Laura Morante è Sarah Bernhardt - Le Cronache
Spettacolo e Cultura teatro

Laura Morante è Sarah Bernhardt

Laura Morante è Sarah Bernhardt

di Monica De Santis

“Io Sarah, Io Tosca” è il titolo del monologo scritto ed interpretato da Laura Morante che sarà in scena da giovedì al Teatro Verdi di Salerno ed in replica fino a domenica, per la regia di Daniele Costantini e con l’accompagnamento per voce e pianoforte di Chiara Catalano. Il lavoro racconta la storia di Sarah Bernhardt, l’adorata di Oscar Wilde, ammirata da Proust e da Freud, prediletta da Victor Hugo e detestata da Cechov, ed ambientato nei giorni che precedono il debutto di “Tosca”. Un’ora e trenta di spettacolo nati dopo che all’attrice gli fu proposto di leggere una breve opera melologo ispirata a Sarah Bernhardt e al suo rapporto con Victorien Sardou e con il personaggio di Tosca, che il drammaturgo aveva scritto per lei… “Si era in piena pandemia, si diceva che i teatri avrebbero riaperto senza tuttavia la possibilità di riempire la sala. Ero quindi alla ricerca di un testo per uno spettacolo produttivamente agile, con non più di due attori sulla scena. – scrive la stessa Morante, nelle sue note di sala – Quella breve lettura lasciava intravedere una personalità insolita e suggestiva. Avendo vissuto molti anni in Francia, avevo sentito parlare spesso di Sarah Bernhardt, adorata da Oscar Wilde, ammirata da Proust e da un giovanissimo Sigmund Freud, che le dedica una pagina del suo diario, prediletta da Victor Hugo, e cordialmente detestata da Anton Čechov. Della Bernhardt si è scritto che era l’ultima attrice del diciannovesimo secolo, in contrapposizione a Eleonora Duse, che veniva designata come la prima attrice del secolo scorso. Nell’ambiente del teatro francese si riportano aneddoti, si parla delle sue manie stravaganti, come quella di circondarsi, in piena Parigi, di animali esotici e anche feroci – scimmie, pappagalli, ghepardi, perfino alligatori! – si citano alcune sue battute particolarmente caustiche, si racconta di come si sia ostinata a recitare anche dopo che, all’età di settantuno anni, le venne amputata una gamba: portata sulla scena su una lettiga dorata, affrontò addirittura un’ultima avventurosa e faticosissima tournée americana. – prosegue ancora Laura Morante – Ma della persona che si cela dietro l’apparenza, la storia e la leggenda di quella che fu forse la prima vera diva, capace di far parlare di sé più o meno quotidianamente i giornali di mezzo mondo, della donna che fu Sarah Bernhardt non sapevo quasi nulla. Forse valeva la pena di cominciare a conoscerla. Ho dunque intrapreso un appassionante percorso, attraverso la vasta mole di libri a lei dedicati, partendo dalla sua autobiografia, tanto rivelatrice del suo carattere, quanto imprecisa, sfuggente e lacunosa per quanto riguarda le vicende non sempre edificanti che hanno contribuito a farne un’attrice e una donna famosissima – osannata e aspramente criticata, ma costantemente al centro della scena – e soprattutto per quel che concerne i fatti della sua vita privata e sentimentale – basti pensare che il figlio Maurice compare per la prima volta nelle memorie della Bernhardt quando ha ormai quattro anni e che nulla ci viene detto su chi potesse esserne il padre. L’indagine doveva dunque continuare: l’interessante biografia di Arthur Gold e Robert Fizdale, il libro di Claudette Joannis, quello di Guy De Pierrefeux, fino alla documentazione relativa alla causa per diffamazione che Sarah intentò, dopo averle devastato la casa, contro la ex collega ed ex amica Marie Colombier, autrice di un best seller dell’epoca che svelava i segreti della Diva. Più andavo avanti nella mia esplorazione, più mi convincevo che il confronto fra Sarah e Tosca, attraverso la dialettica in gran parte misteriosa e inconscia che sempre si crea fra un personaggio e l’attore che lo interpreta, poteva operare un progressivo e affascinante disvelamento della personalità di Sarah stessa, che gelosia, passione, rabbia, devozione, ribellione non appartenevano solo alla finzione del dramma di Sardou, ma anche alla sua prima magistrale interprete. Alla fine del percorso, mi è parso di essere finalmente autorizzata a cercare di raccontare Sarah: cinica e sentimentale, spregiudicata e sognatrice, superstiziosa e impavida, vulnerabile e battagliera, tanto gelosa della propria privacy quanto insaziabilmente avida di celebrità e, soprattutto forse, di amore. – conclude la protagonista dello spettacolo – È nato così questo testo, suddiviso in tre quadri, che sono anche tre tappe fondamentali del suo rapporto con il personaggio di Tosca: nel primo quadro è il 3 novembre 1887 e Sarah ha appena cominciato le prove dello spettacolo, nel secondo sono passate due settimane e le prove sono in corso. L’ultimo quadro, infine, la rappresenta all’alba del giorno stesso del contestato ma trionfale debutto del dramma di Sardou, il 24 novembre, al Théatre de la Porte St. Martin”. Nel monologo che vedremo in scena al Verdi, tre sono i momenti ai quali assisteremo: l’inizio delle prove, due settimane dopo e il giorno della prima, l’alba del 24 novembre. ““La Tosca” di Victorien Sardou venne rappresentata per la prima volta il 24 novembre 1887 a Parigi nel Théâtre de la Porte Saint-Martin. Il dramma era stato scritto da Sardou per la più importante attrice di quegli anni, la celebre Sarah Bernhardt. – spiega il regista Daniele Costantini – Al terzo spettacolo insieme, dopo “Fedora” e “Théodora”, l’autore e la grande attrice erano le due “star” della scena francese. Qualcuno potrebbe chiedersi chi fosse il regista, la risposta sarebbe che il suo nome non era in locandina. La figura del regista, come l’abbiamo conosciuta nel corso del ‘900, ancora non esisteva. La regia fungeva da anello di congiunzione e di mediazione tra le esigenze degli autori e quelle degli attori”.