Guglielmo Scarlato, nessuna nostalgia della Dc. Basta con i nominati dall'alto - Le Cronache
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Guglielmo Scarlato, nessuna nostalgia della Dc. Basta con i nominati dall’alto

Guglielmo Scarlato, nessuna nostalgia della Dc. Basta con i nominati dall’alto

di Matteo Gallo

Nessuna polverosa nostalgia da album dei ricordi né frettolosa mise en place per apparecchiare sulla tavola della competizione elettorale un passato importante: «La Democrazia Cristiana, locomotore della storia nazionale nel dopoguerra, non esiste oggi e non esisterà domani». Bensì un guardarsi negli occhi con la consapevolezza delle medesime radici politiche, e la condivisione dello stesso patrimonio di valori, facendo confluire entrambe in una nuova battaglia comune. Contro la «vergogna» delle liste bloccate e i «nominati» di Camera e Senato. Contro quel «potere malato» che «svuota la democrazia» dopo averla infettata. Come prima pietra l’idea di  un’associazione intitolata a Vincenzo Scarlato. Solo, una prima pietra. Perché il convegno organizzato all’hotel Grazia di Eboli e dedicato proprio al compianto leader Dc, più volte parlamentare e sottosegretario di Stato nella Prima Repubblica, si è rivelato fecondo non solo di memoria fraterna ma anche  di riflessioni amare sullo stato di salute della politica italiana e di una tangibile volontà all’azione per restituire centralità ai territori e protagonismo ai cittadini elettori. Al tavolo dei relatori suo figlio Guglielmo, avvocato, già deputato con il simbolo della scudo crociato per tre legislature (nona, decima e undicesima), maestro di diritto e uomo di profonda fede cristiana con battesimo a Montecitorio a soli ventisette anni.  Al suo fianco, in una sala gremita in ogni ordine di posti, lo storico esponente della dc ebolitana Pasquale Sessa – motore dell’iniziativa – e i giornalisti Antonio Manzo e Vito Pompeo Pindozzi. Tutti insieme hanno reso omaggio alla passione civile e alla statura politica e umana di Vincenzo Scarlato evidenziandone,  in particolare, la capacità di visione e di sintesi, l’impegno per la industrializzazione e il rapporto osmotico con la provincia di Salerno. «Mio padre» ha sottolineato Guglielmo Scarlato «aveva una relazione epidermica con il suo territorio e con la ‘base’. Esattamente così ha inteso e vissuto la politica sacrificando la sua stessa famiglia». Vincenzo Scarlato non era uomo di mediazioni al ribasso e non cedeva centimetri sul terreno dell’essere e dell’agire politico secondo coscienza. Nel 1974 aveva appoggiato i “moti popolari” di Eboli, nati a seguito del trasferimento dell’insediamento Fiat dalla Piana del Sele a Grottaminarda, schierandosi contro il suo partito e sancendo, in questo modo, la rottura dei rapporti con Ciriaco De Mita,  allora ministro dell’Industria con il quale era cresciuto insieme nella ‘sinistra di base’. Nella sua idea di sviluppo l’insediamento Fiat (tremila nuovi posti di lavoro)  avrebbe dovuto rilanciare non solo quella parte di territorio ma l’intera provincia di Salerno. Alla fine della storia, incassata la sconfitta, pagherà un prezzo doloroso sul piano umano e  in termini di carriera, sponda Governo. «Per lui» ha spiegato suo figlio Guglielmo «non esisteva alternativa alla difesa degli interessi del territorio e dei suoi abitanti. In quegli anni politico, base e territorio erano una cosa sola.  La comunità, tutta, plasmava e rendeva grande l’uomo politico, non viceversa. E’ stato così per mio padre». Altri tempi. Altra Repubblica, la prima. Che la tempesta giudiziaria di Tangentopoli spazzerà via portandosi dietro le forze politiche che ne costituivano la spina dorsale e le carriere di tanti, troppi, uomini pubblici salvo poi riabilitarli, nella stragrande maggioranza dei casi, a tempo abbondantemente scaduto. «L’antropologia dei parlamentari è cambiata» ha annotato con amarezza Scarlato. «Oggi siamo al cospetto di cortigiani che lisciano il pelo ai leader politici di turno per essere inseriti in posizione utile nei listini bloccati. Nominati calati dall’alto. Questa situazione va avanti da anni nel silenzio sostanziale, e come tale assordante, da parte di tutti». Il ritorno alle preferenze è considerata una condizione sine qua non. Come dire, in punta di citazione: la democrazia o va in questa direzione di sistema elettorale o non è. «Dobbiamo combattere una battaglia a tutto campo per consentire agli elettori di essere nuovamente arbitri della politica» ha tuonato Scarlato. «Per un tempo lungo i partiti di massa hanno fatto sentire i cittadini protagonisti dei processi decisionali della democrazia che, proprio attraverso questa relazione, trovava il suo effettivo compimento. Adesso il voto popolare non è più investitura che esercita controllo». Secondo l’avvocato salernitano questa situazione favorisce «la disaffezione al voto» trovando nutrimento «nell’abbassamento del livello etico della politica». E a sua volta alimentandolo. Un micidiale circolo vizioso che produce «affarismi e affaristi, cesarismi politici e partiti personali. La Prima Repubblica e la sua classe dirigente» ha affermato Scarlato «rappresentano un elemento nobile di memoria collettiva che nulla ha a che vedere con la storia politica contemporanea dell’Italia, verso la quale, quando rivolgiamo il nostro pensiero e il nostro sguardo attento e consapevole, non possiamo che provare vergogna». Presenti al convegno di Eboli amministratori locali, politici non solo di stretta osservanza democristiana, semplici cittadini, estimatori e amici della famiglia Scarlato. In ordine sparso. L’ex sindaco di Salerno Aniello Salzano e i più volte parlamentari Tino Iannuzzi e Guido Milanese. Il già consigliere regionale socialista Salvatore Aversano e Nicola Landolfi, capo della segreteria del presidente della Provincia. L’attuale primo cittadino di Eboli Mario Conte e l’ex primo cittadino Massimo Cariello. La consigliera comunale di Salerno Barbara Figliolia e Graziano Lardo, ex sindaco di Contursi. Il vicesindaco di Roccadaspide Girolamo Auricchio e il dottore Giovanni Alliegro, ex primo cittadino di Padula. Il consigliere Martino di Rosario e l’ex sindaco di Montecorvino Rovella, Michele Picardi. «La lotta dell’uomo contro il potere» ha concluso Scarlato richiamando una frase dello scrittore Milan Kundera  «è la lotta della memoria contro l’oblio. Tutti noi siamo chiamati a combatterla».