Il Carnevale non è una festa “micio-micio/bau-bau” (cit.) - Le Cronache
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Il Carnevale non è una festa “micio-micio/bau-bau” (cit.)

Il Carnevale non è una festa “micio-micio/bau-bau” (cit.)

di Alfonso Malangone*
L’iniziativa del Ministero della Cultura è meritevole di ogni apprezzamento. La scelta di valorizzare quello che si definisce ‘Patrimonio Culturale Immateriale’ è una decisione encomiabile che non mancherà di rafforzare la posizione di riferimento dell’Italia per ricchezza di storia e umanità. Ed è anche opportuna, da un punto di vista etico, perché consente di contrastare quei devastanti orientamenti che mirano a creare una tipologia omogenea di abitanti del pianeta. In verità, se pure regole e riferimenti comuni possono agevolare lo sviluppo dei rapporti globali internazionali, la tendenza a conformare menti e comportamenti per imporre la volontà degli algoritmi è una aberrazione assolutamente contraria ad ogni principio morale. L’identità non è un elemento di divisione. E’ una differenziazione naturale che induce ad approfondire la conoscenza dei ‘diversi’ per comprendersi e migliorarsi. E’ il ‘filo rosso’ che guida negli atteggiamenti quotidiani e trasmette ‘precetti di vita’, per qualsiasi ‘espressione della vita’, in forza di una saggezza millenaria, magari da aggiornare e implementare, ma non stravolgere. Peraltro, preparare i giovani nel rispetto delle radici comuni è una modalità educativa che permette di far prevalere la formazione delle coscienze sulle regole della tecnica e di plasmare menti aperte, libere e consapevoli, pronte a ‘ragionare’ senza dover accedere a un qualsiasi motore di ricerca. E, chissà che la disattenzione evidente di molti responsabili, rispetto a questi problemi, non sia l’effetto di una scelta precisa.
Sull’importanza del patrimonio immateriale, anche come forte attrattore dei flussi turistici in chiave di sviluppo, sono state dette molte belle parole nel corso dell’incontro di Venerdì in Soprintendenza, a via Tasso, organizzato su impulso del Ministero per parlare del Carnevale. Chissà che qualcuno non si sia meravigliato per l’accostamento: “cosa c’entra il Carnevale con la Cultura”? C’entra, eccome. In verità, se negli ultimi decenni questa festa è stata utilizzata da alcuni per ostentare stupidità, talora volgare e offensiva, è solo perché è prevalsa una visione da sotto-cultura inidonea a riconoscere all’evento il valore della sua originaria impostazione popolare. In ogni caso, non è stata l’unica manifestazione a soffrire. Ci sarà modo di parlarne.
E’ stato il Prof. Paolo Apolito, profondo conoscitore dei comportamenti dei singoli e dei gruppi sociali, a ricordare che la parola Carnevale non deriva dal ‘carnem levare’ dei Cristiani, per l’inizio della Quaresima, ma dal più antico ‘carrus navalis’ che diversi secoli prima il popolo egizio dedicava a Iside, dea degli dei, madre e regina, protettrice dell’oltretomba, della fecondità e, in senso lato, della fertilità. Un carro, con sopra una navicella ornata di fiori, veniva condotto tra la folla per annunciare la purificazione del ciclo della vita attraverso la rinascita dei defunti rappresentati dai partecipanti sotto la copertura delle maschere (fonte: varie). Questo, perché la festa coincideva con l’equinozio di primavera, giorno del passaggio dalla stagione invernale, come dalla morte alla vita. Furono poi i Romani ad ampliare le modalità espressive e pure a ‘sconfinare’ con le manifestazioni di gioia e di allegria per la rinascita spingendosi a deridere le convenzioni e l’ordine sociale costituito. Tutti, anche gli schiavi, in forza del livellamento imposto dalla morte, potevano vestirsi da nobili, da magistrati, da ricchi, imitandoli e sbeffeggiandoli, sia pure per un tempo lungo quanto il battito d’ali di una farfalla. Poi. il caos cedeva nuovamente il passo alla realtà dura e cruda. E’ questo il significato del Carnevale originario, in seguito assorbito dalla Religione Cristiana che ne anticipò la data, per l’avvio dei riti della Pasqua, e ne cancellò le espressioni irriverenti e, talora, anche licenziose. Tuttavia, quella impostazione rimase nelle menti proprio come elemento identitario di una festa che, nell’Italia frantumata dalla storia, ha poi assunto molteplici, differenti, raffigurazioni. E, su questo, un immediato riscontro è stato fornito dalle esibizioni dei figuranti e dai commenti esplicativi dei rappresentanti di Maiori, San Mauro Cilento e Montemarano, Comuni delle Province di Salerno e Avellino, di competenza della Soprintendenza, nei quali le sfilate risalgono a tempi anche immemori con specifiche caratteristiche locali.
Alla manifestazione hanno partecipato le massime Autorità delle due Province. Nei loro saluti istituzionali, è stata fortemente sottolineata la volontà di salvaguardare il Carnevale come elemento qualificante di un patrimonio immateriale unico e indivisibile, ricchezza delle singole Comunità e dei rispettivi territori. Sono state dichiarazioni che hanno aperto il cuore. Perché, in verità, almeno limitatamente al nostro, sembra che alla Cultura, nel suo complesso, sia stata riservata scarsa cura. E’ auspicabile, quindi, che la volontà espressa possa essere preliminare ad una più ampia e positiva attenzione nei confronti anche del patrimonio materiale, talora abbandonato, se non portato all’autodistruzione, come ben sanno i cittadini che vivono nella zona antica della Città, Centro Storico per definizione, non per concreta condizione. Ed è stato un peccato che le parole del Prof. Apolito non siano state ascoltate da tutti, per concomitanti impegni. Sarebbe stato molto utile.
Comunque sia, la nota incoraggiante della manifestazione, in chiave futura, è stata la presenza dei giovani del ‘Sabatini-Menna’, Liceo Artistico che cura la preparazione all’educazione del ‘sentimento culturale’ a difesa dei nostri valori identitari. Hanno una grande responsabilità: quella di combattere contro ogni forma di aggressione portata da coloro che, forse, non sono in grado di capire il significato vero di ‘bene comune’, magari ritenendo anche che i sacrifici dei nostri predecessori siano stati del tutto superflui. E, poi, che il Carnevale non sia espressione dell’identità della Comunità, al punto da non dedicargli la minima attenzione, manco fosse una festa ‘micio-micio/bau-bau’ (cit.).
Convinzioni da sbeffeggiare, senza doversi neppure mascherare.
*Ali per la Città