di Arturo Calabrese
Era il 16 novembre del 2010 e a Nairobi in Kenya si stava per scrivere la storia. La Dieta Mediterranea venne inserita nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’Umanità dell’Unesco, un prestigioso riconoscimento ricercato e fortemente voluto dall’Italia, ben consapevole delle sue potenzialità in ambito economico e non solo con uno sguardo rivolto al futuro. La delegazione italiana era guidata da Pier Luigi Petrillo, nella veste di coordinatore della candidatura. Si decise di puntare su di lui per un curriculum degno di nota e per i suoi successi nel medesimo ruolo per altre candidature come, ad esempio, delle Dolomiti e delle Isole Eolie o di altre realtà immateriali come tradizione partenopea della preparazione della pizza. Quest’ultimo traguardo, col senno di poi, è stato foriero di buone notizie per quanto riguarda la Dieta, di cui la pizza può essere considerata parte integrante. Non fu facile perché l’iter durò quasi 4 anni, un periodo in cui il Ministero ha prodotto un fascicolo molto corposo specificando quanto la Dieta Mediterranea fosse fondamentale per la storia e per l’identità del popolo italiano in particolare di quello del Sud. All’Italia, si aggiunsero anche Grecia, Marocco e Spagna, con cui il Bel Paese condivide tale tradizione. Le ricadute positive sul comparto economico italiano si registrarono ancor prima della ratificazione tant’è che già nei primi mesi del 2010, quando la voce del successo della candidatura si faceva più insistente, si registrò un aumento delle esportazioni dei prodotti agroalimentari verso l’Europa del 10%. Un numero che nemmeno i più ottimisti avrebbero potuto prevedere e, forse, nemmeno lontanamente immaginare nei più rosei sogni. Fu quello l’incipit di una storia che a distanza di quasi 12 anni continua a trainare l’economia italiana, costituendo il 15% del Prodotto Interno Lordo e attestandosi intorno ai 552 miliardi di Euro del 2019, ultimo anno di normalità in cui si è potuto tracciare un preciso disegno senza alterazioni di sorta. Questa percentuale non ha contezza della ricaduta turistica: l’Italia è famosa nel mondo anche per la sua cucina e c’è una consistente fetta del turismo che sceglie lo Stivale come meta dei propri viaggi per gustare i prodotti tipici che ogni regione offre e declinati in molteplici modi. Il Pil del turismo corrisponde a 436 miliardi di euro, circa il 13%, e quello agroalimentare, seppur una stima sia difficilmente tracciabile, gioca un ruolo fondamentale. Nel Meridione d’Italia, con focus sul Cilento, il turismo è originato anche dalla diffusione della Dieta Mediterranea e del suo concetto. C’è chi raggiunge il territorio per assaporare i prodotti della terra, la pasta, il buon vino, l’olio dei secolari ulivi, la mozzarella, la carne (poca, come prescritto dalla Dieta), godendo delle prelibatezze della tavola. La Dieta Mediterranea, però, non è solo ciò che avviene a tavola, ma un concetto molto esteso che comprende il modo di vivere tipico del Cilento. Proprio su questo aspetto si basava lo studio di Ancel Keys, lo scienziato americano ritenuto il papà della Dieta, e cioè uno stile di vita sano, attivo, attuato nella calma e nella lentezza dei piccoli borghi, lontano dalla frenesia tipica delle grandi città. Il turista che visita il Cilento vuole anche questo e dei paesi apprezza il silenzio, il profumo dei fiori, i colori della natura che in ogni momento dell’anno esprimono bellezza, l’accoglienza tipica del cilentano, ben disposto ad aprire le porte di casa propria per ospitare lo straniero. Quest’ultimo è un retaggio dei progenitori greci, colonizzatori del Sud Italia. La Dieta Mediterranea, dunque, intesa come grande concetto declinato in vari e numerosi aspetti è il vero volano dell’economia italiana. Facendo un rapido calcolo, il Pil derivante dal patrimonio Unesco si può attestare intorno al 30% abbracciando i più disparati comparti e dando una forte spinta al commercio da e per l’Italia sia in Europa che oltre i confini del vecchio continente. A testimonianza dio ciò, ci sono i programmi dei vari dicasteri competenti in materia. I fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si stanno dirigendo verso tale direzione con la Dieta Mediterranea al centro di numerosi progetti inerenti le regioni del Sud. Dopo oltre due anni dall’inizio della pandemia e delle restrizioni, l’estate del 2022 sarà la stagione turistica della vera ripartenza col ritorno di sagre e feste, momenti in cui l’enogastronomia viene celebrata, concerti all’aperto, serate di incontro e unione. Le idee di Keys prima e successivamente quelle di Petrillo e dell’indimenticato Angelo Vassallo, ucciso pochi giorni prima della proclamazione, negli anni sono diventate realtà ed oggi, nel pieno della crisi più forte dal dopoguerra, quelle “pazze idee” potranno essere la chiave di volta grazie alla quale si potrà tornare alla normalità con maggiori consapevolezze sulle potenzialità di un intero comprensorio.