Di Olga Chieffi
Riflettori sul clarinetto, martedì sera, nella chiesa di Sant’Anna al porto, per l’ormai abituale appuntamento con “I Concerti del Conservatorio “G.Martucci”. Il creare con uno strumento timbri, suoni e articolazioni è esattamente ciò che gli esseri umani sono in grado di produrre anche con la voce, da una semplice parola ad una più complessa metamorfosi di dinamiche e colori, attraverso innumerevoli e repentine alterazioni emotive o semplicemente imitative. Tutto ciò è stato messo in vetrina dal Samnium Clarinet Choir, ovvero dalla scuola salernitana, derivante da quella napoletana, di questo strumento, che guarda alla scuola di fiati tutta, figlia del “belcanto”, del bel suono, della melodia, con articolazioni e agogica a contrasto e di un virtuosismo oltremodo spinto, di Gaetano Falzarano, che ha presentato al pubblico questo ensemble, sempre rinnovantesi nelle fila e nei solisti. Iniziazione per l’attenta platea, con l’intera famiglia di clarinetti e un pezzo d’assieme, il “Ballet égyptien”, op. 12, composto da Alexandre Luigini, per quel gusto di far musica nella coerenza complessiva, con spazio alla freschezza dell’interpretazione, tra controllo collettivo e margini di libertà individuale. Dall’ ensemble che ha schierato Antonio Santaniello al “piccolo” mib, Giovanni Liguori, Francesco Liguori, Aniello Sansone, Maria Apuzzo,Vincenza Fiorillo, Morena Maria Giannotti Francesco Calvano,Benito Pio Albano, Graziano Villani, Alberto De Vivo, Lidia Bentivenga, Lucia D’Amato, Pasquale Zinno, Giuseppe Iannitti, Michele Pisciotta, Paolo Sabatino, al clarinetto in Si bemolle, Sabrina Mercurio al clarinetto contralto in Mi bemolle, Alessio Mecarolo al corno di bassetto e Manuel Pio Magurno al clarinetto basso, sono fuoriusciti i primi due solisti per l’esecuzione del Konzertstück in re minore op. 114 per clarinetto, corno di bassetto composto da Felix Mendelssohn Bartholdy. Manuel Pio Magurno e Alessio Mecarolo solisti per questa pagina, nata perché Mendelssohn amava assaggiare le specialità bavaresi preparate con grande maestria dai virtuosi Barmann, hanno reso la partitura garbatamente e con eleganza, unendo equilibrio sonoro all’intensa espressività dialogica. Passaggio di consegne tra il Maestro Gaetano Falzarano e il suo pupillo Francesco Liguori, con Verdiana di Michele Mangani. Sono otto le battute di quell’Adagio lacerante nel secondo atto di Traviata, Violetta deve scrivere la lettera d’addio ad Alfredo, passa la vita innanzi, dolore, speranza, un grido silenzioso, aleggia la morte, lo stesso climax di “E lucevan le stelle”, che abbiamo ascoltato in seguito nella fantasia dedicata a Giacomo Puccini: il direttore chiede un suono e il mondo è tutto lì, il pianissimo è pieno, il suono nitido, librato, raccolto, alla radice dell’invenzione, per farlo risuonare intimamente. Il clarinetto è questo. Poi, si fanno le capriole, qualche scelta un po’ dura di articolazione sull’ostinato, uno staccato ambizioso e pulito, finale con i Vespri Siciliani, dopo essere passati da I due Foscari, Rigoletto, l’Inno delle Nazioni, Aida, Luisa Miller, la Forza del Destino, per quindi sciogliere ogni residua tensione nell’abbraccio commosso col Maestro. Ultime soliste alla ribalta, Maria Apuzzo e Vincenza Fiorillo, per Il Convegno di Amilcare Ponchielli, una trascrizione dall’originale per banda datato 1857. Pagina resa con trasparente e fluidissima vena melodica e una ferrea capacità strumentale, da parte di tutti i componenti della formazione, latori di una ampia tavolozza strumentale. Non sono mancati i pezzi d’assieme a partire da Clarinet Memories, una fuga su temi di Ernesto Cavallini, un omaggio al compianto clarinettista Raffaele Di Costanzo, firmato da Walter Farina, che non smentisce la fama di Paganini del clarinetto, tra fascinazione sonora e timbrica morbidamente levigata attenta alle minime sfumature, per proseguire, indi, con una fantasia su Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, sentimentale, tenera e drammatica, con qualche discronia nella serenata di Arlecchino. Fluire della musica, coerente in Puccini che i ragazzi padroneggiano con disinvoltura e personalità, per quindi chiudere con la Jewish suite di Michele Mangani, tra suoni, voci, vibrazioni di luoghi che si intrecciano in un viaggio, in soggettivo, che ci porta tra case e locali dove si parlano idiomi, incrostati delle lingue abbandonate in patria, simbolo di un esercizio di stile ma, soprattutto, di una riflessione sul futuro. Applausi scroscianti per questi “essercizi” che vogliamo intendere alla maniera alta di Domenico Scarlatti e bis con l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana, nel suo ribollio segreto, nell’oggettività di un’apparenza abbagliante e avvolgente. Le belle notizie giungono alla fine con Giovanni Liguori vincitore del Prix di composizione a Tokyo, Toru Takemitsu Award, con Hypnos, reminiscenze oniriche, per grande orchestra come le richieste del Vicedirettore del Conservatorio Ernesto Pulignano, che vorrebbe ascoltare qualche trascrizione di canzoni dei “Musicarelli”, ma nel frattempo il Samnium Clarinet Choir va in trasferta in Olanda, per l’ European Clarinet Congress 2024 che per il ponte dei Santi avremo ospite in Salerno.