Teresa Marrazzo, imprenditrice della prestigiosa e storica azienda paganese denominata “Casa Marrazzo”, ubicata in via Madonna di Fatima 34/36, racconta la sua azienda e aggiunge alcune sfaccettature dell’economia rurale di Pagani. Perché si chiama “Casa Marrazzo”? “Marrazzo” è il cognome della nostra famiglia; “Casa” perché riteniamo che sia il luogo dove ognuno di noi si sente se stesso, si sente amato e al sicuro. Quando e dove nasce l’azienda “Casa Marrazzo”? L’azienda nasce a Pagani, in via Ammaturo nel 1934. Chi è stata la prima persona a ideare l’azienda? Nonno Pasquale, l’azienda era diversa da quella che è oggi, ma ci sono gli stessi concetti di rispetto per il territorio e per le materie prime. Oggi chi gestisce l’azienda? Teresa, Gerardo e i figli di Carmine. Che prodotti offre l’azienda “Casa Marrazzo”? Noi conserviamo vegetali, frutta, legumi, pomodori e cerchiamo di conservarli nella maniera più naturale possibile affinché il sapore della materia prima fresca non sia alterato ma diventi la giusta base per chef, pizzaioli e massaie per ricette prelibate. Il brand “Casa Marrazzo” sconfina ampiamente oltre il territorio paganese, fin dove arriva? Il nostro fatturato è distribuito al 50% in Italia e 50 % all’estero. Il nostro marchio è ben radicato in Europa, ma anche in Russia e in Usa. Quali sono i prodotti locali maggiormente richiesti dalla clientela? Il pomodoro pelato San Marzano Dop in primis, ne consegue la confettura di pomodoro San Marzano e il sugo pronto di San Marzano. Sono inoltre richiesti: piennolo Dop, i peperoni grigliati, i friarielli napoletani, le pesche sciroppate, la mela annurca, i prodotti slow food. Il consumatore, che tutti pensano sia attratto dai marchi o da grandi slogan, è diventato un consumatore attento che si documenta su ciò che sta comprando e mangiando, pertanto il contenuto della conserva che si acquista deve essere di qualità, al di là di un marchio o di un bollino, e “Casa Marrazzo” concilia ambedue le cose. Si dice che la campagna sia il fiore all’occhiello dell’economia paganese, secondo lei, si potrebbe valorizzare di più questa parte di territorio? Non credo che la campagna sia il fiore all’occhiello di Pagani, anche perché, senza voler fare polemiche, Pagani e la sua economia non sta attraversando un periodo florido. A Pagani sono insediate aziende importanti con fatturati notevoli, ma le aziende non sono sostenute e sono invogliate a lasciare il territorio perché non hanno i giusti servizi e la giusta attenzione. Comunque la campagna, intesa come agricoltura, è il perno principale dell’Italia intera, ma è un settore non valorizzato e discriminato dai giovani che si affacciano al lavoro. Il virus Sars-Cov2 ha penalizzato diversi settori lavorativi, come ha reagito l’azienda durante il periodo caldo della pandemia? In verità noi abbiamo lavorato molto di più sia all’estero che in Italia. I nostri dipendenti sono stati al lavoro con le dovute precauzioni e con monitoraggi continui. Si parla spesso di giovani che investono nella terra, diventando imprenditori agricoli. Pagani ha bisogno dei giovani in questo ambito lavorativo ? Pagani ha bisogno di lavoro, mi fermo qui. Che cosa si sente di consigliare ai giovani che si interessano di investire in questo campo lavorativo? Se si riferisce all’agricoltura, Pagani offre poche possibilità perché gli appezzamenti grandi di terreno, dover poter costruire una vera azienda agricola, non ci sono. Se si riferisce al lavoro in generale, l’unico consiglio che mi sento di dare come imprenditore e come genitore è che il sacrificio è l’unica strada per raggiungere un obiettivo. Oggi nessuno è disposto a fare sacrifici ma tutto è dovuto, non è cosi. Se si vuole realizzare un sogno o si vuole semplicemente intraprendere una strada per cui ci si sente portati, bisogna sacrificarsi. Mio padre diceva sempre: “Il sapore del pane guadagnato è molto più buono di quello regalato!” una santa verità.
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