La corte di appello di Milano, seconda sezione penale, in riforma della sentenza di primo grado che condannava l’amministratore unico di Giffoni Media Service, società controllata dall’Ente Autonomo Festival, Pietro Rinaldi lo assolve con formula piena ai sensi del 530, codice di procedura penale, perché il fatto non sussiste.
Stamattina si è celebrata al tribunale di Milano l’udienza di ricorso contro una prima sentenza che vedeva imputato e condannato Pietro Rinaldi come amministratore unico di Giffoni Media Service nei riguardi del Comune di Milano per un bando al quale la società aveva partecipato e vinto nel 2015. Gli avvocati Michele Tedesco di Salerno e Luca Ricci di Milano, nei motivi di appello presentati, hanno esposto tutte le motivazioni utili a scagionare totalmente Pietro Rinaldi dalle accuse penali contestate. Oggi è un giorno importante nel quale la trasparenza delle nostre azioni è stata totalmente riconosciuta e deliberata. Il tribunale ha valutato tutte le ulteriori prove documentate e certificate, accogliendo in pieno le proposte del collegio difensivo. La notizia, prima del rinvio a giudizio e poi della prima sentenza, lo scorso anno fece naturalmente scalpore. Abbiamo mantenuto, nel rispetto del tribunale e della magistratura, un doveroso silenzio e distacco in attesa di questo giorno che ci libera finalmente da ogni dubbio, colpa e responsabilità. La giustizia ha vinto.
“La sentenza di oggi mi riempie di gioia – ha dichiarato Pietro Rinaldi – Ho sofferto molto in questi lunghi mesi e voglio ringraziare quanti – iniziando da tutto il team del Giffoni Film Festival – mi sono stati vicini. Un abbraccio convinto al Direttore e Fondatore Claudio Gubitosi che non mi ha fatto mai mancare, anche nelle sue testimonianze al tribunale di Milano, la sua totale partecipazione. Ringrazio anche gli avvocati Michele Tedesco e Luca Ricci per il loro prezioso, appassionato e determinante supporto. Sono ancora a Milano e, nelle ultime ore, ho avuto modo di apprezzare ancora di più il valore della giustizia. A volte si incappa in percorsi un po’ tortuosi, come nel mio caso, ma l’importante è che l’ordine, la trasparenza e la legittimità degli atti abbiano portato a questa sentenza”.