Il cavallo Persano lascia la reggia di Carditello per tornare a casa sua a Persano - Le Cronache
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Il cavallo Persano lascia la reggia di Carditello per tornare a casa sua a Persano

Il cavallo Persano lascia la reggia di Carditello per tornare a casa sua a Persano

Di Oreste Mottola
SERRE – Il cavallo Persano lascia la reggia di Carditello per tornare a Persano. L’8 ottobre alle ore 8 il cavallo Persano torna a Serre, con ingresso da Borgo San Lazzaro, il borgo contadino prodotto dalla Riforma Fondiaria degli anni Cinquanta e si va a stabilire nell’antico complesso equestre della Menanova. Un ritorno atteso da oltre mezzo secolo, fin da quando, era nel 1972, fu definitivamente chiuso l’allevamento allora gestito dall’Esercito Italiano. E’ questo il cavallo, “razza governativa”, quello delle ultime cariche di cavalleria dell’esercito italiano nell’ultima guerra mondiale ed usato dai fratelli d’Inzeo nelle Olimpiadi degli anni Sessanta e nei principali concorsi ippici internazionali. Lo stesso cavallino rampante della Ferrari è la rappresentazione stilizzata dell’antico cavallo Persano. Enzo Ferrari nel 1923, un secolo fa, lo “prese in prestito” come simbolo della sua “scuderia” da Francesco Baracca, pilota aeronautico ed eroe della Prima guerra mondiale che aveva dipinto sul suo aereo, essendo anche un ottimo ed appassionato cavallerizzo, la sagoma del suo cavallo. Diventa l’attuale “Persano” quando chiesero ad un grafico di renderlo un po’ più armonico. E quello che fece? Si ricordò delle foto del padre, un ufficiale di artiglieria che aveva prestato servizio a Persano, e si ispirò a queste foto nel suo lavoro di restyling.
Un principe veterinario, il siciliano Alduino di Ventimiglia, ne scopre alcuni vecchi esemplari nell’allevamento di Grosseto dell’esercito, li compara e li salva. Comincia così il nuovo capitolo della storia del Persano. C’è anche uno storico al lavoro, Antonio Gallotta, che conosce uno ad uno i vari esemplari, anche partendo da una semplice fotografia. E nella “partita” hanno coinvolto anche l’associazione dei figli degli impiegati civili della base militare di Persano, costretti a lasciare quelle terre quando i genitori si pensionavano e dovevano lasciare gli alloggi di servizio ma rimanendo sempre con “Persano nel cuore”, così si chiama la loro associazione animata da un medico – scrittore, Fausto Bolinesi. Rivedere qui, ed ospitare, una decina di esemplari di “Persano” è il loro successo, reso possibile dalla Regione Campania, che ha messo a disposizione le antiche stalle della Menanova di Persano. Quello strano trio composto da un medico, un principe siciliano ed un tecnico siderurgico che ha lavorato in tutto il mondo, ora ha ricreato un mondo così legato ad un’antica razza equina, vanto della nobiltà della Piana del Sele degli ultimi secoli. Loro non hanno dubbi: quel “cavallino rampante” è cosa nostra, delle terre racchiuse tra il Sele e il Calore, tra Eboli, Battipaglia, Serre, Altavilla e Albanella. E si godono la rivincita sui Savoia, che molto stupidamente in verità, che poco dopo essersi insediati al Sud, vollero ridimensionare fino a cancellarlo, l’allevamento del cavallo Persano che in sé racchiudeva anche un avanzato sistema di organizzazione sociale di maestranze specializzate. Ed una rappresentanza dei “giumentari di Persano” (i cow boy di casa nostra”, nell’Ottocento sconfissero in un rodeo a Roma perfino Buffalo Bill ed i suoi.
Questa razza, di imponenti e possenti puledri, fu sempre utilizzata dalla cavalleria perché capace di operare su qualsiasi terreno e con qualsiasi clima. Era un orgoglio napoletano e borbonico, ma, con l’avvento dei Savoia, nel 1874 venne dispersa: le scuderie furono chiuse ed i puledri vennero venduti all’asta e alla fiera di Eboli. Tale soppressione fu voluta per poter cancellare un ulteriore simbolo e ricordo della dinastia dei Borboni. Solo nel 1900, 26 anni dopo la chiusura e la dispersione della razza, i Savoia si resero conto del grave errore commesso e ordinarono la riapertura delle scuderie e dell’allevamento, sempre in Persano, mutandone il nome in Razza governativa di Persano, con l’ausilio di cavalli riacquistati da allevatori privati e da quelli che Vittorio Emanuele aveva trattenuto per sé. In mezzo ci sono le vicende connesse alla mesta battaglia per evitare l’estinzione di questa razza narrate sulle pagine di pochi giornali.
Era intento di Sergio Marchionne, autore della rinascita della casa automobilistica Ferrari, di riscoprire il suo marchio. La sua morte improvvisa bloccò quell’intenzione. Ora l’auspicio è quello della creazione di una robusta filiera istituzionale che restituisca i suoi fasti al cavallo di Persano. Più della Coca Cola, di Apple e di McDonalds, e Marchionne lo aveva intuito subito: il marchio della Ferrari, quel cavallino rampante, è il brand più conosciuto al mondo. Una vendetta di quel cavallo che i nostri avi allevarono a un tiro di schioppo dalle nostre case.