“La situazione del Comune di Salerno, tale da indurre gli stessi revisori dei conti a paventare il default, come abbiamo appreso da notizie di stampa, desta fortissime preoccupazioni. Tra disavanzi, un quadro debitorio fuori controllo e difformità contabili, il rischio è che a pagare tutto questo siano i cittadini, non solo per le conseguenze della cattiva amministrazione in termini di servizi, ma anche dal punto di vista delle addizionali fiscali”. Lo ha dichiarato l’onorevole Pino Bicchielli, vice presidente di Noi Moderati alla Camera dei deputati che ha presentato un’interrogazione al presidente del Consiglio, al ministro dell’Economia e al ministro dell’Interno, affinché vengano valutata ogni iniziativa per scongiurare il pericolo di rincari delle tasse e di uno stato di dissesto che sarebbe il colpo di grazia per una città già gravata dal perpetuarsi di una lunga stagione di potere e di fatto abbandonata al proprio destino. “Siamo di fronte a un’amministrazione fuori controllo, che dietro una cappa di potere opprimente e le esternazioni istrioniche del proprio notabile di riferimento nasconde – e neanche troppo – uno stato confusionale sempre più allarmante. Non lasceremo Salerno in questo stato di abbandono, per questo ho interessato il governo della vicenda della quale seguiremo con attenzione tutti gli sviluppi”, ha aggiunto Bicchielli. Nella sua interrogazione, il parlamentare salernitano ha acceso i riflettori sulla situazione debitoria del Comune di Salerno: “Il collegio dei revisori dei Conti del Comune di Salerno riterrebbero, infatti, inevitabile il dissesto dell’Ente come tanto rilevato nella delibera di riconoscimenti dei debiti fuori bilancio – si legge nell’interrogazione presentata dal parlamentare salernitano – Il Comune di Salerno era stato inserito nel gruppo delle città destinatarie del Decreto Aiuti per il risanamento finanziario avendo denunciato, per l’anno 2020, un disavanzo di amministrazione pari a 201.893.510,41 euro”. Di fatti, il dato pro capite portava Salerno al primo posto nella classifica effettuata dal Sole 24 Ore. “La componente principale delle entrate è rappresentata dalla vendita dei beni di proprietà pubblica che, nell’intero periodo del rientro, è quantificato in 77.018.558,91 euro, cioè pari a circa la metà del disavanzo da ripianare – si legge ancora nell’interrogazione presentata al ministro dell’Economia e delle Finanze – A tal riguardo l’elenco del patrimonio disponibile espone 61 cespiti per un valore di 13,3 milioni di euro, oltre a 4 aree cosiddette prog, cioè oggetto di riqualificazione per ulteriori 31,4 milioni. In totale, si potrebbero incassare solo 44,7 milioni, nel caso raro che fosse realizzato il valore a base d’asta”. Da qui la richiesta al ministro di verificare la congruità del piano di rientro con riferimento alle effettive condizioni dell’ente e attivare, di conseguenza, i vari strumenti di controllo.
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