Una storia sospesa tra realtà e fantasia nel Cinquecento salernitano - Le Cronache Attualità

Francesco Volpe*

Le vicende narrate nel romanzo Il cervo bianco. Il segreto del monte della Stella, pubblicato nel novembre scorso per Planet Book, Castellana Grotte (Bari), sono ambientate negli anni del primo Cinquecento e si svolgono in larga parte nella nostra provincia, tra il Cilento storico e Salerno. Gli autori vivono e lavorano entrambi nella natia terra lombarda, Maria Lucia Meda, neurologa a Cantù, Daniele Coppa, chimico alimentare nel comasco. L’attenzione rivolta alla storia della nostra provincia si spiega perché la dottoressa Mega, trascorrendo le sue vacanze estive a Sessa Cilento, paese che ha dato i natali al marito e collega Biagio Santoro, ha avvertito quel richiamo che esercitano le tante testimonianze ancora vive del nostro passato sugli animi aperti alla sensibilità storica e si dedicata con passione allo studio e alla ricerca. Il frutto è questo lavoro, condotto in porto col coautore, nel quale si è saputo coniugare realtà e fantasia. La storia di Alessandro, protagonista del romanzo, ha inizio in modo misterioso quando, neonato, viene abbandonato presso la Certosa di San Lorenzo di Padula, pochi anni dopo la congiura dei baroni del 1485. La relazione tra i due eventi non viene spiegata se non vagamente. Di certo, già negli anni dell’infanzia, quando è amorevolmente allevato dai frati del monastero, egli dimostra caratteri che lo segnano come predestinato a svolgere una missione speciale in quei turbinosi anni di trapasso da Medioevo ad Età moderna. Si troverà quindi nel corso della sua esistenza tra due forze contrastanti, tra nemici che tenteranno di eliminarlo e alleati che cercheranno di proteggerlo. Il segno del destino si vede già nel suo trasferimento a Valle, un piccolo borgo del Cilento storico, adottato da una coppia senza figli. Valle si trova alle falde del monte Stella, la cui sommità nella visualità del romanzo appare a tutti tenebrosa e misteriosa, oltre tutto per la mitica presenza di un cervo bianco che vi appare saltuariamente. Col tempo il giovinetto Alessandro riesce a vincere il timore e si avventura lungo le balze montane fino alla cima, dove trova un vecchio che gli dà l’impressione di attenderlo per istruirlo sui fini della sua missione. Da quel momento la vita di Alessandro si svolge secondo due itinerari, quello della storia concreta che lo porta a frequentare assiduamente le città di Salerno e di Napoli e saltuariamente l’Andalusia e l’Africa, con proiezioni verso l’America, ma con frequenti ritorni nella terra dei suoi genitori adottivi, anche quando questi saranno scomparsi. L’altro itinerario, quello della storia fantastica, continuerà ad accompagnarlo per tutta la vita, per cui dovunque andrà dovrà difendersi dagli attacchi ostili e frequentare i sodali, indicatigli dal frate Tommaso al tempo del suo soggiorno a Padula. Nella narrazione di questi eventi, che non seguiremo nelle loro varie fasi, il romanzo si articola sempre tra realtà e fantasia, riuscendo a mantenersi interessante attraverso una prosa fluida opportunamente dosata. Una nota è necessaria sui personaggi che Alessandro frequenta in quegli anni del primo Cinquecento. Importante è per lui l’incontro col principe Ferrante Sanseverino, che all’epoca governa saggiamente la provincia di Salerno; questi gli accorda la sua protezione e, notando la naturale inclinazione che il giovane ha dimostrato fin dai tempi della Certosa di Padula, favorisce il conseguimento della sua laurea in medicina. La frequentazione col principe e con la compagna Isabella Villamarina sarà continua, anche quando il principe entrerà in contrasto col potente viceré Pietro de Toledo e la sua fortuna andrà declinando fino alla perdita di tutti i suoi beni e all’esilio. Altrettanto importante sarà l’incontro con Paracelso, col quale Alessandro collaborerà e apprenderà molto per l’esercizio della sua professione. Esatte sono anche le notizie di altri personaggi del tempo saltuariamente incontrati o solamente citati, come Carlo V, Trotula de Ruggero, Bartolomeo de Las Casas. Una licenza invece gli autori consapevolmente si permettono quando, parlando di un eccezionale uomo di cultura che fa da precettore in una famiglia nobile di Valle, gli attribuiscono i caratteri e le vicende di Giambattista Vico, che arriverà nel Cilento più tardi, a fine Seicento e soggiornerà a Vatolla dai marchesi Rocca. Appartengono invece al mondo fantastico taluni personaggi, come lo stesso fra Tommaso di Padula e quelli che vivono in luoghi isolati, il vegliardo trovato sul monte Stella e la vecchia visitata a Napoli nella Certosa di San Martino, che sono tra loro in perfetta sintonia come se avessero un modernissimo smartphone. Sono figure che proteggono e incoraggiano Alessandro a proseguire sulla buona strada. Va detto anche che su tale strada Alessandro ha due sodali che si prefiggono le stesse finalità; se si incontrassero costituirebbero una combinazione perfetta: Alessandro medico, Sinbir matematico e Loubna zingara, onesta e coerente, ma le alterne vicende dei singoli non consentono tale congiunzione, che porterebbe alla realizzazione di un mondo di pace e di uguaglianza. C’è infine in questa storia un’altra nota che è opportuno richiamare; si tratta del confronto che viene fatto dal protagonista tra la nostra società nella quale è vissuto e quelle dei paesi africani e americani che ha conosciuto. Nella sua diagnosi Alessandro dimostra una maturità rara ed eccezionale, pervenendo a conclusioni che solo col tempo sono state ben provate e approvate. Il confronto torna a vantaggio degli stranieri: il mondo dei barbareschi sotto il profilo religioso è senz’altro più tollerante di quello europeo (lo dimostra tra l’altro l’episodio del rais che rivela di essere nato in Calabria ma di aver preferito vivere e far carriera in terra africana dove c’è più libertà). Il che conferma quanto ci hanno detto vari studiosi, tra i quali Achille Riggio: “servi del feudo in Calabria attendevano sulle marine il passaggio di navi corsare per farsi imbarcare”, perché preferivano il loro mondo al nostro. Riguardo al confronto con la società americana è inutile ricordare i soprusi compiuti dai primi colonizzatori. La conclusione. Alessandro torna sul monte Stella ed ha finalmente la visione del cervo bianco. Si guardano negli occhi, poi il cervo si gira e se ne torna nella foresta. Alessandro ha capito: non sono stati sconfitti, non tutto è perduto. Seguendo il senso del logos, rappresentato dal cervo, bisogna continuare a lottare verso il traguardo di un mondo di pace e di uguaglianza. Seguirà quindi una nuova storia?

* già professore di Storia Moderna all’università di Salerno

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