di Marta Naddei Non solo colpa della Regione, ma anche del Tar di Salerno. Se a Stefano Caldoro e i suoi, il Comune di Salerno rimprovera il mancato finanziamento della gestione del servizio ferroviario urbano che costringerà allo stop a partire dal primo aprile, ai giudici amministrativi potrà rimproverare la mancata realizzazione del prolungamento dei binari fino alla stazione di Pontecagnano. Perché? Perché con sentenza depositata ieri, i magistrati della prima sezione del Tar Salerno, il presidente Amedeo Urbano e i consiglieri Giovanni Grasso e Gianmario Palliggiano, hanno bocciato il ricorso presentato da Palazzo di Città (rappresentato dai legali Edilberto Ricciardi e Antonio Brancaccio) il 17 ottobre 2011 contro la revoca del mutuo di 16, 5 milioni di euro acceso presso la Cassa depositi e prestiti, destinato al finanziamento del secondo lotto funzionale della tratta ferroviaria salernitana dallo stadio Arechi alla stazione di Pontecagnano. In sostanza, il Comune non ha rispettato determinati tempi: circostanza che ha impedito l’erogazione dei fondi dalla Cassa depositi e prestiti. Ricorso respinto perché infondato. Il Comune aveva chiamato in causa Ministero delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e trasporti, Cassa depositi e prestiti e Presidenza del Consiglio dei ministri per l’annullamento, in primis, del decreto del Mef del 9 febbraio 2011 e della nota della Cdp del 15 luglio 2010 con cui, di fatto, lo Stato si riprendeva i soldi sulla base del decreto legge del 31 maggio 2010 che prevedeva, all’articolo 46, che «i mutui accesi con la Cdp entro il 31 dicembre 2006 e non interamente erogati (alla data di entrata in vigore del decreto, ndr) sono revocati e devoluti ad altro scopo e/o beneficiario». Il Comune di Salerno accese il mutuo il 28 dicembre 2005 con decorrenza dal primo gennaio 2006. Un decreto legge illegittimo secondo l’ente di Palazzo di Città che ha respinto ogni responsabilità per il mancato utilizzo dei fondi richiesti: sarebbe stata la Cassa depositi e prestiti a dilazionare ecccessivamente i tempi con richieste istruttori «del tutto inutili e inconferenti». Ma, all’appello, osservano i giudici del Tar nella loro sentenza, mancavano alcuni importanti documenti quali l’autocertificazione della documentazione di spesa eseguita affidata ad Rfi (fatture o rendicontazione delle spese sostenute per la progettazione definitiva) e il quadro economico dell’intero procedimento che, nel frattempo, era mutato senza prima ottenere il parere del Mit. «La Cassa – si legge nella sentenza – non ha avuto alcun atteggiamento dilatorio ma si è limitata a richiedere la documentazione necessaria all’erogazione del mutuo». Così come assolutamente legittimo è il decreto perché «come dalla nota della Cdp risulta la non erogazione dei mutui revocati». Allo stesso modo, per i giudici del Tar di Salerno non sussiste l’incostituzionalità perché la ratio della norma «è riposta nell’esigenza di sovrintendere ad un regolare utilizzo di denaro pubblico in tempi e modi previsti». Bocciata anche la domanda risarcitoria alla luce del legittimo comportamento delle amministrazioni. Ora Caldoro sarà in buona compagnia nell’elenco dei nemici della linea ferrata della città di Salerno.
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