di Enzo Colabene
«Non c’è alcun concreto passo avanti che ci lasci intra- vedere un accertamento dei fatti plausibile». E «non abbiamo strumenti reali e concreti per poter intervenire e sostituirci alla magistratura egiziana». Al termine dell’in- contro a Pechino con il presidente Al Sisi il premier Giuseppe Conte ammette l’“insoddisfazione” dell’Italia, che torna ancora una volta a mani vuote e senza la verità per i genitori di Giulio Regeni, che proprio al presi- dente del Consiglio si erano rivolti in una lettera a ‘Re- pubblica’ chiedendo «di andare oltre ai consueti proclami e promesse» nell’in- contro con il leader egiziano e di ottenere «una risposta, concreta, vera e definitiva» sulla fine del ricercatore sequestrato, torturato e ucciso più di tre anni e mezzo fa dai servizi segreti egiziani perché ritenuto una spia. Certo, nessuno si aspettava che Al Sisi si presentasse con la lista degli uomini degli apparati di sicurezza egiziani responsabili della morte di Giulio, cinque dei quali – grazie alle indagini del Ros dei Carabinieri e dello Sco della Polizia – hanno nome e cognome e sono stati iscritti nel registro degli indagati della Procura di Roma. Che ha ottenuto molto più di quanto ha avuto finora la politica, nonostante il premier abbia voluto sottolineare che l’inchiesta italiana «non ha ancora portato a risultati». E certo nessuno credeva che il comunicato ufficiale del Cairo – il presidente Al Sisi ha «sottolineato il proprio totale sostegno alla cooperazione fra le istituzioni competenti egiziane e italiane per svelare le circostanze del caso, identificare gli autori e assicurarli alla giustizia» – contenesse chissà quali novità e non fosse, invece, nel solco dei precedenti, dunque vuoto di qualunque elemento utile alla verità e alla giustizia. Però i genitori di Giulio chiedevano che non vi fossero più «ulteriori dilazioni o distrazioni di sorta» da parte del- l’Egitto e Conte neanche questa promessa sembrerebbe essere riuscito a strappare ad Al Sisi, nonostante si sia detto «molto turbato» dalla lettera. Né ha messo sul tavolo la minaccia di azioni forti, come il ritiro dell’ambasciatore o ritorsioni economi che. «Quello che posso fare – ha risposto a domanda specifica- è mettere in campo le mie iniziative, la mia pressione, l’influenza che il Governo può esprimere nel rapporto con il Governo egiziano e con il presidente Al Sisi. Non posso che continuare su questa strada e non mi fermerò finché non avrò riscontri oggettivi». Ma il premier sa che la domanda di giustizia di Paola e Claudio Regeni – e con loro quella di migliaia di italiani – non può essere disattesa. Ed infatti promette che «l’Italia non può avere pace fino a quando non avrà la verità. Non verremo mai meno a questo impegno, arrivare a una verità giudiziaria che sia plausibile e che abbia risconti oggettivi e inoppugnabili».