Le cronache riportano con evidenza uno straordinario lavoro che sta facendo la Guardia di Finanza, sul recupero di enormi somme, frutto di complesse attività di riciclaggio e autoriciclaggio. Più della droga e delle estorsioni, l’attività delittuosa si concentra oggi sul riciclo dei capitali, che è il terreno preferito dalle mafie per appropriarsi dell’economia legale. E’ giusto quindi che la magistratura inquirente affini le sue conoscenze e moltiplichi la sua attenzione sulle vicende societarie sospette. A partire dall’anno venturo, saranno 34 gli alert delle operazioni commerciali sospette sulle quali si concentrerà l’attenzione della Banca d’Italia attraverso il suo sito informatico dell’UIF. Chi sono i destinatari di questi alert con obbligo di segnalazione? Certamente le banche e tutti gli istituti di credito. Ma anche, si badi, la categoria dei notai. E certo! E’ attraverso la loro attività di consulenza e redazione di atti pubblici societari che passa anche necessariamente il grande fiume del riciclaggio dei proventi di reato. Già la riforma della legge notarile con il D.Lvo n° 91/2014 ha potenziato il ruolo del notaio come tutore della legalità. E’ passata al notaio la responsabilità della verifica preventiva di correttezza legale degli atti societari, a differenza di prima, quando tale verifica era affidata al Direttore del Registro delle Imprese; adesso gli atti notarili vengono subito iscritti nel Registro delle Imprese stesso, e fanno piena fede erga omnes, come gli acquisti degli immobili. Quindi i notai stanno, o dovrebbero stare, attentissimi sulla presenza di elementi sospetti nelle delibere societarie. Perché è facile che le furbate finanziarie di occultamento e di passaggio di mano dei capitali trasmodino, come accade sovente, nel cappio del reato di autoriciclaggio, introdotto nel 2017. Questa è una figura giuridica fondamentale nella lotta alla criminalità economica, e va dato atto alla Guardia di Finanza di averne compreso appieno tutte le potenzialità di contrasto al malaffare. Anche la Cassazione, intervenendo da poco per dire la propria in sede di misure cautelari avverso i provvedimenti del Riesame (più rapidamente pervenuti alla sua attenzione, rispetto alle sentenze di appello, visto che il reato è nato da pochi anni) è stata draconiana con l’autoriciclaggio. Per la Corte Suprema, ogni espediente societario che serva a passare di mano capitali frutto di un delitto, reimmettendo i soldi nel circuito economico legale, è un autoriciclaggio, punito con la reclusione pesante. Siamo solo all’inizio di un ciclo virtuoso che si avvierà a regime quando tutte le Procure si attrezzeranno meglio per la lotta all’economia malata. Si comprende quindi come il successo dell’applicazione del reato di cui all’art. 648 ter 1 del c.p. (autoriciclaggio) sia appannaggio soprattutto delle Procure più piccole; sono più agili nella gestione degli affari penali, per cui l’avvio dell’azione penale è facilitato da una organizzazione più snella, che agevola i sostituti PM.
Dico questo per rispondere alle segnalazioni che pervengono a questo giornale su alcuni casi giudiziari avviati da tempo a dibattimento, dove, si osserva incomprensibilmente alcuni reati imponenti di autoriciclaggio possono non essere stati contestati, pur essendovene, apparentemente, tutti i presupposti.
Per meglio capirci, la sentenza n° 37503 del 21/6/2019, relatore Monaco, della Suprema Corte è esplicita sui trucchi per mascherare la provenienza illecita dei capitali passandoli, illegalmente, da una società all’altra con l’avallo di strumentali fitti e conferimenti di aziende adottati per occultare il delitto che sta alla base dell’appropriazione dei beni aziendali. Per la Cassazione si tratta di autoriciclaggio, sì, proprio il delitto previsto dall’art. 648 ter 1 del c.p. Con la fatale conseguenza che il profitto del reato, cioè tutti i beni aziendali illecitamente passati di mano, devono essere confiscati. Cioè andranno al patrimonio erariale dello Stato. Perciò le Procure devono stare particolarmente attente nelle attività di investigazione e di contestazione dei reati, poiché l’azione penale è obbligatoria. Mancare la contestazione di un delitto di autoriciclaggio, a cui potrebbe conseguire la condanna dei colpevoli, e quindi l’obbligatoria confisca del prodotto del reato, significa creare un danno erariale allo Stato. Con conseguenze sull’apprezzamento del lavoro del PM distratto, poiché, se macroscopico è il suo errore, è certo che il mancato avvio dell’azione penale crea un danno alle tasche di noi tutti per centinaia di milioni di euro, in qualche caso.
Parleremo nella prossima puntata di come il problema dell’autoriciclaggio interessi il ruolo dei notai, con l’esempio di un recente caso giudiziario eclatante per l’immensità economica del fatto che riguarda un’mpresa della nostra provincia.
Dove, diciamolo subito, l’Accusa, secondo le indiscrezioni, appare al momento incomprensibilmente monca. E dove il controllo preventivo notarile poteva bene essere più efficace e provvidenziale.