di Salvatore Memoli
Mi permetto di rivolgere una richiesta all’Arcivescovo di Salerno, mons. Andrea Bellandi. Mi piace molto far conoscere al nuovo Arcivescovo, attento e sensibile, che sta imparando ad amare Salerno, la storia della vita di Mons. Gaetano Pollio che ha fatto molto per Salerno ed i suoi abitanti. Un uomo di Chiesa che ha donato la sua vita alla missione affidata dai pontefici a lui, dalla Cina a Salerno. Noi salernitani ne abbiamo conservato il ricordo, ne sentiamo ancora gli insegnamenti e le sue parole cariche di ammaestramenti evangelici. La sua vita è stata segnata da tante sofferenze fisiche, da distacchi dolorosi, da una prigionia fatta in Cina, vittima del marxismo ateo. Uomo di Dio, maestro di Fede, ha parlato sempre con tanta bontà, amando la sua Chiesa, i suoi sacerdoti e religiosi, non si è mai sottratto ai suoi doveri di Padre e Maestro, diffondendo un profumo intenso di vita santa e di testimonianza sincera di una santità quotidiana. La sua tomba in cattedrale è meta di visitatori e di tanti fedeli che lo ricordano e gli vogliono bene. La sua vita è stata straordinaria e ricca d’insegnamenti. Per tanti concittadini e suoi seguaci nel mondo sarebbe una giusta risposta l’apertura di un processo per verificare e dichiarare le sue eroiche virtù umane e di Pastore dal cuore grande ed universale.
Non ci sono memorie più vive di quelle di uomini che hanno dato lustro ad un territorio. Mons. Gaetano Pollio 111.mo Vescovo della Chiesa di Salerno giunse a Salerno, per il suo ingresso in Diocesi, il 13 aprile 1969, accompagnato in processione per le vie della città da mons. Angelo Campagna, poi eletto Vescovo di Alife Caiazzo, e da Mons. Federico Aquaro, tra ali di folla accoglienti e festanti.
Soltanto pochi mesi prima il Card. Confalonieri, sollecitato dal Sindaco Menna che intendeva incoraggiare la nomina di mons. Guerino Grimaldi, aveva riferito all’illustre interlocutore salernitano queste parole: “ per Salerno, Pietro ( il Santo Padre) ha già provveduto, con sollecitudine Pastorale”. La decisione era stata presa da Paolo VI che, durante la storica visita della Notte di Natale del 24-25 dicembre 1968 al Centro Siderurgico di Taranto, aveva chiamato da parte mons. Pollio riferendogli la sua volontà di trasferirlo da Otranto a Salerno, dove avrebbe avuto il titolo di Arcivescovo Primate, Presidente della Conferenza Episcopale Salernitana-Lucana.
Il 10 febbraio 1969 lunedi Otranto, l’Arcivescovo Pollio annota nel suo diario: “Oggi è scoppiata la bomba del mio trasferimento alla Sede di Salerno…”. Otranto, terra dei martiri, aveva amato questo Vescovo Martire, che la Cina aveva espulso dalla guida della Diocesi di Kaifeng, dopo irripetibili sofferenze, il carcere, le catene ai polsi, i mitra alle tempie, il carcere in un luogo insalubre tra escrementi, la condanna alla pena di morte…perché ritenuto al servizio dell’imperialismo americano.
Dalla vicenda dolorosa del carcere era nato il libro autobiografico dal titolo Croce d’oro tra le sbarre, con il quale mons. Pollio consegnò al mondo la sua schietta testimonianza sulle dilanianti violenze subite dal regime comunista di Mao. Affermato e seguito conferenziere, al suo rientro in Italia, fu invitato in tutto il mondo per parlare della sua triste vicenda di condannato a morte che aveva visto trasformare la dolorosa sentenza nell’altra dell’espulsione perpetua dalla Cina. A Salerno venne a parlare il 29 settembre 1954, in occasione del millenario della traslazione del corpo di San Matteo, ospite dell’Arcivescovo Moscato. Soltanto pochi anni dopo il Papa Giovanni XXIII lo riceveva, durante l’udienza pontificia del 14 ottobre 1960, per comunicargli la sua nomina a Vescovo di Otranto con queste parole: “ Tu non tornerai più in Cina, ma Cristo vi tornerà. Ora vai ad Otranto, terra di martiri”.
Figura eccelsa dell’episcopato, servì la Chiesa con dedizione ed obbedienza, rivestendo impegni delicati anche durante il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Alto, distinto, impeccabile nella sua talare filettata, portava sul petto una croce episcopale appartenuta ad un Vescovo martire in Cina, aveva un eloquio semplice e gentile, sempre utilizzato per ammaestramenti pastorali e di catechesi, mai distratto da argomenti banali o di parte. Anche quando parlava della sua ferma condanna del comunismo e dei torturatori suoi e del popolo cinese, usava per tutti parole di amore e di perdono. La sua presenza nel Palazzo Arcivescovile di Salerno era avvertita dai fedeli e dai visitatori che ne apprezzavano la disponibilità e la concreta generosità verso i poveri che salivano da lui per chiedere aiuti.
A lui che veniva dal martirio Salerno ha riservato non soltanto onori ma anche dispiacere da parte di alcuni esponenti del clero e del laicato. Fu Vescovo dinamico ed intraprendente, aprì al Culto molte Chiese, s’impegnò per la tutela e la conservazione del patrimonio artistico della Diocesi, istituì la Commissione di arte sacra da lui presieduta, inaugurò la Sala Scacco-Vaccaro, spinse mons. Carucci allo studio del Rotolo dell’Exultet, incoraggiò la pubblicazione sugli “ Avori Salernitani del XII sec.”, ottenne nel 1981 una sezione staccata della Soprintendenza nel Museo Diocesano. Pastore attento e sollecito nel 1972 eresse la Chiesa di S Agostino a Santuario per la venerazione della Vergine di Costantinopoli, nel 1980 eresse il Santuario mariano di Santa Maria della Speranza a Battipaglia; benedisse le nuove chiese a Macchia, a Fratte, a Pontecagnano, a Baronissi, a Serino, sul Monte Stella, a Coperchia, a Salerno- Gesù Risorto, a Eboli etc.
Finalmente a Salerno si ricorderà questo gigante della Fede della Chiesa, con una lettura di testi tratti da Croce d’oro tra le sbarre, curata dall’ottimo avv. Corradino Pellecchia, il 12 dicembre pv alle ore 19.30 nella Chiesa di San Giorgio in via Duomo. Aspettiamo che i Salernitani si riapproprino di una memoria nobile della Città e della Chiesa, in attesa di vederne riconosciuti i meriti sugli altari della venerazione di tutti.