcimento danni e adendo alle vie legali per poter riappaltare l’opera, armati di macchina fotografica, con guida storica l’indimenticato Maestro Antonio “Tonino” Florio, curiosammo in questo edificio, stravolto dai lavori bloccati, al tempo, dalla Soprintendenza, a causa della venuta alla luce di reperti archeologici appartenenti agli antichi complessi dei Monasteri di S.Lorenzo e S.Nicola e il mostro di cemento posizionato alla base dell’attuale Conservatorio, che prevedeva addirittura un auditorium a scalea, funereo cimitero di cemento armato, in connubio con i cunicoli del monastero, colonne, resti di scheletri, immondizia prodotta dai barboni che andavano a ricoverarsi nelle infinite stanze, resti delle vecchie camerate del “serraglio” (erano visibili le docce, la scuola di calzoleria, il vecchio refettorio). Nel maggio del 2004 varcammo nuovamente quella porta, tante volte oltrepassata da allieva: vi ri-trovammo, insieme a quelle mura cariche si storia, di suoni, di ricordi, di emozioni, tradizioni, le stesse condizioni di quasi completa impossibilità di lavoro da parte di insegnanti, che pur sorprendemmo a studiare, esercitarsi, in attesa degli allievi, come il fine percussionista, il docente Carlo Di Blasi, o il maestro di tromba Vincenzo Stellato, costretto a far scuola in un’aula dalla veduta innegabilmente “ispirante”, a getto sul Golfo di Salerno, ma dal pavimento che sussultava ad ogni passo, poiché sostenuto da “antiche” travi di legno. Ma i problemi di questa scuola erano infiniti: le aule non erano insonorizzate, cosicché era facile che bassotuba e flauti potessero incrociare le proprie esecuzioni, i migliori allievi della scuola erano i topi, che occupavano da sempre i pianoforti, servizi igienici non adatti, simbolo di un’agibilità concessa ad occhi e naso ben serrati, ad una popolazione scolastica che doveva “vivere” la propria istituzione, frequentando corsi, partecipando ai progetti, che la vedeva impegnata in concerti, saggi, seminari, e che, era, proiettata verso il grande “salto” universitario. Non vogliamo qui rivangare la grande storia della Scuola di Musica dell’Umberto I – del Serraglio – di quelle prime parti di “strumentini” e ottoni delle massime orchestre e bande nazionali e internazionali, uscite dalla prestigiosa scuola salernitana, la scuola di banda, l’intero strumentario donato dal Sindaco Alfonso Menna all’Umberto I, ottoni, violini, contrabbassi, che facevano parte del patrimonio scolastico, (negli anni a seguire “magicamente” spariti), la trasformazione in conservatorio, prima sezione staccata del S.Pietro a Majella di Napoli, poi sede autonoma, al tempo diretta, tra infinite difficoltà, da Pasquale Pinna, il livello e le “ragioni” dell’insegnamento che, il travaglio per il restauro dell’edificio, appalti, sub-appalti, blocchi della sovrintendenza, il progetto, la trasformazione della celebre “villetta”, pensata a forma di coda di pianoforte, il mostro di cemento costruito alla base, il tutto incompleto e inutilizzabile, in completo degrado, come l’ingresso stesso della Scuola, tra labirinti di scale e terrazzamenti, infestati da erbacce e rifiuti. Spazi, questi, per i quali invitammo gli enti a prendere una decisione: salvaguardare la storia, donando luce alle meraviglie del monastero e facendo sparire il mostro cementizio, ovvero continuare con il progetto, consegnando al più presto gli spazi al Conservatorio Statale di Musica di Salerno, erede indiscusso della antica Scuola di Musica dell’Umberto I ? Tutto ciò fu per l’ennesima volta esposto l’anno successivo ai rappresentanti dell’amministrazione comunale, la commissione cultura del Comune di Salerno, una ventina di persone, in rappresentanza di tutte le forze politiche, di maggioranza e minoranza, guidata da Carmine Mastalia, per rispondere, con una visita ufficiosa, agli innumerevoli appelli del Direttore del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci”, Pasquale Pinna e del suo Presidente Pasquale Petrillo, per risolvere al più presto la questione, convocando un vertice unitamente all’amministrazione provinciale e archiviare l’annosa questione. Il problema nasceva dalla pressante legge 508 che obbligava le scuole ad essere in regola con le leggi antincendio per poter predisporre piani di emergenza ed evacuazione. In parole povere la sede del Conservatorio non poteva sostenere la presenza al completo della sua intera popolazione scolastica, oltre 1100 alunni, ieri come oggi. Per portare al termine l’anno scolastico e le infinite attività di questa scuola, tra cui non ultimi i corsi abilitanti per i docenti di scuole medie e superiori, occorreva un’altra trentina di aule in altra sede, oltre a quelle conquistate con i denti in Via Sichelgaita, già dimezzate a favore dell’Istituto Alberghiero, in modo da poter decentrare qualche centinaio di alunni in altro luogo, quindi, ci fu l’altra sede “volante” in Via Bottiglieri. Un insignificante palliativo, allora che avrebbe dovuto essere soltanto il preludio, ma in tempo “Presto”, alla completa ristrutturazione dell’antica sede o alla costruzione di un edificio nuovo, moderno, con tutte le attrezzature per poter rilanciare e guidare l’attività musicale e culturale dell’intera provincia. Nella lunga era di Fulvio Maffia, in tandem con Imma Battista e l’esperienza dei past President della associazione di “spaccio” musica e bellezza, Franco Massimo Lanocita e quindi Aniello Cerrato, si è giunti a “vedere” l’edificio del Conservatorio come è oggi, con il solito problema degli spazi per studiare e provare, ma tra breve con un auditorium in più.





