di Antonio Manzo
C’è una “confraternita “a Contursi Terme che vanta un “tesoro” in banca di circa 500 mila euro. Danaro dei fedeli, beni testamentari consegnati all’associazione laicale che viene artatamente confusa come arciconfraternita della diocesi di Salerno. La scoperta viene fuori ad un mese esatto dalla prevista festa religiosa del Nome del Bambino Gesù prevista per il 17 gennaio prossimo molto sentita nella comunità contursana. Nella festa, l’associazione laicale continuerà a gestire le offerte dei devoti nella comunità contursana che vanta un Beato, don Mariano Arciero, e una lunga, storica tradizione di religiosità locale. L’arcivescovo della diocesi, monsignore Andrea Bellandi, è già stato dettagliatamente informato di una associazione che non compare nell’elenco delle confraternite della Diocesi né, tantomeno, in un bollettino ufficiale della prefettura del 1932 che disciplinava lo status giuridico di 83 confraternite riconosciute nella provincia di Salerno. Ma soprattutto della circostanza già denunciata della gestione di soggetti privati dei beni offerti per il Bambino Gesù non è la Chiesa ma i soci dell’associazione stessa. I confratelli “ bancari” non sono soggetti ad alcun controllo ma sono sempre ben presenti nella festività contursana occupando le prime file della processione e inducendo la comunità ad una confusione para religiosa.
Parroco di Contursi Terme è un sacerdote stimato, Salvatore Spingi, erede della sede ultradecennale di un predecessore don Salvatore Siani che segnò la storia civica e religiosa del comune termale.
La segnalazione a monsignor Bellandi, ad un mese dalla canonica feste del Bambino Gesù, è arrivata proprio nelle ore in cui una Chiesa meridionale avvia una operazione trasparenza ma anche di rilancio per un recupero delle origini per le Confraternite della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea (Vibo Valentia). Sia pure per motivazioni molto diverse dal caso di Contursi Terme il vescovo Attilio Nostro ha reso noto un proprio decreto inviato ai priori e ai commissari delle Confraternite, nel quale prescrive «di far pervenire alla Curia diocesana, entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione del presente precetto singolare, l’elenco completo degli iscritti, elenco che deve comprendere nome e cognome del confratello/consorella, luogo e data di nascita, residenza».Una decisione assunta per la presunta presenza nelle Confraternite di esponenti di famiglie e clan della ’ndrangheta. Nel territorio diocesano, che corrisponde alla provincia di Vibo Valentia, esistono oltre duecento Confraternite con migliaia di iscritti: un movimento molto diffuso attraversato da vicende poco edificanti, come i tentativi più o meno riusciti dei mafiosi di appropriarsi e distorcere anche la religiosità popolare.
L’iniziativa del vescovo di Vibo Valentia si inserisce nelle regole contenute nelle linee guida “No ad ogni forma di mafie!”, approvate nel 2021 dalla Conferenza episcopale calabra: «Le Confraternite siano affrancate da ogni sudditanza a forze e pressioni che nulla hanno di religioso e di sacro».
Il vescovo Nostro ha così motivato il provvedimento. «Le stesse Confraternite, tanta gente, mi stanno chiedendo aiuto per abbandonare un vecchio modo di operare, per voltare pagina, disinquinare. Un’opera di liberazione». Dunque, insiste il vescovo, «la mia iniziativa è a favore degli onesti, per una crescente collaborazione tra il vescovo e le Confraternite. Sono loro ad avermi chiesto di essere vicino, per aiutare». Caso del tutto diverso per la “confraternita” di Contursi Terme con una associazione laicale giuridicamente riconosciuta e tutelata.
Le confraternite non sono un relitto del passato se non altro per ciò che hanno rappresentato nella religiosità meridionale proprio in quella che fu la diocesi di Campagna e Conza (nel territorio diocesano è compreso anche Contursi Terme). Lo storico Gabriele De Rosa inaugurò, alla fine degli anni Sessanta, una nuova storiografia: la storia sociale e religiosa, che rompeva con gli schemi della tradizionale storia ecclesiastica, preoccupata quasi esclusivamente delle istituzioni e delle élite clericali, dei grandi problemi teologici, nonché dei rapporti tra Stato e Chiesa, ma dimentica del tutto della grande massa dei fedeli che era in fondo la destinataria di prescrizioni e divieti provenienti dai vertici della Chiesa universale e locale. De Rosa percorse una «via italiana» tutta sua della storia religiosa, nella quale la dimensione sociale ebbe un posto di rilievo, di pari dignità. Così come fece il vescovo di Campagna, il vescovo del ‘700 Angelo Giuseppe Anzani. Compulsando le fonti ecclesiastiche, a partire dalle visite pastorali, offrì una religiosità tra le istituzione ecclesiastica ed una povera regione del Mezzogiorno.